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BATMAN DI TIM BURTON COMPIE 30 ANNI: IL FILM CHE CAMBIÒ I CINECOMIC da movieplayer

Post n°15199 pubblicato il 25 Giugno 2019 da Ladridicinema
 
Tag: news, STORIA

Batman di Tim Burton vide la luce nelle sale per la prima volta 30 anni fa: ricordiamo insieme la nascita di un mito che ha ancora tutto da dire.

APPROFONDIMENTO di  — 23/06/2019

Michael Keaton nei panni dell'eroe mascherato di Gotham City

Incredibile per alcuni, lontano anni luce per altri. Batman, l'uomo pipistrello, icona fumettistica e cinematografica per antonomasia, ancora fa partire flame chilometrici sui social dopo l'annuncio del nuovo interprete: lo scintillante Robert Pattinson. Con questo articolo festeggiamo i 30 anni di Batman, il primo film, quello di Tim Burton. Il primo, sì, perché i precedenti non erano stati mai lungometraggi pensati per la sala cinematografica: negli anni Quaranta - più precisamente nel 1943 e nel 1949 - la Columbia produsse infatti un serial cinematografico in due serie da quindici episodi, in seguito raggruppati in un frammentario lungometraggio, in cui videro la luce le gesta dell'uomo pipistrello contrapposte a quelle di un villain straniero.

Michael Keaton e Jack Nicholson in BatmanMichael Keaton e Jack Nicholson in Batman

Poi arrivarono gli anni Sessanta, e la figura di Batman divenne estremamente mainstream e pop grazie alla gloriosa serie camp nota ai più: centoventi episodi autoconclusivi con Adam West che entrava nella leggenda e il minuto Burt Ward a fargli da spalla. E un cast indimenticabile nei ruoli dei villain: da Cesar Romero nel completo viola del Joker a Burghess Meredith nel frac del Pinguino. Catwoman fu prima Julie Newmar e poi la leggendaria Eartha Kitt. E ancora, Vincent Price era Testa d'Uovo, Anne Baxter Olga, Carolyne Jones Marsha, la Regina dei Diamanti. Dalla serie fu tratto poi un film per la TV, che fu proiettato anche al cinema, senza però riuscire a sbancare i botteghini. Per questa ragione si può quindi affermare che il primo vero lungometraggio pensato direttamente per la sala cinematografica fu il Batman di Tim Burton.

CORREVA L'ANNO 1989... IL BATSEGNALE ERA OVUNQUELa locandina di BatmanLa locandina di Batman

Annunciato da un battage pubblicitario su scala mondiale senza precedenti, accompagnato da un merchandising che vedeva ovunque riprodotto il nuovo simbolo, rivisitato secondo l'estetica degli anni Ottanta, Batman uscì nei cinema il 23 giugno 1989. Ben dieci anni dopo l'acquisto dei diritti sul personaggio dalla DC Comics. Il logo che l'Uomo Pipistrello porta sul petto, come ogni eroe dei fumetti che si rispetti, è stato uno dei primi esempi di teaser marketing in Italia: prima ancora che fosse battuto il primo ciak era infatti già su qualunque oggetto di largo consumo. In Italia abbiamo dovuto aspettare il 20 ottobre 1989, e ai tempi i film non si scaricavano da internet: da oltreoceano ci arrivava l'eco del successo pazzesco che stava avendo al botteghino e, quando finalmente uscì da noi, negli USA era ancora in sala. Intanto tutte le radio mandavano la Batdance di Prince almeno una volta al giorno... Noi adolescenti di allora non stavamo nella pelle. Facevamo il conto alla rovescia come non accadeva neppure per gli esami di maturità. E le nostre aspettative non furono tradite, perché per la prima volta nella storia la figura del supereroe al cinema era diversa. Era cinema d'autore, aveva qualcosa da dire. Stava bene nel suo contesto e non era un uomo ridicolo in calzamaglia: fu quella la prima rivincita di noi nerd. E anche se oggi sono diventati tutt'altro, anche se di Batman ne abbiamo avuti molti altri e c'è chi sostiene Christopher Nolan ciecamente sopra ogni cosa, è innegabile che fu il Batman di Tim Burton a gettare le basi per quello che oggi chiamiamo cinecomic.

