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Messaggi del 21/05/2018

 

LA STAMPA ITALIANA BUGIARDA E VILE

Post n°14484 pubblicato il 21 Maggio 2018 da Ladridicinema
 

Giorgio Cremaschi

LA STAMPA ITALIANA BUGIARDA E VILE

Ho appena sentito il GR2 della RAI chiedere ad un "esperto" dell'università privata Luiss il suo autorevole parere sulla strage di palestinesi. Costui ha spiegato che i palestinesi, soprattutto quelli legati ad Hamas, fanno troppi figli e poi li mandano al massacro alle frontiere di Israele che, magari con qualche eccesso, si difende. Questo schifo è ciò che gran parte di stampa e tv italiane dicono sulla strage. 
Se un massacro di ben lunga inferiore a questo ci fosse stato in uno dei paesi che l'Occidente considera nemici dei diritti e della democrazia, noi saremmo bombardati da titoli di giornali e servizi tv di condanna. Invece Israele per la nostra stampa ha licenza di uccidere. Se uccide quotidianamente senza troppo clamore, allora si censura. Se il sangue deborda e la strage è colossale allora si mistifica. È la rabbia dei palestinesi, naturalmente senza altre spiegazioni che la loro naturale cattiveria, fomentata dai terroristi di Hamas, la causa di tutto. I palestinesi sono responsabili dello loro stesse morti. 
I soldati vili e criminali che dal sicuro dei loro nascondigli con fucili di precisione assassinano i manifestanti, adulti e bambini, non sono terroristi, ma tutori dell'ordine. Le bombe d'artiglieria e degli aerei, i gas, sì i gas sulla popolazione civile sono legittima difesa. I volti sorridenti nel mare di sangue della famiglia Trump e di Netanyahu non fanno orrore, essi sono diplomazia amica. 
Tutto viene falsato, distorto, coperto. La stampa italiana diventa complice degli assassini di Israele nel modo più disgustoso. E tacciono i difensori di regime dei diritti umani, i Saviano e compagnia, che qui si tappano bocca, occhi, orecchie. 
Tutto questo a me provoca il vomito, per questo mi tappo la bocca, lo faccio contro la vergogna della stampa italiana e dei suoi maestri di pensiero. Nessuno che abbia coperto o attenuato i crimini di Israele ha più ragione morale di parlare di diritti e democrazia. Falsi e ipocriti vergognatevi. Mi tappo un attimo la bocca davanti al vostro schifo, ma poi riprenderò ad urlare: abbasso l'apartheid assassino di Israele, viva la Resistenza del popolo di Palestina.

 
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I media atlantisti minimizzano il massacro dei palestinesi e parlano di “scontri a Gaza” da controinformazione

Post n°14483 pubblicato il 21 Maggio 2018 da Ladridicinema
 

di  Luciano Lago

Lascia di stucco il modo in cui i giornali e le Tv forniscono le notizie realtive ai drammatici avvenimenti di Gaza. Si nota lo sforzo di minimizzare le responsabilità di Israele e di stabilire una sorta di “equidistanza” tra le ragioni dei palestinesi che manifestano per l’anniversario della Nabka e il comportamento dei soldati israeliani che sparano sulla folla disarmata.

Il fatto di riferire di “scontri a Gaza” è già un modo per depistare il pubblico ed è come giornali e TV filo atlantisti presentano gli avvenimenti.


Qualunque persona assennata sa bene che, quando cecchini super armati sparano sulle persone disarmate che manifestano a 100 metri di distanza, questo non può essere uno “scontro” ma un massacro. Esattamente quello che sta accadendo a Gaza che peraltro è confermato dal bilancio delle vittime: oltre 100 vittime, di cui 60 in un solo giorno, 2.600 feriti da una parte e nuessuna vittima e nessun ferito dall’altra parte, quella dei soldati di Israele.

Come già notato in precedenza , il termine “scontro” è quasi sempre usato per riciclare l’asimmetria di potenza e dare allo spettatore l’impressione di due parti uguali in conflitto. Questo modo di deformare i fatti oscura le dinamiche di potere e la natura del conflitto stesso, ad esempio, chi l’ha istigato e quali armi sono state usate. Questo sistema viene adottato quando si vuole descrivere la violenza senza offendere nessuno al potere, con le parole di George Orwell, “per nominare le cose senza richiamare immagini mentali di quelle”.

È prevedibile, quindi, che nella copertura delle recenti sparatorie di massa a Gaza da parte di Israele – che hanno ucciso oltre 100 palestinesi e ferito più di 2.600 – la parola “scontri” è usata per eufemizzare il ruolo dei cecchini che, da posizioni fortificate, sparano su manifestanti disarmati a 100 metri di distanza: una sorta di “tiro al piccione”.

Questo è il modo in cui riferiscono ad esempio da Repubblica : “Gerusalemme Capitale, scontri a Gaza tra palestinesi e esercito israeliano”. Simile il modo della Stampa di Torino di presentare i fatti : ” Apre l’Ambasciata Usa a Gerusalemme. Scontri al confine con Gaza …” Idem tutti i TG dei principali canali, tutti allineati sulle posizioni di Israele e degli USA, senza quasi eccezioni. Unica eccezione riscontrata, quella del Manifesto che intitola: “Amnesty: «A Gaza commessi crimini di guerra» .

Ragazzi palestinesi a Gaza

Per quello che riguarda la Stampa internazionale, la CNN apre scrivendo: “Giornalista tra i 9 morti negli ultimi scontri a Gaza, dicono i funzionari palestinesi della Mezza Luna”.
“Gomme bruciate , gas lacrimogeni e fuoco vivo: gli scontri a Gaza diventano mortali” ( Washington Post , 4/6/18 )
“Scontri in Israele: Sette palestinesi uccisi nelle proteste di confine a Gaza” ( Independent ).
“Dopo gli scontri a Gaza , Israele e palestinesi combattono con video e parole ( New York Times, ).

La foglia di fico degli “scontri” è necessaria per riferire sui nemici di Israele e degli statunitensi che si sono radunati per manifestare contro lo spostamento della capitale a Gerusalemme.
“Scontri” è un concetto che implica un certo grado di simmetria. Quando da una parte stanno morendo a dozzine come mosche e l’altra parte si trova trincerata dietro una postazione fortificata , sparando a volontà su persone disarmate da centinaia di metri di distanza (alcune delle quali indossano giubbotti con la scritta “PRESS” ), questo non è uno “scontro”. “E ‘più precisamente descritto come un” massacro “, o almeno,” militari che sparano sui manifestanti “. (Nessun israeliano è stato ferito, ci sono anche 6 bambini fra le vittime, il che sarebbe una cosa sorprendente se due parti nella realtà” si stessero scontrando “).

