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Messaggi di Ottobre 2018

 

Venom

Post n°14722 pubblicato il 31 Ottobre 2018 da Ladridicinema
 

Dopo aver visto tanti film sui supereroi e soprattutto dopo aver visto grandi case di produzione, disposte a creare universi cinematografici di successo, come la Disney con la Marvel Studios e la Warner con il Dc universe, anche la Sony entra in "gioco" con un film su Venom, il cattivo per eccellenza, nemesi di Spiderman. Venom, ideato da David Michelinie e disegnato dal grande Todd Mcfarlane nel 1986, nel mondo degli antieroi Marvel ha un ruolo tutt’altro che banale.

Il film è ambientato a San Francisco, dove un giornalista d'inchiesta Eddie Brock, si imbatte in Carlton Drake e nella sua Life Foundation. Lo scienziato-filantropo vuole innestare il simbionte che ha riportato da una missione spaziale dentro un organismo umano, ma senza successo. Carlton però non è un giornalista accomodante e proprio la sua curiosità e il suo farsi domande lo porteranno a perdere il lavoro e poi la fidanzata. Intrufolatosi nel laboratorio verrà "contaminato" dal parassita alieno Venom che lo scegliere perchè compatibile. Inizialmente spaventato da questa nuova situazione, con il tempo impara a convivere con lui formando un unico personaggio.

Un personaggio che però nel film risulterà tutt'altro che oscuro e cattivo, diciamo senza quegli elementi che caratterizzano un villain, quasi invece un supereroe particolare; cosa ben diversa rispetto al personaggio classico che odia Spiderman, in un altro universo. Del personaggio oscuro non c'è nulla assolutamente e sorprendentemente. Eddie è un perdente, una persona con un'etica e una morale, contro qualsiasi corruzione e che vuole fare la cosa giusta, pur non avendo più fiducia in nessuno. Venom che in teoria sarebbe venuto per colonizzare il pianeta alla fine lo difenderà dai suoi stessi simili. 

La sceneggiatura è molto limitata, e gli stessi personaggi pur se piacevoli, non attirano, non trasmettono nulla. Si è puntato poco sui dialoghi, come di solito avviene in questi film; ma anche sulla storia in se il discorso non cambia; si è invece voluto sviluppare il rapporto tra il personaggio di Eddie e quello di Venom, con una comicità semplice che non infastidisce. Un prodotto che sembra già vecchio, ma essendo il primo della Sony possiamo dare una seconda possibilità. Le due ore circa di film però non sono noiose, passano velocemente e soprattutto quando c'è Venom risultano anche scene divertenti come detto prima, ma chiaro che se uno ha in mente i film dc, ma soprattutto quelli della Marvel-Disney inevitabile rimanere delusi. Diciamo che se si cercano scene d'azione clamorose o toni epici non è questo il film; ci troviamo di fronte di più a un film sui generis, con un personaggio molto goffo. Chissà cosa sarebbe stato il film se come detto da Tom Hardy, le scene migliori fossero state aggiunte. Lui parla di scene tagliate al momento del montaggio.

Le critiche feroci che il film ha avuto mi sembrano esagerate per un' "origin story", ma sicuramente ci si aspettava di più. Vedremo con il seguito.

Voto finale: 3-/5

Venom

Venom è un film di genere azione, horror, thriller, fantascienza del 2018, diretto da Ruben Fleischer, con Tom Hardy e Michelle Williams. Uscita al cinema il 04 ottobre 2018. Durata 112 minuti. Distribuito da Warner Bros..

Poster

Venom, il protettore letale, uno dei personaggi Marvel più enigmatici, complessi e tosti arriva sul grande schermo interpretato dall'attore candidato all'Oscar Tom Hardy.

Nel film diretto da Ruben Fleischer, Hardy è il giornalista investigativo Eddie Brock, il quale, nel tentativo di rianimare la sua carriera, inizia ad indagare su uno scandalo che coinvolge la Life Foundation, una sofisticata organizzazione senza scrupoli formata da un gruppo survivalista, entra in contatto con un'entità aliena con la quale si fonde ottennendo superpoteri. Il rapporto tra Brock e il simbionte è quello di un "ibrido" con i due personaggi che condividono lo stesso corpo e che si vedono costretti da lavorare insieme.
Nel film Michelle Williams interpreta Anne Weying, procuratore distrettuale nonché fidanzata di Brock, mentre Riz Ahmed è Carlton Drake, leader della Life Foundation, principale artefice delle sperimentazioni sui simbionti. Di lui s'impossesserà uno di loro, trasformandolo in Riot, principale rivale di Venom.

 

Prima di incontrare sulla sua strada il talento di Tom Hardy, protagonista del Venom di Ruben Fleischer nei panni di Eddie Brock, il marchio Marvel è stato visitato un'altra volta. Tutti ricorderanno infatti che il simbionte aveva preso il controllo del Peter Parker di Tobey Maguire in Spider-Man 3 (2007) di Sam Raimi, per poi ripiegare su un Eddie Brock smilzo interpretato da Topher Grace. La Sony intendeva proprio creare spin-off con Venom sin dal 2007, ma i primi tentativi sono falliti, persino uno con sceneggiatori Rhett Reese e Paul Wernick, che avrebbero poi contribuito al trionfo di Deadpool. Il cameo alla fine di The Amazing Spider-Man 2 (2014) confermava che la Sony non avesse comunque abbandonato il progetto: d'altronde dal 2012 Josh Trank ci stava lavorando attivamente, per poi essere defenestrato già alla fine del 2013, quando furono annunciati due spin-off di Spider-Man, cioè Venom: Carnage e Sinister Six. Già nell'autunno del 2014, comunque, gli autori interessati confermavano che i progetti erano tutti in corso di ripensamento.
Un ripensamento dovuto probabilmente al (semi)ritorno di Spidey nel Marvel Cinemtic Universe, che ha psicologicamente sbloccato la Sony nella ricerca di un suo percorso indipendente, il "Sony's Marvel Universe": l'uso di un attore di rilievo come Tom Hardy, il divieto ai minori negli Usa e l'appellarsi di Flesicher a numi tutelari come David Cronenberg e John Carpenter denunciano una volontà di distinguersi dal sempre più remunerativo taglio del colosso Marvel Studios.

 

 

Dal Trailer Italiano del Film:

Eddie Brock (Tom Hardy): Mi chiamo Eddie Brock, sono un giornalista. Mi ritrovo sempre a interrogarmi su attività che il Governo non riesce a controllare. Ho scoperto una cosa molto brutta e sono stato... preso

Dr. Carlton Drake (Riz Ahmed): Dà uno sguardo al mondo, cosa vedi? Un pianeta sull'orlo del collasso! Gli esseri umani sono sacrificabili, ma l'uomo e i simbionte abbinati è una nuova razza, una nuova specie, una forma di vita superiore!

Eddie: Cosa vuoi da me?
Venom (Tom Hardy): Lo scoprirai!

Eddie: Noi non possiamo far male alle persone!
Venom: Guardami negli occhi Eddie, per come la vedo io non facciamo quello che noi vogliamo! Siamo d'accordo?

Venom: Occhi, polmoni, pancreas, tanti spuntini e così poco tempo

Eddie: Quel potere non è poi così tremendo!
Anne Weying (Michelle Williams): Non sai quanto mi stai facendo paura!

Venom: Eddie collabora e potresti sopravvivere!

Dr. Carlton Drake: I grandi passi hanno sempre un costo!