MICHAEL KEATON E JACK NICHOLSON, DUE STAR TRA CRITICHE E COMPROMESSIJack Nicholson è il Joker in una scena del film Batman di Tim BurtonJack Nicholson è il Joker in una scena del film Batman di Tim Burton

E pensare che Tim Burton nemmeno lo avrebbe voluto girare. Pensare che dovette scendere a un numero eccessivo di compromessi, compreso l'avere il villain tra i più indelebili e con molte più scene del protagonista... Un Jack Nicholsoncosì iconico come forse solo in Shining. E il viola, che per forza di cose richiamava Prince, un'altra star che Burton non avrebbe voluto, in parte artefice di una colonna sonora divisa a metà, fra lui e Danny Elfman. Burton si impose per avere Michael Keaton, criticato aspramente da ogni parte del globo terracqueo. Oggi Michael Keaton è uno degli attori più quotati in assoluto: lui e Burton divennero sodali lavorando a Beetlejuice - Spiritello porcello. E pensare che la produzione lo impose a sua volta al regista, che avrebbe voluto Sammy Davis Jr.nei panni a strisce dello spiritello porcello.

Buon compleanno Jack Nicholson: la Top 10 delle sue migliori performance

Michael Keaton pensieroso in una scena del film Batman (1989)Michael Keaton pensieroso in una scena del film Batman (1989)

Alla sua uscita nelle sale, Batman incassò oltre cento milioni di dollari solo nei primi dieci giorni di programmazione in USA. Con un totale di cinquecento milioni, fu l'incasso più alto dell'anno, nonché il migliore fino ad allora per la Warner. Il cinecomic aveva subito un profondo cambiamento nella percezione del pubblico: da allora tutto sarebbe stato diverso, non solo per la concezione di una trasposizione fumettistica, ma per la realizzazione di un blockbuster in genere. Da allora, i fumetti non furono più solo "roba da nerd". Anni dopo, anche il primo X-Men presentava profondissime influenze dal Batman di Tim Burton: il tormento interiore, lo scarto psicologico tra il supereroe e il suo alter ego nel quotidiano, era al centro della storia. Nel caso di Batman, maschera sociale, quasi pirandelliana, imposta dalla massa informe che non può capire e che comunque va salvata, pubblico generalista per il quale ora l'eroe, ora il suo nemico, mettono in scena le loro performance in una città-palcoscenico: una Gotham City ispirata agli edifici pre-bellici europei. Ci sono alcuni gesti che non assumerebbero alcun valore, se non realizzati per un pubblico, Batman e il Joker si rubano infatti a vicenda l'opinione pubblica. E la partita tra bene e male si gioca in piazza, nei musei, in televisione. Anni e anni prima dei reality, Tim Burton aveva già capito tutto.