Tiratori scelti israliani contro i palestinesi in marcia

I fatti vengono abitualmente distorti quando si tratta di descrivere il comportamento degli alleati degli Stati Uniti, la descrizione che richiama ad una falsa parità fra le parti richiede eufemismi sempre più assurdi per mascherare ciò che sta realmente accadendo – in questo caso, la lunga distanza della realtà del massacro di esseri umani disarmati.

D’altra parte perchè meravigliarsi: per Israele i palestinesi sono considerati sub umani, il Talmud li descrive come “animali parlanti” e come tali vengono trattati. I fatti di Gaza anche questa volta confermano il disprezzo che Israele nutre per i palestinesi. L’unica “Democrazia del Medio Oriente” ancora una volta si distingue per i suoi “valori umanitari”.

 
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Gianni Minà, 80 anni. Auguri Maestro, un Gigante in una professione di lillipuziani da antidiplomatico

Post n°14482 pubblicato il 21 Maggio 2018 da Ladridicinema
 

Gianni Minà, 80 anni. Auguri Maestro, un Gigante in una professione di lillipuziani
 
Gianni Minà compie oggi 80 anni. Gli Auguri al Maestro li esprimiamo ripubblicando un articolo del 6 marzo 2016. Il giorno prima era successo qualcosa di incredibile:  centinaia di romani erano accorsi autonomamente al Teatro Vittoria per appagare il loro bisogno di informazione violentato ogni giorno e rendere omaggio al grande Giornalista.

In quella giornata memorabile c'è secondo noi tutto il lavoro straordinario fatto da Minà in questi anni. Lavoro non riconosciuto come merita dalle grandi corporazioni dell'informazione, proprio a testimonianza ultima della sua straordinarietà.

Auguri Maestro.


di Alessandro Bianchi
 
Serviva un sabato pomeriggio romano, nello storico quartiere di Testaccio, per riscoprire le vene aperte del giornalismo.
 
Gianni Minà, un gigante di una professione che ha visto lentamente morire in occidente, ha presentato, di fronte a 450 persone entusiaste accorse al Teatro Vittoria, un'intervista inedita del 2003 a Hugo Chavez Frias, l'ex presidente del Venezuela e leader della rivoluzione bolivariana. Un gigante politico dei nostri tempi, morto prematuramente tre anni fa, intervistato da un gigante del giornalismo occidentale, emarginato da questo nostro mondo che si crede libero. “Questa professione in occidente è totalmente morta. Io sono da anni che non lavoro più. Ma l'ho accettato e non mi lamento. E' il prezzo che si esercita per la libertà”.

Organizzato dall'Ambasciata del Venezuela in Italia, l'evento del Teatro Vittoria del 5 marzo resterà per chi l'ha vissuto un momento memorabile. Centinaia e centinaia di persone accorse e ipnotizzate per ore nell'ascoltare il Comandante Hugo Chavez prevedere nel 2003 il mondo di oggi. Profetizza la nascita dell'Alba, gli attacchi del neo-liberismo che non avrebbe mai accettato l'emancipazione dell'America Latina, il ruolo del petrolio come strumento di minaccia geopolitica e le destabilizzazioni mirate degli ultimi anni. Nell'ascoltare Chavez nell'intervista inedita di Minà vengono alla mente le immagini di questa settimana del fermo contro Lula, della morte di Berta Caceres in Honduras e della chiusura di Telesur in Argentina da Macri.
Ascoltando le parole di Chavez che racconta il colpo di stato del 2002 in ogni singolo particolare, scorrono alla mente immediatamente le Guarimbas del 2014, la guerra economica incessante contro Caracas, i dispacci di Wikileaks sui tentativi di omicidio contro Morales partiti dall'ambasciata Usa, la destabilizzazione contro Correa e contro tutti coloro che sognano un continente di pace, sovranità, diritti e autodeterminazione.

Tutto quello che il neo-liberismo non può accettare. Nell'ascoltare Chavez rispondere “io a te neanche ti ignoro” all'ex ambasciatore Usa a Caracas che lo definiva un dittatore sanguinario; nell'ascoltare, infine, il meraviglioso parallelo tra la nonna contadina che sapeva anticipare la pioggia ascoltando il vento e il suo sesto senso sul “vento del popolo”, viene in mente l'eredità più grande dell'uomo Chavez a tutta l'America Latina, un'eredità che l'ha reso immortale: l'aver gettato il seme della consapevolezza in un intero continente. Quella consapevolezza che un popolo informato, istruito e sovrano possa e potrà sempre spezzare le catene della schiavitù in qualunque momento. L'America Latina è stato per anni un esperimento della schock economy, a cui sono state iniettate overdose di neo-liberismo. Non potrà più avvenire.
 
Tutto questo ci ha raccontato Gianni Minà sabato al Teatro Testaccio, ridicolizzando pseudo-giornalisti e pseudo politici che dall'occidente pontificano su tutto e vengono ridicolizzati continuamente, da ultimo con il “terrorista” Castro che ha mediato un incontro religioso che mancava da mille anni. Per questo sono profondamente grato a un uomo che la “libera” informazione occidentale ha messo ai margini: Gianni Minà, l'ultimo dei Giornalisti. 

 
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La scrittura d’oro di Alice: "Spero un giorno di incontrare Panahi"

Post n°14481 pubblicato il 21 Maggio 2018 da Ladridicinema
 

CANNES - Il nostro tricolore italico, nel nome del cinema, ha calcato ripetutamente il palco della cerimonia di assegnazione del Palmarès di Cannes 71, molti infatti anche i nostri artisti chiamati a consegnare i premi. Prima in ordine di uscita, una Asia Argento carica di turbamento e rabbia, che usa il palco, oltre che per premiare la miglior Interpretazione femminile, anche per ribadire la sua storia e la sua adesione al movimento #meetoo, con un riferimento esplicito a Harvey Weinstein: “Nel ’97 sono stata stuprata da lui, avevo 22 anni e Cannes era il suo territorio di caccia, ma prevedo non sarà più il benvenuto. Stasera ci sono sedute in sala persone che hanno permesso succedessero queste cose ma ci sono anche persone che non permetteranno che succeda ancora. Sappiamo chi siete e non vi permetteremo di farla franca. Dobbiamo aiutarci perché non accada mai più qualcosa di così indegno”. Ha poi consegnato la Palma d’oro all’attrice kazaka Samal Yeslyamova per Ayka