Venom: Noi ti mangeremo le braccia e poi le gambe e ti staccheremo la faccia dalla testa a morsi, sarai un coso senza braccia, senza gambe e senza faccia che rotola per la strada, come un escremento al vento

Uomo: Chi diavolo sei tu?
Venom: Noi siamo Venom
Eddie: Oh...ehm, ho un parassita! Sì, notte signora Chen!

 

FOCUS SU VENOM:

 

Venom nei fumetti Marvel:

Il personaggio di Venom ha una doppia genesi fumettistica. Prima di assumere questo nome, era solo un costume alieno, una sostituzione per l'usuale tenuta di Spider-Man, in un'avventura del 1984 pubblicata su Marvel Super Heros Secret Wars. Si scopriva subito che il costume era senziente, pilotando il suo ospite Peter Parker verso un lato oscuro. Non si tratta propriamente di un personaggio a sé stante, quanto di un simbionte alieno, che prende il controllo di un organismo ospite: la sua natura si adatta molto facilmente ai frequenti cambi d'identità che diversi personaggi Marvel (e DC) hanno subito nel corso dei decenni. Venom in effetti per sopravvivere deve abitare persone diverse. Oltre a Parker, uno degli ospiti più importanti di Venom è stato il giornalista Eddie Brock, introdotto da David Michelinie e Todd McFarlane nel 1986, anche se la prima effettiva apparizione estetica di Venom, quella storica, risale al 1988.
Ciò che rende Venom molto pericoloso è la sua capacità di assorbire i poteri dell'ospite, generando quindi una versione potenziata di un supereroe o di un supervillain. Un comic book dedicato espressamente a lui è durato sei uscite, dal 2016 al 2017, registrando il passaggio del simbionte da Brock a Lee Price, terzo di una lista piuttosto lunga di posseduti.

 


  • MUSICHELudwig Goransson
  • PRODUZIONE: Columbia Pictures, Marvel Entertainment, Sony Pictures Entertainment
 
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Euforia

Post n°14721 pubblicato il 31 Ottobre 2018 da Ladridicinema
 
Tag: trailer

 
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La donna dello scrittore

Post n°14720 pubblicato il 31 Ottobre 2018 da Ladridicinema
 
Tag: trailer

 
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Film nelle sale da domani

Post n°14719 pubblicato il 31 Ottobre 2018 da Ladridicinema
 

 
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Halloween vince domenica e weekend: oltre 1 milione in 4 giorni

Post n°14718 pubblicato il 31 Ottobre 2018 da Ladridicinema
 

Halloween vince domenica e weekend con un dato complessivo di 1,1 milioni di euro, più che sufficienti per superare A Star is Born (guarda la video recensione), che incassa altri 955mila euro e arriva ad un totale di 5 milioni di euro, superando in classifica generale Ant Man and the Wasp. Sul podio del weekend sale Piccoli Brividi 2, che sfrutta una super domenica da 343mila euro (terzo miglior incasso in assoluto) per salire fino a 595mila euro. Bene, finalmente, i film italiani: Euforia (guarda la video recensione) incassa 536mila euro, mentre Uno di famiglia (guarda la video recensione) arriva a 493mila euro complessivi. Entrambi potrebbero puntare a superare il milione di euro. Gran balzo domenicale per Zanna Bianca (guarda la video recensione), che conferma che la domenica è il giorno delle visioni familiari e collettive. Il film ha incassato ieri 262mila euro, quarto miglior incasso di giornata. 

Nella seconda metà della classifica troviamo The Children Act (guarda la video recensione), che ieri ha chiuso con 200mila euro, Venom (guarda la video recensione), che è oramai prossimo a salutare la top ten e che ha superato gli 8 milioni di euro complessivi, terzo miglior incasso della stagione, per ora e Gli Incredibili 2 (guarda la video recensione), tornato in top ten con poco più di 100mila euro ed un totale di 11,7 milioni. 

Rispetto allo stesso weekend dello scorso anno la perdita è del 28% (ma era uscito It), mentre su base annua la perdita è del 7% (oramai irrecuperabile). 

Questa settimana, che dovrebbe essere piuttosto ricca grazie alla combo maltempo+ponte, arrivano parecchi titoli da top ten: First Man (guarda la video recensione), Hell FestIl mistero della casa del tempoLo schiaccianoci e i quattro regniMillennum - Quello che non uccide e l'italiano Ti presento Sofia

 
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Roma scommette sul cinema italiano: a Il Vizio della speranza il Premio del pubblico Bnl da il sole 24 ore

Post n°14717 pubblicato il 31 Ottobre 2018 da Ladridicinema
 

Da Roma arriva un segno di incoraggiamento per il cinema italiano. È Il vizio della speranza di Edoardo De Angelis a vincere il Premio del pubblico Bnl assegnato al termine della tredicesima edizione della Festa del cinema capitolina. Un'opera imperfetta ma visivamente affascinante ed emotivamente intensa. Per certi versi scomoda. Che parla di speranza in una terra disperata: la foce del fiume Volturno e il litorale domizio, al confine tra le province di Napoli e Caserta, già portati sul grande schermo, chilometro più chilometro meno, da Guido Lombardi con La'-bas e Matteo Garrone con Gomorra. Oltre che dallo stesso De Angelis con il suo esordio di sette anni fa (Mozzarella Story) e con il suo film più celebre: Indivisibili che ha vinto sei Nastri d'argento, otto Ciak d'oro, un Globo d'oro e sei David di Donatello.

Un crocevia di razze e di disperazione
La camera spesso a mano del 40enne regista napoletano segue Maria (Pina Turco), perennemente accompagnata dal suo pitbull, mentre si divide tra la madre (Cristina Donadoni) e una madame ingioiellata (Marina Confalone). Per lavoro risale il fiume e accompagna le ragazze straniere, spesso prostitute, a partorire dei bambini che cresceranno altrove. In un crocevia di razze, miseria e disperazione che non si dimentica. Difficile non solidarizzare con la protagonista. Che piano piano rialza la testa. E si ribella agli stenti, ai soprusi, al destino. “A me non ci uccide nessuno”, la sentiamo pronunciare a metà film. E da quel momento inizia la sua rinascita. Grazie al miracolo di una nuova vita che arriva.

De Angelis spinge troppo sul melò 
A modo suo Il vizio della speranza è anche un film spirituale. Nel senso terreno del termine: la terra genera, la terra ospita, la terra lascia prosperare e poi sovrasta il corpo morto. Grazie anche al fiume che vediamo scorrere lento e che permette alla terra di restare viva e di portare a mare le brutture del mondo. Tutto ciò De Angelis ce lo mostra con più di un virtuosismo registico. E con una messinscena efficace che può godere anche della colonna sonora originale di Enzo Avitabile. In un crescendo di pathos che alla fine rischia però di risultare eccessivo. La scelta di spingere troppo sul pedale del melodramma in alcuni punti porta il film fuori binario. Salvo riprendersi sul finale. Con un'ultima inquadratura che richiama secoli e secoli di pittura sacra. E che resta dentro anche una volta che si sono riaccese le luci in sala.

 
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Festa Cinema Roma, vince Il vizio della speranza di Edoardo De Angelis da il messaggero

Post n°14716 pubblicato il 31 Ottobre 2018 da Ladridicinema
 

Festa Cinema Roma, vince Il vizio della speranza di ​Edoardo De Angelis

Il vizio della speranza vince il Premio del pubblico della Festa del Cinema di Roma 2018. Il film diretto da Edoardo De Angelis e interpretato da Pina Turco, napoletani, coppia sia nella vita sia nel cinema, aveva ricevuto tanti applausi alla proiezione. Il regista 40enne di Indivisibili torna a Castel Volturno, la cittadina campana ostaggio della criminalità, per raccontare la storia durissima di Maria che traghetta lungo il fiume le prostitute incinte, pronte a partorire per vendere il loro bambino a coppie senza figli.