 
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Stranger Things 3

Post n°15198 pubblicato il 25 Giugno 2019 da Ladridicinema
 
Tag: trailer

 
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Aladdin

Post n°15197 pubblicato il 25 Giugno 2019 da Ladridicinema
 

E' l'epoca dei live action dei film d'animazione Disney, e anche un altro grande classico come Aladdin non poteva non essere rielaborato e narrato in forma filmatografica. Rielaborato, perchè la storia è molto diversa su diversi punti, anche in maniera importante; tanto che ogni tanto sembra che ci si trovi in Jasmine, piuttosto che in Aladdin. Qualcuno dirà che è il segno dei tempi e dell'ipocrisia del "politicamente corretto", e quindi chi meglio della Disney attuale poteva approfittare di questa cosa? Il problema è che lo fa in maniera forzata e non naturale. Altro elemento che viene modificato in maniera importante è la storia del Genio. Molto interessante il fatto che sia lui a raccontare la storia, meno diciamo la sua parte "umana". Jafar invece in questo film è interessato successivamente a diventare sultano, solo dopo che lo stesso non lo appoggia nelle guerre di espansione dell’impero (naturalmente non presenti nel classico). Tornando alla storia, nei punti principali la storia non cambia (da come viene trovata la lampada al destino di Jafar). Inevitabile che ci siano più cose da raccontare e le tante differenze vista la durata del film di due ore rispetto al film d'animazione che durava 91 minuti.
Ma chi è Aladdin... Per chi non avesse mai visto il classico, è un ragazzo poverissimo che campa di espedienti nella città di Agrabah. Durante uno dei tanti furtarelli fatti per vivere, incontra una ragazza che regala il pane a dei bambini affamati, portando l'ira del venditore che pretende i soldi per quel pane. Aladdin riesce a farla scappare scoprendo poi di parlare con l'ancella della principessa Jasmine, Dalia (questa ultima parte è diversa dall'originale). Solo successivamente scoprirà chi è in realtà, ma in quel momento viene catturato da Jafar, il visir del sultano; che lo spedisce nella caverna delle meraviglie a recuperare una lampada che poi dopo un incidente che porterà lo stesso Aladdin a rimanere bloccato nella stessa caverna, si scoprirà essere magica e da cui uscirà un genio potentissimo in grado di esaudire 3 desideri.
I classici Disney sono immortali e questa voglia di riportarli in film spesso e volentieri pessimi o mediocri al meglio, sono semplicemente delle trovate per fare soldi. Per quanto la computer grafica sia evoluta, questi film non ridanno la bellezza e la tenerezza di quei disegni fatti a mano. Spesso poi la scelta della perdita dei colori per dei toni più dark fanno perdere gran parte della magia.
Anche con Aladdin abbiamo questo e in alcune parti, quelle dei balli, sembra di trovarsi di fronte ad un prodotto di Bollywood.
La magia rimane per altri fattori, dal mondo fantasioso e dalla bravura di Jonny Depp in Alice; dalla tenerezza di Dumbo e dallo splendore di Eva Green; dalla sorpresa Lily James in Cenerentola... in questo nuovo film il pezzo da novanta che vale il biglietto e porta il film ad essere passabile (pur se mediocre) e gradevole è la presenza di Will Smith che interpreta il genio.
Scelta rischiosa, perchè si rischiava che con un attore così importante si concentrasse il tutto su di lui.
L'attore americano lo interpreta a suo modo, dimostrando la sua bravura. Un genio meno diciamo potente a livello di magia, ma più umano, sbruffone, interessato a fare feste e pronto ad innamorarsi. Una sorta di fusione tra il principe di Bel-Air di antica conoscenza in chiave magica e il personaggio di Hitch, che aiutava gli uomini a capire le donne e a dirgli come conquistarle.
Mena Massoud e Naomi Scott, all'esordio sono gli attori dei personaggi principali che raccontano la parte romantica del film, che pur appartenendo a mondi diversi si innamorano. Una principessa Jasmine consapevole di se stessa e attenta al benessere del popolo è molto interessante, ma farla diventare addirittura Sultano è la sintesi dei tempi e mi sembra forzato (non che ci sia nulla di male, ma credere che in quell'epoca una donna potesse diventare sultano... anche se pure il classico non era diciamo "tradizionale").
Jafar interpretato da Marwan Kenzari è troppo giovane e troppe debole. Non sembra mai essere un pericolo e soprattutto non si nota la sua magia di stregone se non alla fine quando viene trasformato con l'esaudirsi del desiderio. Questa è probabilmente la pecca più grande.
Altro punto dolente è il pappagallo Iago, consapevole e favoloso nell'originale ma qui limitato; tutto il contrario della scimmietta Abu che invece guadagna in forza e nella solita splendezza del tappeto magico.
La colonna sonora di Alan Menken (La Bella e la Bestia, La Sirenetta) comprende nuove versioni dei brani originali scritti dallo stesso Menken e dai parolieri Howard Ashman e Tim Rice, oltre a due traccie inedite composte in collaborazione con Benj Pasek e Justin Paul (La La Land, Dear Evan Hansen).
Voto finale: 3/5

 

Aladdin

Aladdin è Il Film Disney in live action remake del classico d'animazione degli anni 90. Il film diretto da Guy Ritchie vede Will Smith nei panni del Genio della Lampada, Mena Massoud nel ruolo di Aladdin e Naomi Scott in quello della principessa Jasmine, il cast completo, la trama, la nostra recensione, il trailer, le curiosità e le canzoni del film uscito nei cinema italiani il 22 maggio 2019, tutte le sale dove vederlo al cinema. La duratadel film è di 128 minuti.