Da un messaggio direttissimo di una figlia d’arte, ad un’altra figlia d’arte, Chiara Mastroianni, chiamata a premiare uno dei nostri due riconoscimenti più prestigiosi, insieme a quello a Marcello Fonte, miglior attore per Dogman, premiato dal "saltimbanco" Roberto Benigni: ha infatti preso la Palma d’Oro per la miglior sceneggiatura Alice Rohrwacher per Lazzaro Felice, ex equo con Nader Saeivar, sceneggiatore del film di Jafar Panahi, insieme a Serebrennikov uno dei due registi che per motivi politici non è potuto essere presente personalmente a Cannes. Del premio alla materia della scrittura e della “condivisione” con l’autore iraniano, Alice Rohrwacher, salita di corsa su per le scale del Gray d'Albion direttamente dalla sala stampa del Palais del Cinema, ci ha detto: “Un premio alla sceneggiatura, quello per Lazzaro Felice, che vive attraverso un processo, che dice come sia possibile fare film liberi, che escono dalle regole ordinarie della sceneggiatura. La giuria al femminile ha sottolineato che la parte strana di questo mestiere è legittima, questo mi rende molto felice. Purtroppo Panahi non lo conosco personalmente, ma conosco il suo cinema ed è stato un regalo grande poter condividere questo premio con lui. Mi sembra che la cosa da sperare sia di poterci incontrare, che questa situazione cambi e che, se ci sarà mai un altro festival in cui potremo essere vicini, si possa trascorrere del tempo insieme”. 

Sul palco della cerimonia, prima dell'incontro "in notturna" con i giornalisti arrivati alla spicciolata in albergo dopo la premiazione, Alice ha voluto riservare un: “Grazie a tutti, al Festival di Cannes di avermi invitata nuovamente. Grazie a Frémaux e a questa incredibile giuria, con l’incredibile presidentessa, a Tempesta Film, a Carlo Cresto-Dina e Rai Cinema. Questa sceneggiatura era bislacca e loro hanno preso seriamente queste parole scritte. Grazie ad Adriano che ha accettato la mia avventura e mi ha seguita”. Sceneggiatura e interprete uniti da una sorta di cordone ombelicale, che la regista ha così commentato a quattr'occhi: “Avere un premio per una sceneggiatura vuol dire avere un premio per qualcosa che non esiste finché il film non viene fatto. E quindi le persone da ringraziare sono tutti quelli che hanno dato vita a qualcosa che non sarebbe esistito, che sarebbe rimasta parola morta, orfana. Più che mai quando ho capito che questo alla sceneggiatura era il premio per Lazzaro, ho pensato proprio che non potesse esistere senza riconoscere tutto il resto del mestiere intorno al film. Un premio alla sceneggiatura è molto difficile non poterlo dedicare a chi questo film l’ha fatto, che ha soffiato la vita in quelle parole. Sul palco l’ho dedicato alle persone che mi hanno presa seriamente, forse la cosa più importante. E quando parlo di serietà non parlo di noia o forma, ma quella che solo i bambini sanno avere, quella di chi gioca, non di chi emula un gioco. La serietà di chi gioca è primordiale”. 

Quattro anni dopo, secondo riconoscimento a Cannes per Alice, che nel 2014 era stata insignita del Grand Prix Speciale per Le meraviglie: questa edizione 71 del Festival la premia per un aspetto specifico e autorale, tutto farina del suo sacco, la sceneggiatura, complessa stesura per Lazzaro Felice, che racconta sì una storia, ma soprattutto scrive un concetto, quello della purezza, che sembra quasi impensabile riuscire a scrivere per pagine e pagine di sceneggiatura, e invece lei ha avuto questa abilità, che già alla visione del film non aveva lasciato indifferenti, proprio per la complessità di scrivere, senza sospensioni, senza impalpabilità, senza voli pindarici, a dare un corpo concreto, quello di Lazzaro, l’esordiente e poetico Adriano Tardiolo. “Questa è la storia di un giovane innocente e del suo viaggio nel tempo – ha continuato Rohrwacher. Cerco questo sguardo, il ripartire da una semplicità non troppo elaborata, perché nella semplicità trovo la profondità, cose che cerco anche in chi collabora con me al film. Adriano ha in sé qualcosa fuori dal tempo, come se fosse al di fuori di ogni epoca e soprattutto è riuscito con un grande lavoro ad esprimere la chiarezza di un personaggio che poteva essere davvero ridicolo ma è stata quella anche la sfida. Io credo che tutto ciò che ci imbarazza abbia un grande potenziale, perché se viene fatto seriamente smette di imbarazzarci e lui ha avuto una grandissima fiducia in Lazzaro e non l’ha mai giudicato, quindi non essendosi mai imbarazzato lui, è riuscito a trasmettere innocenza”. 

Dalla sceneggiatura alle immagini fino al premio, adesso il film si consegna al pubblico - per l’uscita fissata il 31 maggio. Alice Rohrwacher lo immagina: “spero capace di rispettare il grandissimo circo di persone e situazioni così differenti messe insieme; se così sarà, sarà anche un pubblico molto differenziato e dunque numeroso”. Oltre all’uscita italiana in sala, "Hollywood Reporter" anticipa che il film sarebbe stato acquistato da Netflix per i mercati americani, cosa che però la regista stessa non sapeva: “Sono giorni molto avventurosi, non ho per ora avuto il tempo di apprendere queste notizie”. 

 
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Marcello! Marcello!

Post n°14480 pubblicato il 21 Maggio 2018 da Ladridicinema
 

CANNES - Marcello! Marcello! Stavolta Marcello non è Mastroianni. E' Fonte, la scoperta di questo 71° Festival che, per l'Italia, resterà negli annali anche per il suo premio all’interpretazione oltre che per il premio per la sceneggiatura di Lazzaro Felice andato ad Alice Rohrwacher. Ed è stato proprio Roberto Benigni – che Matteo Garrone tanti anni fa avrebbe voluto per il ruolo del protagonista di Dogman che strana coincidenza – a consegnare la Palma all'attore calabrese, 40 anni, occhi buoni e senza malizia. “Sono felice – ha detto Benigni in un francese pittoresco - vorrei soffiare la mia gioia sul vostro viso, sono pieno di gioia come un’anguria”. Poi ha esultato “Vai Marcello!” e sul palco c’è stato un abbraccio emozionante, tra il divo da Oscar e il piccolo attore venuto dal niente, dalla baraccopoli di Melito di Porto Salvo. Miracoli del cinema, come quel corpo attoriale che nel film dà verità a un uomo mite, che non vuole scontentare nessuno e crede di poter addomesticare l’amico violento e tossico come addomestica i cani feroci.