Il 'Premio del Pubblico Bnl', in collaborazione con il main partner della Festa del Cinema, BNL Gruppo Bnp Paribas, è stato assegnato dagli spettatori che hanno espresso il proprio voto sui film in programma nella Selezione Ufficiale utilizzando myCicero, con l'app ufficiale della Festa del Cinema, RomeFilmFest (realizzata da Pluservice), e attraverso il sito www.romacinemafest.org. 'Il vizio della speranzà di Edoardo De Angelis arriverà in sala giovedì 22 novembre distribuito da Medusa.

Jelly Fish, opera prima di James Gardner vince la 16/a edizione di Alice nella città, sezione autonoma e parallela della Festa del Cinema di Roma dedicata alle nuove generazioni. È «un'opera onesta e dura - è la motivazione dei giovani giurati - che riesce a raccontare una situazione difficile con la crudezza che le appartiene». Il premio speciale della giuria va a «Ben is Back» di Peter Hedges con Julia Roberts e Lucas Hedges. Il premio speciale della giuria per il miglior attore lo vince Thomas Blachard per «The Elephant and the butterfly» di Amelie Van Elmbt prodotto dai Fratelli Dardenne con la produzione esecutiva di Martin Scorsese. «Alice nella città cresce di anno in anno - si spiega in una nota - 7.000 euro di incasso in più rispetto all'anno scorso, una copertura dei media TV cresciuta dell'11% e del 12% della stampa web, il pubblico registra un +9.87 %». I numeri relativi alle scuole e agli studenti che hanno partecipato agli eventi di Alice «sono in linea con l'anno passato: circa 10.000 ragazzi da scuole di tutta Italia», anche se «non siamo riusciti ad accogliere circa 3500 studenti che si erano prenotati ai nostri eventi perché è venuta meno la disponibilità delle sale in Auditorium e, in alcune mattine, della tensostruttura del Festival - Sala Cinema Hall». Circa 46.000 persone - oltre 1.000 in più rispetto all'edizione 2017 - hanno seguito le proiezioni, le masterclass e gli eventi di Alice nella città. Fra gli altri riconoscimenti, il Premio giuria opera prima My Movies che va a «The Harvesters». Jelly Fish di James Gardner porta a casa un altro premio con la Menzione Speciale opera prima My Movies per la miglio interpretazione alla giovane protagonista Liv Hill. Il Premio Roma Lazio FIlm Commission, rivolto alle produzioni del Panorama Italia girate nel territorio del Lazio va allo zombie movie Go Home, opera prima di Luna Gualano. Per il concorso Internazionale Cortometraggi vince «Beauty» di Nicola Abbatangelo.

 
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Festa del Cinema di Roma, il direttore Monda: «Edizione straordinaria, ma abbiamo bisogno di più budget»

Post n°14715 pubblicato il 31 Ottobre 2018 da Ladridicinema
 

Il direttore della Festa del Cinema di Roma Antonio Monda

È il “Vizio della Speranza” di Edoardo De Angelis, il film che ha vinto il Premio del Pubblico alla Festa del Cinema di Roma. L'annuncio è stato dato dal direttore della Festa Antonio Monda durante la conferenza stampa conclusiva, con la targa consegnata ai produttori Giampaolo Letta e Pierpaolo Verga. Come da tradizione, è stato anche il momento di tirare un po' le somme, con Monda che parla di “numeri straordinari”: «Più 6% di riempimento sale, con una capienza inferiore rispetto all'anno scorso – enumera Monda – Sui social sono clamorosi: Instagram 48%, Twitter +13% Facebook +12%, Youtube +30%». Il direttore, insieme alla presidente della Fondazione Cinema per Roma Laura Delli Colli, sono entusiasti nel parlare del lavoro compiuto con un budget di «3 milioni e 419mila euro, nettamente più basso – ricalca Monda – di qualsiasi altro Festival. Con un 15% in più avremmo fatto tante altre cose. Ci sono due star internazionali che non siamo riusciti a portare sul carpet proprio per mancanza di fondi» e il pensiero vola subito a Dakota Johnson, con voci di corridoio che hanno parlato di richieste folli dell'attrice americana: «Dobbiamo avere anche un pensiero etico al riguardo, visto che utilizziamo anche fondi pubblici» ha ricordato Delli Colli.

Monda è orgoglioso, ricordando la qualità degli ospiti internazionali intervenuti alla Festa: «È facile portare un attore o un'attrice sul carpet, magari col vestito griffato. Meno facile è portare Scorsese per fare due incontri in cui si è parlato di cinema italiano, senza dover presentare alcunché, né un film, un libro, un vestito o altro – dice Monda - Come Scorsese anche Isabelle Huppert, Sigourney Weaver, Kate Blanchett, Giuseppe Tornatore non hanno presentato niente. Questo non accade in nessun altro Festival al mondo». Il direttore della Festa, poi, si lancia in previsioni: «Dicono che i film presentati a Roma, poi non vincono un Oscar. Già li abbiamo smentiti con “Moonlight”. Sono pronto a scommettere che molti dei film presentati durante la Festa riceveranno tante nomination».

Sono tanti i sassolini che Monda vuole togliersi dalle scarpe: «In passato ci hanno detto che avevamo una bassa percentuale di film “accompagnati”. Quest'anno sono 35 su 39, con attori, registi, produttori, persino dagli Studios: Claire Foy e il cast di Millennium, Thomas Vinterberg, John C. Reilly, Steve Coogan e anche Cailee Spaeny». Tra le opere che, secondo Monda, sono quelle che emergeranno “che potrebbero essere in concorso a Cannes”: «Three Identical strangers film straordinario. Sbalordito che se ne parli poco. Fahrenheit 11/9 è straordnario. They shall not grow old di Peter Jackson, ma anche Eter di Zanussi».

E dovendo immaginare una prossima edizione, Laura Delli Colli la vorrebbe: «Più grande, con più spazi e più repliche nelle sale della città» che, nelle intenzioni degli organizzatori, dovrebbe diventare ancora più centrale.

 
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Festa del Cinema di Roma, Virzì: «Con "Notti magiche" abbiamo canzonato il grande cinema italiano»

Post n°14714 pubblicato il 31 Ottobre 2018 da Ladridicinema
 

Il cast di Notti magiche in conferenza stampa. Da sx Francesca Archibugi, Francesco Piccolo, Marina Rocco, Giancarlo Giannini e il regista Paolo Virzì

Un salto indietro nel tempo, nelle “Notti Magiche” dei mondiali di calcio italiani degli anni '90, utilizzati da Paolo Virzì quasi incidentalmente, per raccontare – anzi - “canzonare” il grande cinema italiano: «Francesco Piccolo mi ha fatto notare che gli avevo parlato di voler fare questo film dopo la cerimonia in cui abbiamo salutato Ettore Scola – ricorda il regista toscano – Dobbiamo fare quello che ci hanno insegnato, anche sfotterli». “Notti magiche” utilizza tanti artifici autobiografici, in una storia noir, che è anche un modo per raccontare un'Italia diversa da quella di oggi: «Ero appena arrivato in una Roma caotica, fuligginosa, tenebrosa, piena di cose pericolose e licenziose. Piazza del Popolo e Piazza Navona erano due parcheggi. Il Colosseo era uno spartitraffico nero di fluiggine – racconta Virzì - Sono ormai 33 anni che ho modo di osservare città, la Capitale, e alla fine di quest'ultima stagione dell'Italia vedo che c'è incuria, degrado, arroganza, odio, rancore, immaturità, senso di irresponsabilità. Quello spirito critico con cui guardavo quella stagione era diverso, rispetto allo sgomento di oggi».

La vicenda di questi tre giovani sceneggiatori, che cercano di trovare la loro strada in un mondo, quello del cinema, ancora appannaggio dei mostri sacri come Fellini, Leone, Scola, è diretta emanazione delle esperienze di chi quel momento l'ha vissuto. Lo stesso Virzì, ma anche gli sceneggiatori Francesca Archibugi e Francesco Piccolo: «Ci siamo presi la libertà irriverente di smitizzare e canzonarlo. Quando ci siamo avvicinati a divinità inarrivabili ne abbiamo scoperto l'umanità – ha proseguito Virzì - A me questa disperazione, volgarità, sensazione di essere in una specie di girone infernale piaceva tantissimo. Dino Risi si divertiva a smitizzare i miei miti, quando scrivevo da Sergio Leone mi persi nella villa, mi inseguirono i cani e mi morsero. Quella roba che mi piaceva da pazzi, scoprirne l'umanità e lato buffo ha nutrito emozione». Fare un film sul cinema, qual è “Notti magiche”, raccontando la scena di quasi 30 anni fa, è anche un modo per fare confronto con la situazione del cinema di oggi: «Quando arrivai a Roma, nel gennaio 1985 per fare il centro sperimentale, si diceva sta cosa qui che il cinema italiano era finito. È curioso sentire raccontare sta cosa 33 anni dopo come se fosse una novità. È un tema che chi fa il nostro mestiere conosce vita, morte e resurrezione del cinema italiano ha accompagnato la nostra vita. Nei nostri anni, cominciare il mestiere significava entrare nelle grazie dei maestri. In questo momento vedo intorno giovani autori interessanti, ogni anno 2 o 3 film nelle sale, cosa che all'epoca era impossibile. Nel 1985 non esisteva una modalità di vedere i film se non nelle sale o sulla tv pubblica il lunedì. Di questi tempi il cinema lo si guarda ovunque e questa cosa non è una riduzione, ma, a guardare con attenzione, è una moltiplicazione.

 
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Festa di Roma, Alice nella Città: miglior film è "Jelly Fish" di James Gardner

Post n°14713 pubblicato il 31 Ottobre 2018 da Ladridicinema
 

È tempo di premi per Alice nella Città, il concorso parallelo e autonomo della Festa del Cinema di Roma, dedicato alle produzioni giovani. A sbancare è stato “Jelly Fish”, primo lungometraggio di James Gardner, che si è aggiudicato anche la menzione speciale come migliore attrice per Liv Hill.

Menzione speciale per “Ben is Back” di Peter Hedges con Julia Roberts e Lucas Hedges, film indipendente che potrebbe sorprendere anche ai concorsi statunitensi più importanti. Migliore attore Thomas Blanchard, protagonista di “The elephant and the butterfly” di Amelie Van Elmbt. Il premio Giuria Opera prima è andato a “The Harvesters” di Etienne Kallos, mentre il Premio Roma Lazio Film Commission è andato alla storia distopica “Go Home” di Luna Guaiano. Il concorso internazionale cortometraggi è stato vinto da “Beauty” di Nicola Abbatangelo.

Alice nella Città cresce non solo per la qualità delle proposte ma anche per la presenza di pubblico, che in maggior numero dimostra interesse verso la programmazione e le scelte della direzione artistica Gianluca Giannelli e Fabio Bettini: presenze in aumento di quasi il 10%, con oltre 46000 presenze e una copertura media in crescita dell'11% in tv e del 12% sul web.

 
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Successo per Cinecittà futura. E il pubblico chiede il bis nel 2019

Post n°14712 pubblicato il 25 Ottobre 2018 da Ladridicinema
 

Tutto esaurito per l'omaggio a Cinecittà futura alla Festa di Roma. Omaggio che si è concluso oggi con la proiezione di 8 1/2 al Cinema Hall. Dopo C'era una volta in America di Sergio Leone e Bellissima di Luchino Visconti, il leggendario film di Federico Fellini, che considerava Cinecittà e il Teatro 5 come la sua casa, faceva parte di un trittico come tributo ai teatri di posa e ai laboratori di postproduzione tornati, lo scorso anno, sotto il controllo pubblico, rendendo così Istituto Luce Cinecittà la più significativa realtà italiana che coniuga attività culturali di interesse generale (archivio storico, promozione del cinema italiano, distribuzione di opere prime e seconde, cineteca) e attività industriali degli storici stabilimenti fondati nel 1937. C'era una volta in America, Bellissima e 8 1/2 sono solo tre dei moltissimi film girati a Cinecittà nel corso dei decenni e l'iniziativa potrebbe avere un seguito l'anno prossimo, almeno così chiede il pubblico della Festa che ha molto applaudito le proiezioni. Leggi l'articolo su C'era una volta in America

 
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Simone Aleandri: “Nano, l’artista delle star”

Post n°14711 pubblicato il 25 Ottobre 2018 da Ladridicinema
 

“Il cinema è stata la religione del ‘900 e noi eravamo come i pittori delle chiese” racconta Silvano Campeggi, in arte Nano, che nella sua vita ha disegnato oltre 3mila manifesti, viaggiando in tutto il mondo in compagnia di sua moglie Elena. L’ultimo grande illustratore del cinema, oggi un suo autoritratto si trova nella Galleria degli Uffizi, tra i maestri dell’arte italiana. Protagonista del documentario As Time Goes By di Simone Aleandri, presentato alla Festa di Roma (Riflessi), coprodotto e distribuito da Luce Cinecittà. Un film che racconta il maestro, scomparso lo scorso agosto, fino ai suoi ultimi mesi di lavoro. Un viaggio nella sua vita e nell’immaginario del ventesimo secolo, che ha attraversato con la matita in mano, lavorando incessantemente ogni giorno, fino a 95 anni.  

Dall’immediato dopoguerra agli Anni ’60, Campeggi ha disegnato i manifesti degli anni d’oro del cinema americano, di cui ha ritratto i grandi divi, motivo per cui è ricordato anche come “l’artista delle star”. Suo Casablanca, primo manifesto che illustra, seguito da Via col vento, Ben Hur, fino a West Side Story, ultimo lavoro realizzato per il cinema. Nei suoi disegni Nano Campeggi raccontava le star americane di quegli anni, divi dai volti perfetti, dal movimento giusto al momento giusto, esseri superiori a disposizione di un pubblico che li ammirava guardandoli dal basso verso l’alto. Diventò amico dei registi e degli attori, alle cui feste era sempre invitato e dove disegnava per divertirsi. Conobbe così le più importanti stelle dell’epoca, da Ava Gardner, a cui fa da accompagnatore per una sera, a Liz Taylor, a cui fa un ritratto che la colpisce tanto da spingerla a volere da quel momento solo lui per i suoi manifesti. Un personaggio straordinariamente attivo e pieno di passione. Ne parliamo con il regista Simone Aleandri.

Da dove nasce l’idea di un documentario su Campeggi, artista prolifico ma poco conosciuto fuori da Firenze, la città natale in cui viveva?
All’inizio non lo conoscevo, una mia amica frequentava Firenze e ha cominciato a parlarmi di questa persona straordinaria. Incuriosito l’ho incontrato, all’epoca aveva 93 anni, e ho conosciuto un uomo molto attivo, che in maniera compulsiva disegnava tutti i giorni. Ho deciso così di raccontare la sua storia fatta di vitalità e passione per il suo lavoro e per Firenze, città natale dove viveva in una sorta di casa atelier. È stato uno dei più grandi illustratori del cinema classico, che ha legato il suo nome agli anni d’oro del cinema americano, di cui ha ritratto i grandi divi ed è per questo ricordato anche come “l’artista delle star”.