E' incredulo, Marcello: “Oddio no!”, esclama, come se non volesse neppure prendere quel premio così importante, ma più tardi ha spiegato che voleva prolungare il piacere, quell'attimo incredibile, perché sono cose "che capitano una sola volta nella vita". “Da piccolo, quando ero a casa mia e pioveva sopra le lamiere, mi sembrava di sentire degli applausi, adesso riapro gli occhi e quegli applausi siete voi, qui mi sento a casa, la mia famiglia è il cinema, la mia famiglia siete voi, ogni granello della sabbia di Cannes è importante. Grazie a Matteo che ha avuto il coraggio, non so come, di scegliermi".

Tempi perfetti, mimica comprensibile a tutti, anche se non c'è traduzione. Anche Alice Rohrwacher - l'altra protagonista di questa serata memorabile di festa - ha esultato per Marcello Fonte, che conosceva dai tempi di Corpo celeste, in cui lui aveva un ruolo: “Sono fiera di condividere questo premio con lui, è un grande attore e Dogman è un grande film. In Italia da tanto tempo volevamo sentire di nuovo: “Marcello, Marcello!”, ha detto.

Fonte ha la freschezza dell'attore preso dalla strada, quel sapore di neorealismo, ma in realtà sono anni che lavora, anche come regista. Nel 2015 ha scritto e co-diretto con Paolo Tripodi, e interpretato, Asino vola, presentato al Festival di Locarno in Piazza Grande. Ha recitato nella serie tv La mafia uccide solo d'estate, nel film L'intrusa diLeonardo Di Costanzo, in quello di Daniele Luchetti Io sono Tempesta. E' un attore vero che adesso chissà a quali avventure è destinato.

L’incontro con Garrone è stato casuale ma anche decisivo per costruire una storia che, a partire da un fatto di cronaca famoso, l’efferato delitto del canaro, si discosta totalmente da quel materiale per costruire un personaggio alla Buster Keaton, pieno di pietas e di dolcezza, capace di parlare a tutti, anche alla giuria di Cate Blanchett. “Marcello a Roma era il custode del Cinema Palazzo, a San Lorenzo, un luogo occupato dove si fa teatro e cinema - ha raccontato Garrone - Un giorno, all'improvviso, è morto uno degli attori della compagnia di ex detenuti, per un aneurisma, e lui ne ha preso il posto. Lo spettacolo era Tempo binario, tratto da Marcel Proust. E' stato così che è diventato attore. E' stato anche sul set di Gangs of New York e si è fatto fotografare con Di Caprio da Daniel Day Lewis (e mostra la foto sul telefonino, ndr). Guardate che presenza scenica...". 

La notte è lunga. Marcello arriva al Gray d'Albion, dove c'è il quartier generale di Rai Cinema. E' insieme a Garrone, di cui dice cose bellissime, dette col cuore. "Per me è una persona sportiva e leale. E' preparato, ma segue anche l’istinto, non si lascia ingannare da nulla. È un mister, un allenatore che conosce i suoi polli, i suoi calciatori, nel film tutti si passavano la palla per segnare insieme, un lavoro orizzontale e non piramidale, un lavoro di squadra". E un pensiero lo mandano anche al cattivo del film, Edoardo Pesce, il terribile Simoncino.

I giornalisti stranieri gli parlano di Pasolini, anche se il paragone, piuttosto, sarebbe con Citti. E lui: "Sono contento che avevi in mente Pasolini, ma Matteo è Matteo, ha il suo modo di lavorare. Certo, nel suo percorso c’è anche Pasolini, c'è Fellini, tante cose, ma il suo stile è solo suo".

Inevitabile parlare dei cani, che ha imparato davvero a tosare e lavare. "Jenny, il chihuahua congelato, ha vinto il premio Palm Dog. L'abbiamo ritirato ieri, glielo consegnerò quando andrò a Roma... E' un collare molto grande, troppo per lei che è una cagnolina piccola". Poi ancora la felicità del premio, condiviso con Alice. "Ho lavorato con lei a Corpo celeste e ho lavorato con Carlo Cresto-Dina che ha prodotto Asino vola, un altro lavoro particolare, che ancora non è uscito in sala. È come se si fosse chiuso un cerchio e se ne fosse aperto un altro. Da piccolo mi sentivo solo e sognavo di essere qualcosa, di essere accettato, sono cresciuto in una discarica. Gli applausi di oggi mi hanno riportato lì. Mi sono ricordato di quando mangiavamo sotto il tetto di lamiera con la mia famiglia, con mio padre che si è arrangiato tutta la vita per far crescere i suoi figli senza avere niente. Questo applauso era anche per lui che ora è morto e che mi ha fatto".

 
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Pippo Fava, giornalista libero in una redazione di carusi da cinecittànews

Post n°14479 pubblicato il 21 Maggio 2018 da Ladridicinema
 
Tag: news, novità, tv

Prima che la notte non è la storia tragica di un uomo ucciso dalla mafia, ma la storia straordinaria di un uomo che ha saputo costruire il futuro nonostante tutto”. Così Daniele Vicari regista del film tv dedicato alla vicenda del giornalista e scrittore siciliano Giuseppe Fava, ucciso dalla mafia a Catania nel gennaio 1984, film in onda su Rai1 in prima serata mercoledì 23 maggioPrima della notte, una coproduzione Rai Fiction e IIF (Fulvio e Paola Lucisano) tratta dall’omonimo libro di Claudio Fava e Michele Gambino, racconta il rientro a Catania dell’ultra cinquantenne Pippo Fava dopo aver ottenuto a Roma successi nel cinema come sceneggiatore, in teatro, alla radio.

Torna a dirigere un neonato quotidiano cittadino che fin dall’inizio si caratterizza come una testata libera in conflitto con l’imprenditoria locale e la mafia che obbligano alla chiusura il giornale. Con l’aiuto del figlio Claudio e di una redazione di ‘carusi’, cioè di giovani e studenti universitari già al suo fianco, Fava non rinuncia al progetto di un giornalismo indipendente dal potere politico ed economico e fonda ‘I Siciliani’, mensile in prima linea a denunciare il sistema di potere dei Cavalieri del lavoro, a cominciare dalle loro frequentazioni con il boss Nitto Santapaola. Sarà lui il mandante dell’uccisione del giornalista siciliano, ma morto lui, i suoi giovani allievi continueranno, nonostante le pressioni e le incertezze. Sono proprio quei ‘carusi’ a prendere il testimone di un giornalismo fatto di verità, forza essenziale di una società democratica e libera.