A cosa si riferisce il titolo As Time Goes By?
È una citazione interna a Casablanca, esattamente è la canzone cantata dal personaggio di Sam, interpretato da Dooley Wilson. Casablanca è la prima locandina che Nano ha disegnato per le major americane, quindi è un omaggio agli inizi della sua carriera. Mi piaceva, però, anche qualcosa che si portasse dietro una considerazione sul tempo: Nano ha attraversato tutto il ‘900, ha vissuto tanto, il tempo è stato molto lungo e generoso con lui. All'inizio avevo pensato a Maestro, vuole che mi spogli?, la frase che Marilyn Monroe disse al loro primo incontro, sapendo che era arrivato un artista da Firenze per farle un ritratto. Uno dei tanti aneddoti raccontati nel documentario. 

Marilyn Monroe diventa per lui un’ossessione: continua a dipingerla più volte negli anni, disegnandola quasi in serie e a volte con gli occhi azzurri. 
Marilyn l’ha conosciuta personalmente a Los Angeles, dove era stato mandato in occasione dell’uscita de Il Principe e la ballerina perché la produzione voleva un ritratto dal vivo della diva. Qualcosa di diverso dal solito processo di lavorazione: abitualmente vedeva il film a Roma, in inglese, insieme ai responsabili della produzione lasciandosi suggestionare solo dalle immagini sullo schermo e portando con sé qualche foto di scena. Dopo quell’incontro Marilyn Monroe è diventata per lui un’ossessione che non l’ha più abbandonato, ha continuato a disegnarla fino alla fine, anche con tratti che nel tempo si sono modificati. 

Un’altra sua passione sono i cavalli di cui ferma ossessivamente il movimento e che disegna per la prima volta per Ben Hur, oggi uno dei manifesti più conosciuti.   
I cavalli nascono dall’esperienza, anche quella inusuale, che ha avuto per Ben Hur, girato a Cinecittà dove viene invitato mentre si girava la scena della corsa delle bighe. L’immagine dei quattro cavalli bianchi su fondo rosso che crea, diventa il manifesto di quella che viene raccontata come la Hollywood sul Tevere. Quei cavalli in primo piano erano qualcosa che andava contro gli stilemi dell’epoca, la major volevano valorizzare i divi, i grandi nomi su cui avevano investito. Ma il manifesto piace talmente che sarà quello realizzato ed esportato anche all’estero. Questa ossessione per i cavalli non l’ha mai abbandonato, ha continuato a dipingerli anche dopo che ha smesso di lavorare per il cinema.  

Campeggi disegnava nei suoi manifesti le star come esseri superiori a disposizione di un pubblico che li ammirava guardandoli dal basso verso l’alto. Un tipo di divismo che oggi è completamente scomparso. 
All’epoca il contesto storico era diverso, il cinema era evasione e portava le persone di quegli anni in contatto con qualcosa per loro inimmaginabile. I divi dovevano avere pose perfette, essere anche più belli di quanto fossero in realtà, divinità quasi irraggiungibili, che metteva al cento dell’immagine su un fondo di colore unico, spesso rosso, per farli meglio risaltare. Quei manifesti, che avevano una grandezza diversa da quella che siamo abituati a vedere oggi - arrivavano ad occupare fino a dodici fogli - servivano a coprire la tragedia della guerra che aveva lasciato l’Italia distrutta.

I primi anni del cinema e la storia d’Italia dell’epoca sono raccontatati attraverso l’uso di materiali dell’Archivio Luce. Ci racconta meglio questa scelta stilistica?
Nano ha attraversato il ‘900 e perciò ho voluto puntellare la narrazione di fatti storici che hanno a che fare con la crescita dell’artista e le sue vicende. A partire dalla Firenze in cui nasce negli Anni ‘20, un posto quasi onirico, una città che si muoveva ancora sulle carrozze. Sempre con i materiali d’Archivio, ho raccontato poi la liberazione della città da parte egli americani, immagini di repertorio molto belle e poco conosciute. Quello è il periodo in cui Nano inizia la sua carriera di ritrattista, disegnando i soldati che stavano nel convalescenziario a piazza San Marco. Così, sempre attraverso immagini storiche, ho raccontato il periodo in cui arriva a Roma e inizia a lavorare per le major, e l’alluvione di Firenze, che si portò via molte delle opere che aveva realizzato fino a quel momento. 

Peculiare la scelta della giovane voce narrante. 
Ho scelto di usare una voce giovane, perché Nano ha sempre detto del suo lavoro che è stato un gioco, un gioco serio come quello dei bambini. Mi piaceva che il racconto fosse sostenuto da una voce giovane, fresca, come poteva essere la sua quando disegnava le locandine all’epoca.

Il film evidenzia anche un rapporto profondo con la moglie, che sembra quasi uscito da un romanzo rosa. 
Nel film c’è la parte del Nano artista, ma l’unica intervista è quella alla moglie Elena: come spesso accade dietro a un grande uomo c’è una grande donna. Ho cercato una sovrapposizione tra il cinema di quegli anni e la loro storia d’amore che nasce quando Elena, ragazzina, lo vede sulle pagine di un fotoromanzo e fa di tutto per incontralo. Lei era ancora un’adolescente mentre lui già un artista, che inizia a farle una serie di ritratti.  Una storia molto intensa che dura più di sessanta anni, che si alimenta giorno dopo giorno, fatta di amore ma anche di passione e gelosia.

 
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Zen sul ghiaccio sottile ad Alice e in sala dall'8 novembre

Post n°14710 pubblicato il 25 Ottobre 2018 da Ladridicinema
 

Dopo gli applausi della sala e una positiva attenzione stampa all’ultima Biennale College Cinema della Mostra di Venezia, dove ha avuto la sua prima mondiale, arriva ora ad Alice nella Città, Zen sul ghiaccio sottile, l’opera prima della giovane regista (classe 1984) Margherita Ferri. Prodotto da Articolture e distribuito da Istituto Luce Cinecittà il film arriva a ridosso dell’uscita nelle sale italiane, da giovedì 8 novembre. Zen, già vincitore per il soggetto di una menzione speciale al Premio Solinas – Storie per il Cinema, è stato il film italiano sostenuto per il 2017/2018 da Biennale College Cinema, l’attività strategica della Fondazione Biennale di Venezia rivolta alla formazione di giovani film-maker di tutto il mondo. Un laboratorio di talenti da cui è partito il viaggio sullo schermo del film, che si prepara ora ad una serie di anteprime che lo porteranno, dopo Alice nella città, in altre piazze tra cui Milano, Bologna, Genova, Torino, con un programma che sarà presto diramato e preparerà all’uscita dell’8 novembre.

La presenza di Zen in due grandi luoghi di spettacolo e ricerca sul cinema giovane come Biennale College Cinema e Alice nella Città conferma la rilevanza di questo debutto, che porta con uno sguardo fresco, vivido e colorato un pugno di temi forti e sensibili: l’identità di genere, il bullismo e la discriminazione, la sessualità, la ricerca di un sé autentico. Il tutto con le armi di un film coming of age, i corpi di due attrici, Eleonora Conti e Susanna Acchiardi al debutto sullo schermo, il paesaggio attonito e poetico delle aree interne della profonda provincia italiana, tra le geometrie e i simbolismi di una pista da hockey. 