Prima che la notte vuole semplicemente raccontare questo: è stato feroce l’assassinio di Fava, ferocissimo, ma tragicamente ‘inutile’, perché i suoi allievi ne hanno continuato l’opera”, avverte Vicari. “Come il libro, il film evita di raccontare degli eroi inimitabili, lontani, astratti - avverte Claudio Fava, il figlio, tra gli sceneggiatori - Sottrae mio padre da questa dimensione dell’eroismo, facendolo sentire vicino a noi, come noi. Evitando la commemorazione e la liturgia, emerge una storia di vita e non di morte”. Vicari spiega che la sua ritrosia a firmare film di ‘mafia’ è stata vinta da questa figura di “uomo vitale, ironico, arguto ed è stata questa la mia àncora di salvataggio”. E altrettanto esemplare è “la sua lucidità analitica negli editoriali: ‘Chi non si ribella al dolore umano non è innocente’ “. La colonna musicale di Theo Teardo dà al film un’aria da opera rock. “Mi piace la definizione perché sono un rockettaro - aggiunge il regista - Teardo è un grande sperimentatore e ha portato nel film l’energia del rock".

Per Fabrizio Gifuni, protagonista del film, Fava, a dispetto dell’epilogo tragico, è un uomo pieno di vita, eccentrico, originale, generoso. Una vitalità, una voglia di vivere che il film comunica. Per don Luigi Ciotti, che non l’ha conosciuto, Fava in questo film che graffia le coscienze, è mostrato come uno se lo immagina: colto, allegro, curioso, ottimista, divorato dalla passione per il giornalismo. Un uomo che grida nel deserto, ma riesce a rivolgersi ai giovani, rendendoli protagonisti. Probabilmente perché l’essenza del personaggio di Fava - come spiega la sceneggiatrice Monica Zapelli - è in quel suo essere libero, giovane, un adolescente di 59 anni capace di voler bene ai ragazzi.

 
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Cannes, Palma d'Oro al giapponese Kore-eda con "Shoplifters" da rainews24

Post n°14478 pubblicato il 21 Maggio 2018 da Ladridicinema
 

Il film giapponese "Shoplifters" diretto da Hirokazu Kore-eda ha vinto la Palma d'Oro alla 71a edizione del Festival di Cannes. Questo il verdetto della giuria internazionale, presieduta dall'attrice Cate Blanchett. Il film racconta la storia di una famiglia di taccheggiatori che adottano un orfano. Grande successo per il cinema italiano che ottiene due premi: il migliore attore è Marcello Fonte per "Dogman", diretto da Matteo Garrone, mentre il premio per la migliore sceneggiatura va Alice Rohrwacher per "Lazzaro felice", ex aequo con l'iraniano "3 Faces", scritto da Jafar Panahi e Nader Saeivar. Fonte ha ricevuto il premio da un vulcanico Roberto Benigni per il ruolo di un uomo che gestisce un negozio periferico di toelettatura per cani e sprofonda in una spirale di violenza dopo essere stato tradito da un bullo di quartiere. Fonte, attore dilettante che ha conquistato tutti per la sua grande interpretazione, ha ringraziato per il premio, emozionatissimo: "Da piccolo, quando ero a casa mia e pioveva sopra le lamiere - ha detto al pubblico del festival - chiudevo gli occhi e mi sembrava di sentire gli applausi. Ora ci siete voi e mi sembra come di stare a casa. Mi sento a casa mia qui, con la mia famiglia che è il cinema, che siete voi. Ringrazio anche - ha detto ancora - Matteo che ha avuto il coraggio di scegliermi". "Ringrazio il festival di Cannes di avermi permesso di mostrare il film. Ringrazio anche la incredibile giuria e la sua presidentessa. Poi ringrazio chi ha creduto in questa sceneggiatura così bislacca e ci ha preso seriamente come i bambini prendono seriamente i giochi". Lo ha detto salendo sul palco Alice Rohrwacher nel ricevere il premio per la miglior sceneggiatura per un film-favola su un giovane innocente sfruttato dagli altri, in una fattoria lontana dal mondo e poi in una città moderna. Il premio è stato diviso con "3 Faces", tre ritratti di donne nell'Iran di oggi del regista dissidente a cui è proibito lavorare nel proprio Paese (Orso d'oro a Berlino nel 2015 per 'Taxi Teheran').  Gli altri riconoscimenti sono stati così attribuiti: Gran Premio della Giuria all'americano "BlacKkKlansman", per la regia di Spike Lee. E' la storia vera di un poliziotto afro-americano e del suo compagno, che si è infiltrato nel Ku Klux Klan nel 1978, con Adam Driver e John David Washington. Premio della Giuria a "Capharnaüm", diretto dalla libanese Nadine Labaki. Nell'inferno mediorientale, narra la vicenda di un bambino che si ribella alla vita che cercano di imporgli.  Palma d'Oro speciale, una novità di questa edizione, a Jean-Luc Godard per "Le livre d'image". Film in cinque parti, evoca in particolare la guerra e il mondo arabo, attraverso un collage di immagini (di reportorio e fiction) e suoni con citazioni e aforismi, spesso letti dallo stesso cineasta 87enne, padre della Nouvelle Vague. Premio per la migliore attrice a Samal Yeslyamova per "Ayka", diretto dal kazako Sergey Dvortsevoy. Si racconta il ritratto di un giovane rifugiato kirghiso senza documenti spinto all'estremo per sopravvivere a Mosca. L'attrice è stata premiata da Asia Argento, che in precedenza ha dichiarato di essere stata violentata dall'ex produttore di Hollywood Harvey Weinstein, che "non sarà mai più il benvenuto qui". Argento ha detto che aveva 21 anni quando è stata stuprata da Weinstein nella sua stanza d'albergo nel 1997. "Era seduto in mezzo a voi ... Ma la cosa è cambiata, non ti permetteremo di farla franca".  Premio per la migliore regia al polacco Pawel Pawlikowski per "Cold War": un amore tormentato tra un musicista e una cantante e ballerina nel mezzo della Guerra fredda tra Polonia e Parigi, in bianco e nero. Dal regista di "Ida", Oscar come miglior film straniero nel 2015.  Il riconoscimento per la migliore opera prima, "Caméra d'Or", va al belga "Girl", diretto da Lukas Dhont, presentato nella sezione "Un certain regard". Il premio Fipresci della critica internazionale va al coreano "Burning" di Lee Chang-dong.  - See more at: http://www.rainews.it/dl/rainews/articoli/cannes-Cinema-Palma-d-oro-Garrone-Labaki-Rohrwachewr-5ca8f65c-c7c6-4685-a242-51705a304016.html

 
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Le facce e i premi di Cannes da internazionale

Post n°14477 pubblicato il 21 Maggio 2018 da Ladridicinema
 

Marcello Fonte premiato come miglior attore per il film Dogman di Matteo Garrone al festival del cinema di Cannes, il 19 maggio 2018. (Valery Hache, Afp)

Prima, le facce. Quella di Zula (Joanna Kulig) nella bellissima epopea storico-romantica Zimna wojna (Guerra fredda) di Pawel Pawlikoski (premio migliore regia), personaggio capace di trasformarsi in un lampo da innocente madonnina folk a seduttrice sensuale.