Maia, detta ZEN, è una sedicenne irrequieta e solitaria che vive in un piccolo paese dell'Appennino emiliano. È l'unica femmina della squadra di hockey locale e i suoi compagni non perdono occasione di bullizzarla per il suo essere maschiaccio. Quando Vanessa - l’intrigante e confusa fidanzata di un giocatore della squadra - scappa di casa e si nasconde nel rifugio della madre di Maia, tra le due nasce un legame e Maia riesce per la prima volta a confidare a qualcuno i dubbi sulla propria identità. Entrambe spinte dal bisogno di uscire dai ruoli che la piccola comunità le ha forzate a interpretare, Maia e Vanessa iniziano così un percorso alla ricerca della propria identità e sessualità, liquide e inquiete come solo l’adolescenza sa essere.

Margherita Ferri, formata all’UCLA di Los Angeles e poi al Centro Sperimentale di Cinematografia, dopo esperienze nel documentario televisivo e cinematografico a livello nazionale e internazionale, e dopo aver co-diretto la pluripremiata web-serie Status, approda al cinema di finzione con un racconto dal sapore fortemente autobiografico. Un racconto su un’amicizia, un viaggio rischioso di ricerca, di lotta, che invita a non scappare dalle crisi di identità, dalle incertezze, dalle domande pressanti del proprio intimo. In un paese e in un momento storico spesso frastornati da messaggi di sicurezza identitaria, e dove l’identità è una patente di sicurezza, la storia di due giovani adolescenti, perse in una provincia montanara, tra le ritualità di uno sport complicato e di una comunità che faticano a capire, non è una storia minoritaria. 

Nuova opera di una realtà giovane e molto dinamica come Articolture – alla ribalta internazionale lo scorso anno con Gli Asteroidi, opera prima di Germano Maccioni, unico film italiano in concorso al Festival di Locarno – nello stile della factory il film è concepito, prodotto e realizzato interamente in Emilia-Romagna, con una troupe quasi del tutto locale. Attorno alle protagoniste, un gruppo di adolescenti selezionati tra gli studenti delle scuole “della montagna” della Città Metropolitana di Bologna, a seguito di un laboratorio sui temi della discriminazione e del bullismo realizzato in collaborazione con il Gruppo Scuola e Formazione del Cassero e del Centro Risorse LGBT di Bologna. Insieme a loro, gli atleti di hockey dell’A.S.D. Polisportiva Fanano: una coralità che conferisce estremo realismo al film.

"Volevo fare un film - spiega Margherita Ferri - radicato nella comunità LGBT+ e nei nostri territori, ma con l’obiettivo di condurre il pubblico in quel cammino universale che porta alla scoperta di se stessi, negli anni inquieti dell’adolescenza’. 

 
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Sergio Leone per l’omaggio a Cinecittà futura

Post n°14709 pubblicato il 25 Ottobre 2018 da Ladridicinema
 

Prende il via con C'era una volta in America (1984) di Sergio Leone il tributo che la Festa di Roma dedica a Cinecittà Futura, dopo che anche i teatri di posa e i laboratori di postproduzione sono tornati, lo scorso anno, sotto il controllo pubblico, rendendo così Istituto Luce Cinecittà la più significativa realtà italiana che coniuga attività culturali di interesse generale (archivio storico, promozione del cinema italiano, distribuzione di opere prime e seconde, cineteca) alle attività industriali degli storici stabilimenti fondati nel 1937. Primo dei tre film girati a Cinecittà e presentati nell’omaggio che propone alcuni dei più prestigiosi titoli che hanno preso vita tra le sue mura, C'era una volta in America richiese nove mesi di riprese. Un lungo periodo in cui lo scenografo Carlo Simi ricostruì negli Studi sulla Tuscolana il Lower East Side, scenario delle scorribande della band di ragazzini capeggiati da Max e Noodles. “Sono felice di vedere la sala piena - sottolinea il Presidente e AD Luce Cinecittà Roberto Cicutto - Ho assistito alla genesi e al lungo lavoro di scrittura di questo straordinario capolavoro poiché ero amico di Solinas, un grande sceneggiatore che non ha partecipato direttamente alla sceneggiatura del film ma con cui si confrontavano in lunghe telefonate gli sceneggiatori. Il mio rapporto con Leone si è, poi, arricchito nell’anno in cui era presidente di giuria a Venezia quando ha vinto un film di cui ero produttore, La leggenda del santo bevitore di Ermanno Olmi”. 

Gli altri due film inseriti nell’omaggio a Cinecittà che verranno presentato i prossimi giorni alla Festa, sono  di Federico Fellini, maestro del cinema la cui immagine è legata indissolubilmente a Cinecittà e al suo mitico Teatro 5, e Bellissima di Luchino Visconti, che mostra Cinecittà come fabbrica di sogni ma anche di illusioni e cocenti delusioni, in un ritratto grottesco e impietoso sui falsi miti del cinema. Entrambi i film sono di proprietà della Fondazione Centro Sperimentale di Cinematografia, un’istituzione con cui Luce Cinecittà è in stretta collaborazione da anni, come ricorda anche il presidente Felice Laudadio: “Anche il film che presenta domani Martin Scorsese nel suo incontro, San Michele aveva un gallo, è una copia restaurata da Luce Cinecittà e Cineteca Nazionale. Un lavoro di collaborazione che facciamo spesso insieme su opere che, se non restaurate, rischiano di scomparire”. 

 
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Muse e dei: sguardo femminile su Antonioni, Risi e Scola

Post n°14708 pubblicato il 25 Ottobre 2018 da Ladridicinema
 

Passa oggi alla Festa del Cinema il documentario Muse e dei di Gianfrancesco Lazotti, produzione Surf Film -Roma Tikkun Productions (Parigi), in associazione con Istituto Luce Cinecittà, in collaborazione con Stefano Libassi per la Movietime e distribuita da Luce Cinecittà stessa, che raccoglie sguardi su tre grandi maestri del nostro cinema, Risi, Scola e Antonioni, dal punto di vista delle muse che li hanno ispirati.

Tra le interpreti presenti nel film, con nuove interviste o materiale d'archivio, Ornella Muti, Alessandra Panaro, Catherine Spaak, Fanny Ardant, Isabella Ferrari, Giovanna Ralli, Stefania Sandrelli.

“Due ragioni mi hanno spinto a realizzarlo in questo modo – dice il regista – la prima è che sul cinema di questi autori è stato detto veramente di tutto. Ho pensato che la cosa più interessante fosse parlare di loro, più che del loro lavoro, che ormai tutti conoscono dato che si può trovare in ogni cineteca. La seconda ragione, per quanto riguarda specificamente lo sguardo femminile, è che le donne hanno una capacità particolare di cogliere elementi e sfumature che agli uomini sfuggono, e possono dire cose che un uomo non direbbe”. Se ne trovano, nel documentario, tanti esempi: “Giovanna Ralli – continua Lazotti – definisce Scola ‘un gran paravento’. Lo dice con una grande simpatia e si capisce quanto gli volesse bene, ma un uomo non lo avrebbe mai potuto dire parlando di un maestro come lui. Spaak definisce Risi un po’ vanitoso. E’ uno sguardo anche estetico se vogliamo, non è gossip. Detto da un uomo suonerebbe in maniera diversa, risulterebbe frivolo”.