La terribile tristezza negli occhi dell’eterno ottimista Marcello (Marcello Fonte, premio miglior attore) verso la fine di Dogman, forse il miglior film di Matteo Garrone, un dramma della sopraffazione, del maschilismo come malattia infettiva.

La faccia tonda, tesa, di Ayka (Samal Yeslyamova, premio migliore attrice) nel film omonimo di Sergey Dvortsevoy, una coreografia dell’emarginazione che non dà tregua, incentrato su un’immigrata del Kirghizistan alla disperata ricerca di un lavoro in una Mosca fredda e insensibile.

Gli occhi supplicanti ma anche diffidenti della piccola Juri, bambina di cinque anni adottata (per non dire rapita) da una famiglia di ladruncoli in Manbiki kazoku(Shoplifters) del regista giapponese Hirokazu Kore’eda, meritato vincitore della Palma d’oro in questa 71esima edizione del festival del cinema per antonomasia.

L’ARTICOLO CONTINUA DOPO LA PUBBLICITÀ

Basato su un racconto di Haruki Murakami, è un film di due ore e mezza che lascia con tante domande e poche risposte. Domande che riguardano anche la natura del film: comincia, forse, come commedia romantica; finisce, forse, come giallo. Ero un po’ irritato dalla sua impenetrabilità quando sono uscito dalla sala, ma Burningcontinua a seguirmi, segno che lo dovrei rivedere, sempre premesso che esca da qualche parte.

Quella italiana è stata la più convincente partecipazione nazionale di quest’anno, regalando due film forti e originali

È stato un anno di transizione a Cannes, con una selezione che dimostrava la voglia di premiare la qualità dei film più del nome dell’autore–regista. C’era un solo veterano: Jean-Luc Godard, con Le livre d’image, una specie di flusso di coscienza audiovisivo, un videodiario composto dai pensieri sparsi di un dio minore che si illumina per brevi tratti ma che per lo più è ermetico, rabbioso, la versione intellettuale del monologo di un vecchio pazzo sull’autobus. Non giudico i colleghi che l’hanno amato, dico solo che la storia della videoarte, per la quale molti critici cinematografici hanno un punto cieco, è piena di riflessioni su cinema e tv di maggiore spessore – pensiamo solo a 24 hour psycho di Douglas Gordon oppure a The clock di Christian Marclay.

Lazzaro felice e Dogman
L’Italia ha battuto la Francia in concorso (non a caso, nessuno dei quattro film francesi ha visto l’ombra di un premio). Infatti, quella italiana è stata la più convincente partecipazione nazionale di quest’anno, regalando due film forti e originali.

Con Lazzaro felice, Alice Rohrwacher realizza la sua opera più compiuta, attingendo al mondo delle fiabe, a una storia insieme ideale e amara dell’Italia rurale, al tema (presente anche in Corpo celeste e Le meraviglie) delle persone che non si adattano, e fanno forse bene a non adattarsi. Cala un po’ nel finale, ma rimane uno dei film più fuori dagli schemi passati a Cannes quest’anno.

Su Dogman aggiungo solo che, come Lazzaro felice, ambientato in una Sardegna divisa tra paesaggi arcaici e città anonime, usa la location in modo maestrale.

In questo caso è il Parco del Saraceno a Pinetamare (già visto in Gomorra), frazione balneare di Castel Volturno di una bruttezza unica, il cui abusivismo percola come un veleno in una storia di abusi.

Un ritorno pigro e compiacente
Che dire poi di BlacKkKlansman di Spike Lee, sessantuno anni, vincitore del premio della giuria? Basato su una storia vera, è una commedia drammatica su un poliziotto nero di Colorado Springs – l’unico all’epoca in quel distretto – che finge di essere un razzista per infiltrarsi nel Ku Klux Klan. Lo fa, chiaramente, al telefono, mandando poi un collega bianco che indossa una microspia agli incontri faccia a faccia.

La premessa è deliziosa e ci sono degli omaggi divertenti al genere blaxploitation degli anni settanta. Ma nel suo viaggio inesorabile verso la vittoria dei buoni sui cattivi, nelle macchiette che lo popolano, il film con cui Lee torna a Cannes ventinove anni dopo Do the right thing è anche un po’ troppo pigro e compiacente.

 
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Le meraviglie del mare

Post n°14476 pubblicato il 21 Maggio 2018 da Ladridicinema
 
Tag: trailer

 
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Dogman

Post n°14475 pubblicato il 21 Maggio 2018 da Ladridicinema
 
Tag: trailer

 
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Le meraviglie del mare

Post n°14474 pubblicato il 21 Maggio 2018 da Ladridicinema
 

Titolo originale: Wonders of the Sea

Le meraviglie del mare è un film di genere documentario del 2017, diretto da Jean-Michel Cousteau, Jean-Jacques Mantello, con Arnold Schwarzenegger. Uscita al cinema il 17 maggio 2018. Durata 85 minuti. Distribuito da M2 Pictures.

Poster

Figlio del leggendario esploratore e cineasta Jacques Cousteau, con il film Le Meraviglie del Mare il regista Jean-Michel decide di imbarcarsi con i figli Celine e Fabien e la sua troupe in un viaggio meraviglioso.
Il percorso dura tre anni: parte dalle isole Fiji e si spinge fino alle Bahamas, esplorando Oceani sconosciuti per scoprire di più su ciò che li minaccia. Grazie alle nuove tecniche di ripresa subacquea in 3D e alla risoluzione 4K, milioni di spettatore potranno immergersi in un mondo marino inesplorato e pieno di bellissime sorprese.
La voce che accompagna la versione originale del documentario è quella di Arnold Schwarzenegger (che del film è anche produttore) , che ci guida a un tripudio di immagini che mostrano le incontaminate bellezze degli Oceani, invitandoci a fare tutto ciò che possiamo per salvarle dalla rovina causata dalle nostre stesse mani. Un film che vuole stimolare una grande presa di coscienza in tutti noi: dobbiamo amare e proteggere il luogo magico in cui abbiamo la fortuna di vivere.
Il film, co-diretto da Jean-Jacques Mantello, ha ottenuto il patrocinio di Marevivo e la collaborazione di Marina Militare, Sky un mare da salvare e Acquario di Genova.


 
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Il codice del babbuino

Post n°14473 pubblicato il 21 Maggio 2018 da Ladridicinema

Il codice del babbuino è un film di genere thriller, drammatico del 2018, diretto da Davide Alfonsi, Denis Malagnino, con Denis Malagnino e Tiberio Suma. Uscita al cinema il 17 maggio 2018. Durata 81 minuti. Distribuito da Distribuzione Indipendente.

Poster

Vicino a un campo rom nella periferia di Roma Denis (Denis Malagnino) trova il corpo di una donna, vittima di uno stupro. Una vicenda che prende spunto da un fatto di cronaca nera avvenuto a Guidonia circa dieci anni fa.
Se a ogni azione corrisponde una reazione, quella del compagno della ragazza - e amico dell'uomo che ne ha rinvenuto il cadavere - è il motore che innesca le vicende di Il codice del babbuino, il film diretto da Davide Alfonsi, Denis Malagnino.

In preda a una rabbia impulsiva e incontrollabile, Tiberio (Tiberio Suma) decide di vendicarsi per farsi giustizia da solo, e si mette subito sulle tracce dei responsabili.
Lo aiuterà Denis, un padre di famiglia che vive nell'angoscia della disoccupazione e, sconvolto dall'accaduto, decide di iniziare a spacciare droga come unica scelta che gli rimane per sopravvivere. Ma, si sa, la vendetta non porta mai a nulla di buono; e lo sa bene anche Denis, che cerca invano di dissuadere l'amico da un’azione pericolosa, inutile e deleteria.
Il concetto di "giustizia privata" è piuttosto controverso, ed è proprio su questo che riflette il film, sottolineando l'imprudenza di chi rifiuta di affidarsi alle forze dell'ordine e decide di agire autonomamente, infilandosi spesso in situazioni ingestibili e, di fatto, controproducenti. Da questa posizione nasce il titolo, che rimanda a un comportamento tipico dei gruppi di babbuini nel momento in cui si coalizzano per isolare e cacciare gli esemplari più deboli, incapaci di difendersi.
Denis intanto sembra essere riuscito a distogliere Tiberio dal proposito di incendiare le roulette del campo rom, convincendolo a investigare con più distacco. Ma la situazione viene terribilmente complicata dall'entrata in scena di Tibetano, il beffardo boss del quartiere. La vicenda precipita nel giro di una notte buia e tormentata.



 
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Dogman

Post n°14472 pubblicato il 21 Maggio 2018 da Ladridicinema
 

Poster

Ispirato liberamente a un fatto di cronaca nera accaduto trent'anni fa, Dogman è il nuovo film di Matteo Garrone che racconta la storia cupa e violenta di Marcello (Marcello Fonte). 
La sua esistenza scorre sempre uguale e indifferente tra le pieghe di in una periferia sospesa tra la grande metropoli e la natura incontaminata. Persona mite e tranquilla, Marcello gestisce un salone di toelettatura per cani. Durante le sue giornate deve destreggiarsi tra il lavoro, la figlia adorata, Sofia, e l'ambiguo rapporto di sudditanza con Simoncino (Edoardo Pesce), un ex pugile da poco uscito di prigione e temuto da tutto il quartiere per i suoi atteggiamenti al limite della follia. 
Continuamente vittima di bullismo e soprusi, ormai stremato da una vita di umiliazioni, Marcello decide di seguire le orme di Simoncino e di diventare il suo aiutante in una serie di rapine che sconvolgono la cittadina in cui vivono. Ormai in balia del carisma di Simoncino e legato dalla lealtà nei suoi confronti in quanto amico di vecchia data, Marcello finisce col tradire non solo la sua stessa moralità, ma anche i suoi compaesani. Il peso delle proprie azioni diventa sempre più insostenibile, tanto che arriverà ad autoaccusarsi, finendo per un anno in carcere, lontano dalla figlia di cui doveva prendersi cura. Dopo aver perso tutto e tutti, arriva finalmente per Marcello la presa di coscienza, insieme a un'irrefrenabile sete di vendetta…


Dogman è il nono lungometraggio del regista romano Matteo Garrone e il suo quinto presentato al festival di Cannes, dove ha vinto il Gran premio della Giuria nel 2008 con Gomorra e nel 2012 con Reality.
Liberamente ispirato alla vera storia di Pietro De Negri, passato alle cronache criminali come "il canaro della Magliana", che nel 1988 uccise l'ex pugile suo amico e persecutore Giancarlo Ricci, come già avvenne per L'imbalsamatore, che nasceva da un altro fatto di cronaca nera, è un noir dell'anima, uno studio dei rapporti umani di sopraffazione, un'indagine sulle eterne dinamiche vittima-carnefice e una parabola astratta che non è interessata a scendere nei dettagli cruenti di un delitto che fece epoca.
Sviluppando la sceneggiatura nel corso di 12 anni, Garrone non era interessato alla verità dei fatti, quanto al ritratto, nelle sue parole, di "un uomo che, nel tentativo di riscattarsi dopo una vita di umiliazioni, si illude di aver liberato non solo se stesso, ma anche il proprio quartiere e perfino il mondo. Che invece rimane sempre uguale, e quasi indifferente".

Le modalità del delitto tennero banco per mesi sulle pagine di cronaca neraDe Negri, liberato dopo 16 anni per seminfermità mentale, raccontò in un lunghissimo memoriale ogni dettaglio dei tormenti inflitti all'uomo da cui si sentiva bullizzato. In fase processuale si scoprì che questo delirio da grand guignol era in parte frutto dell'immaginazione del toelettatore, che Ricci era morto dopo mezz'ora senza mai essere chiuso nella gabbia, dove non sarebbe nemmeno entrato, e che le mutilazioni erano state tutte inflitte alla vittima post-mortem. Che il film tocchi nervi ancora scoperti lo dimostra la curiosità morbosa che si è riaccesa sui protagonisti di quelle vicende, perseguitati da paparazzi e cronisti, tanto che la madre di Ricci, dopo che la sua richiesta di sequestro del film è stata respinta, ha annunciato una querela per diffamazione. Sulla vicenda è in uscita anche un film diretto da Sergio Stivaletti, Rabbia furiosa, con Riccardo De Filippis, che fin dal poster dichiara intenti opposti a quelli di Garrone, e promette di innestarsi sul solco dell'horror più esplicito.