Sul lavoro di ricerca e montaggio Lazotti specifica: “Naturalmente bisogna fare i conti con il mercato e con la realtà. Avrei voluto usare alcuni spezzoni che non ho potuto usare perché avevano costi esorbitanti, ma di contro ho avuto l’aiuto di Roberto Cicutto e dell’Istituto Luce che mi ha permesso di contare su un archivio immenso. Dino Risi dice di aver raccontato l’Italia del dopoguerra e del boom. C’è l’imbarazzo della scelta su quello che si può fare. Dunque ho privilegiato questo genere di contributi, con il fascino del bianco e nero, rispetto alle clip dei film che dopotutto conosciamo a memoria”. Il film fa parte di un progetto molto più ampio.

“A livello europeo – specifica l’autore – Oltralpe stanno realizzando tre documentari su Bunuel, Chabrol e, credo, Resnais. Ci auguriamo sia solo l’inizio. Di autori interessanti ce ne sono tantissimi. Naturalmente c’è il problema del tempo che passa. Ad esempio per Antonioni non abbiamo potuto usare Lucia Bosè né Monica Vitti – presente comunque con interviste d’archivio – abbiamo scelto altre donne autorevoli che non fossero attrici, come Caterina D’Amico, che lo conosceva per la collaborazione con lui di sua madre. Se dovessi fare De Sica potrei chiedere alla Loren, sto spingendo per poterlo fare. Ho coinvolto Fanny Ardant, che anche se non mi ha concesso un’intervista ha comunque realizzato un piccolo contributo. Avendo lavorato personalmente con Risi e Scola forse la scoperta maggiore per me è stata Antonioni, che conoscevo solo tramite il suo cinema. Lo si immagine sempre serio ma invece gli piaceva ridere e scherzare. Catherine Spaak mi ha datto che secondo lei Risi nascondeva un mistero. Non lo avrei pensato ma se lei, donna giovanissima ai tempi, lo ha notato allora va preso in considerazione. Questi sono i sensori delle donne che rivelano sguardi inediti”.

 
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Foa: «Eurodeputati Pd finanziati da Soros». Bufera sul presidente Rai da ilsole24ore

Post n°14707 pubblicato il 25 Ottobre 2018 da Ladridicinema
 

«Un enorme numero» di parlamentari Ue, inclusa «l’intera delegazione del Pd» sono finanziati dal miliardario ungherese George Soros. Lo ha detto il presidente della Rai, Marcello Foa, in un’intervista al quotidiano liberal israeliano Haaretz rilasciata durante il suo viaggio a Tel Aviv, nella quale cita un rapporto della Open Society, la fondazione creata dal magnate ungherese.

Una dichiarazione che ha scatenato la bufera sul numero uno della Rai,con gli europarlamentari dem che annunciano querele, giudicando «gravissime» le parole del presidente.«Contro di me accuse strumentali, è evidente l’intento politico» ha replicato Foa.

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«Accuse gravissime, si dimetta»
Unanime la protesta dei dem contro le parole del numero uno di Viale Mazzini. A cominciare dal vicepresidente del parlamento Ue (ed ex giornalista Rai), David Sassoli che dice: «Non avrei mai immaginato di dover querelare e chiedere i danni al presidente della Rai», Foa «dovrà dimostrare quello che ha sostenuto, privo di fondamento, in Tribunale davanti a un giudice». Il capogruppo Pd al Senato, Andrea Marcucci, afferma che l’elezione di Foa «è illegittima», «da mesi ripetiamo che il profilo di Foa alla Rai non è quello giusto, a ogni sua uscita pubblica ne abbiamo una disarmante conferma».«Foa parla come portavoce del governo»

Critiche anche dal dem Michele Anzaldi, segretario della commissione di Vigilanza Rai, secondo il quale Foa «parla come un esponente politico, addirittura come un portavoce del governo Salvini-Di Maio e attacca anche un partito di opposizione, il Pd, inventando balle». Il vicepresidente della Vigilanza, Francesco Verducci, accusa anche Foa di aver usato nell’intervista «toni xenofobi contro migranti e 'minoranze'», mentre l’eurodeputata Pd, Isabella De Monte, annuncia: Querelerò il presidente Rai Foa per le sue dichiarazioni false».

Foa: «Contro di me accuse strumentali»

«Chi mi accusa di razzismo e di xenofobia forse farebbe meglio a leggere tutto il testo del lungo colloquio avuto con Haaretz invece di affidarsi a sintesi di agenzia» ha replicato Foa in un post pubblicato su Facebook, nel quale rimanda al rapporto citato nel colloquio con il quotidiano israeliano. «Nell’intervista ho dichiarato esattamente l’opposto e ho preso nettamente le distanze da ogni forma di razzismo e di estremismo» aggiunge Foa, sottolineando che «sono dunque accuse strumentali il cui intento politico è evidente».

«Quanto alla vicinanza di alcuni esponenti politici italiani alla Open Society di Soros - scrive ancora Foa - non sono io a dirlo ma la stessa Open Society in un suo rapporto interno che, chi vuole, può leggere qui: https://legacy.gscdn.nl/archiv…/images/soroskooptbrussel.pdf.» «Naturalmente essere considerati vicini, come scriveva quel rapporto, è cosa ben diversa dall’essere finanziati», conclude.

 
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LETTURE/ Renato Zero, un romanzo-biografia che svela il mistero dell’arte da il sussidiario.net

Post n°14706 pubblicato il 25 Ottobre 2018 da Ladridicinema
 

Esce un nuovo libro dedicato a Renato Zero, ma non è l'ennesima biografia o disanima solo musicale. E' quasi un romanzo che ci porta al cuore dell'arte. PAOLO VITES

Renato ZeroRenato Zero

“Moltiplicando un numero per zero il risultato è sempre zero, dividendo un numero per zero il risultato è infinito. Dunque lo zero è l’alfa o l’omega, il principio o la fine. Riconoscersi uno zero è la cosa più ragionevole che possiamo fare nella misura in cui nel cuore di questo zero zampilli drammatico, urgente, fiducioso e gioioso il grido “Salvami!””. 

Sebbene Renato Fiacchini abbia scelto il nome d’arte “Renato Zero” in modo ironico, perché a inizio carriera tutti o quasi, imprenditori o discografici, continuavano a ripetergli che era dal punto di vista artistico “uno zero”, le  parole di Elio Berti e Luisa Vassallo, autori del nuovo libro dedicato all’artista romano (“Arrivo a Zero, sulle tracce di Renato”; Edizioni Ancora; 164 pag.; 16 euro) spiegano benissimo la ricchezza umana e spirituale di questo artista. 

Il libro non è l’ennesima biografia o l’indagine pseudo sociologica di cui abbandonano le librerie, ma è un progetto originalissimo e geniale. Soprattutto è scritto con un grande cuore. E’ quasi un romanzo. Gli autori immaginano una donna (pensiamo sia l’autrice Luisa Vassallo) che trova casualmente su un aereo un piccolo diario dalla copertina arancione; non trovando il proprietario, lei lo porta via quasi senza accorgersene di farlo. Ma quando lo apre rimane incollata a quelle pagine, che cambieranno la sua percezione della musica, dell’arte della canzone e soprattutto, da neofita, la introdurranno in quel grande “carrozzone” che è la vita di Renato Zero. 

Un artista sebbene di successo straordinario con dozzine di milioni di copie di dischi vendute e tournée sempre tutto esaurito, che è però rimasto nell’immaginario pubblico come una sorta di clown, non per capirsi uno di quei cantautori “seriosi” e impegnati di cui è piena la canzone italiana. Ma lui è proprio questo, il protagonista di un circo immaginario, ricco di maschere, trucchi e anche di una visione drammatica della vita. Il fatto di aver cominciato, nei primissimi anni 70, proponendosi come una sorta di David Bowie nostrano, una sorta di transessuale che si vestiva da donna, il primo portavoce della rivoluzione bisex in Italia, lasciò moltissimi perplessi, in una decade impregnata di impegno politico.