Nel film di Garrone a interpretare De Negri è il bravissimo attore calabrese Marcello Fonte, anche scultore e musicista. Membro della compagnia stabile Fort Apache Cinema Teatro, dal 2000 è apparso in vari sceneggiati tv e film, tra cui Concorrenza sleale di Ettore Scola, Gangs of New York di Martin Scorsese, la serie La mafia uccide solo d'estate, L'intrusa e Io sono tempesta, anche se quello in Dogman è il suo primo ruolo protagonista.
Il suo amico-rivale e vittima, Simoncino, ha invece il volto e il fisico di Edoardo Pesce, attore noto al grande pubblico televisivo per Romanzo criminale - La serie dove era Ruggero Buffono e per la partecipazione a I cesaroni, e che non è nuovo a ruoli di “coatto” e assassino, come vediamo anche nella sua recente interpretazione del killer mafioso Giovanni Brusca nel televisivo Il cacciatore. La sua partecipazione a Fortunata e Cuori Puri gli ha valso la candidatura al Nastro d'Argento nel 2017. Anche lui è musicista: canta e suona la chitarra nel gruppo blues The St. Peter's Stories e nell'"Orchestraccia", collettivo artistico di teatro canzone.

 

Dogman, il nuovo film di Matteo Garrone, presentato in concorso al Festival di Cannes 2018, è così descritto dal suo regista:

Dogman non è soltanto un film di vendetta, anche se la vendetta (ma meglio sarebbe chiamarla riscatto) gioca un ruolo importante, così come non è soltanto una variazione sul tema (eterno) della lotta tra il debole e il forte. È invece un film che, seppure attraverso una storia "estrema", ci mette di fronte a qualcosa che ci riguarda tutti: le conseguenze delle scelte che facciamo quotidianamente per sopravvivere, dei sì che diciamo e che ci portano a non poter più dire di no, dello scarto tra chi siamo e chi pensiamo di essere.

 

 

Dal Trailer Ufficiale del film:

Marcello (Marcello Fonte): A me qua me vogliono tutti bene nel quartiere
Simoncino (Edoardo Pesce): So' n'amico tuo io, sì o no?!

Simoncino: T'ammazzo a sta' botta, apri sta cosa, aò! Apri, oh!

Dalla Clip: Fiera canina

Sofia (Alida Calabria): Papà! Sbrigati, non c'hai tanto tempo!
Sofia: Papà! Metti lacca e poi pettina...e alza la cresta!


Sofia: Papà! Pettinala, pettinala, pettinala...sì, tutta, tutta, la devi pettinare tutta quanta!

Dalla Clip: Marcello e Alano

Marcello (Marcello Fonte): Questa? Eh lo so, quella l'ho fatta!

Marcello: Fermo, eh! Ste! Ste!

 


 
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Happy Winter

Post n°14471 pubblicato il 21 Maggio 2018 da Ladridicinema
 

Happy Winter è un film di genere documentario del 2018, diretto da Giovanni Totaro. Uscita al cinema il 14 maggio 2018. Durata 91 minuti. Distribuito da I Wonder Pictures.

Poster

Ogni anno d'estate sulla spiaggia di Mondello a Palermo, vengono costruite più di mille cabine pronte ad ospitare altrettanti nuclei di bagnanti che vi passeranno la stagione. Per queste persone le capanne sono lo scenario perfetto per nascondersi dietro al ricordo di uno status sociale che la crisi degli ultimi anni ha minato. Una famiglia s'indebita per fare le vacanze al mare e apparire benestante tra i bagnanti; tre donne si abbronzano per sentirsi ancora giovani e diventare le star dell'estate, mentre nella stessa spiaggia un barista pensa a guadagnare più soldi possibili per superare l'inverno. Tutti aspettano la notte di ferragosto per vivere da protagonisti la fiera della vanità estiva e continuare a fare finta che la crisi economica non esista.


  • MONTAGGIOAndrea Maguolo
  • PRODUZIONE: Indyca con Rai Cinema in co-produzione con Zenit Arti Audiovisive

 
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film usciti giovedi scorso

Post n°14470 pubblicato il 21 Maggio 2018 da Ladridicinema
 

 
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Parte il passaparola e Dogman ottiene 566mila Euro

Post n°14469 pubblicato il 21 Maggio 2018 da Ladridicinema
 

Avengers: Infinity War (guarda la video recensione) è il film di maggior successo della stagione 2017/2018. Grazie ai 140mila euro ottenuti ieri il blockbuster Marvel ha raggiunto i 18,1 milioni di euro complessivi, superando Cattivissimo me 3 (guarda la video recensione) e insediandosi al primo posto della classifica assoluta stagionale. Il film d'animazione Universal è invece ancora in testa per quanto concerne il numero di spettatori (2,7 milioni contro 2,5 degli Avengers). 
Deadpool 2 (guarda la video recensione) vince nettamente il weekend, incassando un totale di 2,6 milioni di euro nel weekend e 3,8 dal giorno della sua uscita. Il predecessore aveva raggiunto 7,4 milioni totali, quindi il film della 20th Century Fox è più o meno in linea con le aspettative. 
Discreta partenza per Dogman (guarda la video recensione), che chiude il weekend con 566mila euro, un dato che crescerà sicuramente nei prossimi giorni grazie al passaparola. Sul podio domenicale e del weekend c'è anche Loro 2 (guarda la video recensione), che ottiene 518mila euro nell'arco del weekend e che porta il totale incassato dal film a quasi 2 milioni di euro. Loro 1(guarda la video recensione), ancora in classifica all'ottavo posto supera i 4 milioni. Quindi il totale dei film di Sorrentino è di 6 milioni (e dovrebbe chiudere a 6,5/7). 
Poco mosso il resto della classifica: Show Dogs - Entriamo in scena supera il milione di euro, Arrivano i prof sfiora i 2 milioni complessivi, mentre Famiglia allargataLe meraviglie del mare e Parigi a piedi nudi (guarda la video recensione) raccolgono rispettivamente 100mila, 90mila e 80mila euro. 
Dall'inizio dell'anno la perdita, rispetto allo stesso periodo della passata stagione è del 6,15%, ma il weekend appena trascorso ha fatto segnare un notevole +43%. Questa settimana arriva un altro film molto atteso: Solo: A Star Wars Story, che dovrebbe permettere al box office di mantenersi su livelli positivi. 

 
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