Ma scavando come fa l’autore del misterioso diario, a poco a poco si scopre che c’è molto di più: “Era la ricerca dell’identità che giustifica errori, malintesi, contrattempi. La trasgressione è la timidezza che si maschera. E’ la valvola di sfogo della disperazione, che ti evita il manicomio, la casa di recupero” dice Zero di  sé. Si scopre una corrispondenza che va al di là della musica e non è un caso che nasca una esperienza straordinaria, quella dei “sorcini”, il popolo di fan che lo segue concerto per concerto e generazione dopo generazione, fino al sogno di una città, Zerolandia, una sorta di comune che però rimarrà un sogno. 

Renato Zero arriverà così anche in Vaticano, con una canzone che si intitola La vita è un dono: “Combatte ognuno come è capace, chi cerca nel suo cuore non si sbaglia (…) Ogni emozione ogni cosa è grazia”. 

Il libro contiene poi una biografia dettagliata, anno per anno; una disanima approfondita delle sue tecniche teatrali e dell’uso del corpo; i costumi e le scenografie; le testimonianze di diversi sorcini.

Un libro affascinante e bello da leggere anche se non si è fan sfegatati di Renato Zero, perché contiene riflessioni pregnanti sul senso di Mistero che abita tutto il mondo dell’espressione artistica, e che oggi quasi nessuno sa più riconoscere: “Albert Camus scriveva: se il mondo fosse chiaro, l’arte non esisterebbe più”, citano gli autori come monito che vale per tutti.

 
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L’errore di Report sugli striscioni inneggianti “Superga” all’Allianz: ecco come è andata da spaziojuve

Post n°14705 pubblicato il 25 Ottobre 2018 da Ladridicinema
 

Report ieri ha lanciato un servizio riguardante la Juventus. C’è stato, però, un grave errore sulla presunta cooperazione tra Alessandro D’Angelo e gli ultras bianconeri. In particolare il manager della Vecchia Signora avrebbe aiutato, secondo l’inchiesta,  gli stessi ultras nel far entrare degli striscioni inneggianti la tragedia di Superga allo stadio.

Gli striscioni in questione, però, furono portati da tre ultras, i quali grazie all’aiuto della Juventus stessa, che collaborò con la Digos fornendo le immagini, furono daspati. Gli striscioni di cui si parla nel servizio, invece, che avrebbe dovuto portare dentro D’Angelo, sono altri e alla fine non entrarono nemmeno nell’allora Stadium.

 
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"Eurodeputati Pd finanziati da Soros": bufera sul presidente della Rai Foa da sputnik

Post n°14704 pubblicato il 25 Ottobre 2018 da Ladridicinema
 

Un "numero enorme" di eurodeputati, compresa "l’intera delegazione" del Partito Democratico, "ha ricevuto finanziamenti dal miliardario George Soros".

Lo riportano i media italiani con riferimento ad un'intervista del nuovo presidente della Rai al giornale israeliano Haaretz. Foa ha sostenuto questa tesi riferendosi ad un rapporto.

Il portavoce del Partito Democratico Roberto Cuillo smentisce categoricamente le accuse e ritiene che Foa si riferisca ad un rapporto di una società di consulenza che aveva redatto una lista di eurodeputati con posizioni ritenute vicine al magnate americano. 

Secondo Foa gli attacchi contro Soros, oggetto di critiche anche da parte del presidente americano Donald Trump e dal premier ungherese Viktor Orban, non possono essere considerati antisemiti perché si basano esclusivamente sulle sue azioni.

"Se fosse attaccato in quanto ebreo sarebbe antisemitismo, ma non è quello che accade e ritengo sia offensivo usare l’antisemitismo come alibi per soffocare questo dibattito", ha dichiarato testualmente Foa al giornale israeliano. 

Non è mancata la reazione degli eurodeputati del Pd, che hanno accusato Foa di diffamazione ed hanno paventato querele in sede civile e penale.  

A sua volta il presidente della Rai ha reagito alle polemiche:

"Leggo dalle agenzie di nuove polemiche. Chi mi accusa di razzismo e di xenofobia forse farebbe meglio a leggere tutto il testo della lunga conversazione che ho avuto con Haaretz", ha ribattuto Foa su Facebook. "Nell’intervista ho dichiarato esattamente l’opposto ed ho preso nettamente le distanze da ogni forma di razzismo e di estremismo. Sono dunque accuse strumentali il cui intento politico è evidente".  

"Quanto alla vicinanza di alcuni esponenti politici italiani alla Open Society di Soros non sono io a dirlo ma la stessa Open Society in un suo rapporto interno che, chi vuole, può leggere qui (link riportato dallo stesso Foa) e su tutto ciò non ho nulla da aggiungere", ha aggiunto Foa.  

 
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Sogno di una notte di mezza età

Post n°14703 pubblicato il 25 Ottobre 2018 da Ladridicinema
 

Titolo originale: Amoureux de ma femme

 

Sogno di una notte di mezza età è un film di genere commedia del 2018, diretto da Daniel Auteuil, con Daniel Auteuil e Gérard Depardieu. Uscita al cinema il 18 ottobre 2018. Durata 94 minuti. Distribuito da Eagle Pictures.

Poster

Sogno di una notte di mezza età, segue la storia di Daniel (Daniel Auteuil) e del suo migliore amico Patrick (Gérard Depardieu). Daniel è molto innamorato di sua moglie ma è anche noto per la sua fervida immaginazione. Spesso si ritrova a dover gestire Patrick, presenza a volte fin troppo ingombrante. Quando quest'ultimo insiste per organizzare una cena "tra coppie" con l'obiettivo di presentargli la sua nuova fidanzata, Daniel suo malgrado si ritrova "spiazzato" tra la moglie e le sue fantasie nei confronti della giovane e sensuale ragazza dell'amico.E3F


Tratto dalla pièce teatrale di Florian Zeller "A testa in giù".

FRASI CELEBRI:

 

Dal Trailer Italiano del Film:

Patrick (Gérard Depardieu): Daniel!
Daniel (Daniel Auteuil): Oh Patrick! Potremmo cenare insieme...
Patrick: Con piacere, così potrò finalmente presentarvi Emma!

Isabelle (Sandrine Kiberlain): Non mi starai mica dicendo che verrà a cena da noi con la sua nuova compagna?
Daniel: No, non dico che...
Isabelle: Sei impazzito, dopo che quel bastardo ha lasciato la mia migliore amica senza nessun rimorso?!

Isabelle: Non capisco come abbia potuto lasciare Laurence, una donna straordinaria, per una cozza di venticinque anni!
Daniel: Eh beh insomma, avercene di cozze così!
Isabelle: Scusa, che cosa hai detto?
Daniel: Io...
Isabelle: Che cosa hai detto?
Daniel: Niente!

Emma (Adriana Ugarte): Non smette mai!
Daniel: Come?
Emma: Non smette mai di parlare di voi

Emma: Sono terribilmente golosa!
Daniel: Ah, è golosa lei?
Emma: Terribilmente
Daniel: Apra la bocca
Patrick: Che ci faccio con la bottiglia?
Daniel: Aah! Oh merda!

Emma: Nascondiamoci da qualche parte, la vita è una!

Daniel: Una vita senza regole, senza responsabilità, solo puro divertimento...sembrava un sogno!

Patrick: È una ragazza fantastica, vero?
Daniel: Eh sì, deve essere una bella botta di vita!
Patrick: Non puoi immaginare quanto!
Daniel: Sì sì, invece, me lo posso immaginare molto bene!

 


 
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