Poster
  • TRAMA ALADDIN:

 

Aladdin, il film Disney live-action diretto da Guy Ritchie, vede protagonista il personaggio del titolo (Mena Massoud), un amabile ragazzo di strada ansioso di abbandonare la propria vita da furfante poiché convinto di essere destinato a qualcosa di più grande. Dall'altra parte della città di Agrabah, la figlia del Sultano, la Principessa Jasmine (Naomi Scott), coltiva a sua volta i propri sogni. Desidera una vita fuori dalle mura del palazzo e vorrebbe utilizzare il proprio titolo nobiliare per aiutare gli abitanti di Agrabah, ma suo padre è troppo protettivo e la sua dama di compagnia Dalia (Nasim Pedrad) non la perde mai di vista. L'obiettivo del Sultano (Navid Negahbanvoce italiana di Gigi Proietti) è trovare un marito adeguato alla figlia, mentre il suo leale e fidato consigliere, il potente stregone Jafar (Marwan Kenzari), è frustrato dall'atteggiamento passivo del Sultano nei confronti del futuro di Agrabah ed escogita un piano per impadronirsi del trono.

Quando Jasmine visita il mercato travestita da popolana, Aladdin viene in suo soccorso e rimane subito colpito dalla sua bellezza e dal suo spirito impetuoso, pur non avendo alcuna idea della sua vera identità. Dopo averla seguita a palazzo, viene coinvolto nel piano malvagio di Jafar ed entra in possesso della magica lampada a olio di cui lo stregone voleva impadronirsi: accidentalmente, Aladdin evoca il Genio (Will Smith) che vive all'interno della lampada. Il Genio è un essere pittoresco e straordinario ed esaudisce il desiderio di Aladdin, che vuole diventare una persona degna dell'amore di Jasmine e del rispetto del Sultano: il principe Alì. Mentre Aladdin e il Genio diventano amici, anche Jasmine subisce il fascino del ragazzo. Insieme i due si imbarcheranno in una pericolosa ed elettrizzante avventura, che metterà alla prova la loro fiducia in se stessi e l'amore che nutrono l'uno per l'altra.

PANORAMICA SU ALADDIN:

 

L'originale Aladdin (1992, uscito in Italia un anno dopo nel 1993) fu diretto da John Musker & Ron Clements, che avevano tenuto a battesimo il cosiddetto Rinascimento Disney degli anni Novanta. Autori già di Basil l'investigatopo (1986) e La sirenetta (1989), i due avrebbero poi diretto Hercules (1997), Il pianeta del tesoro (2002), La principessa e il ranocchio (2009) e Oceania (2016). Il loro Aladdin rappresentò il penultimo atto dei grandi incassi del Rinascimento Disney, con 504 milioni di dollari, prima del botto col Re Leone (1994) e la successiva discesa inesorabile iniziata da Pocahontas (1995).
Questo remake ha stentato a decollare, nonostante gli ottimi risultati dei recenti rifacimenti dal vivo Disney, per la difficoltà nel trovare gli interpreti dei due giovani Aladdin e Jasmine: alla fine la scelta è caduta su Mena Massoud e Naomi Scott, rispettivamente un egiziano-canadese e un'anglo-indiana. Il castfinale è un melting pot asiatico, con l'olandese-tunisino Marwan Kenzari per JafarRegista del nuovo Aladdin è Guy Ritchie, re della commedia action in salsa britannica, al suo primo film per famiglie: pare abbia accettato per far piacere ai suoi figli, che non hanno ancora potuto vedere il resto della sua produzione (Snatch, Rocknrolla, Sherlock Holmes). Stando a Guy Ritchie, regista ma anche cosceneggiatore del film, non c'è stato mai alcun dubbio nel volere Will Smith nei panni del Genio, realizzato parzialmente in performance capture. Anche se il fantasma della straordinaria performance vocale originaria di Robin Williams aleggiava su chiunque avesse accettato, Smith e Ritchie hanno convenuto che c'era spazio per creare un Genio "alternativo" (e hip-hop), che non s'impelagasse in un'improbabile imitazione di Williams.
La prima canzone registrata da Smith è stata "Un amico come me" ("Friend Like Me"), una di quelle firmate da Alan Menken (musiche), su testi del compianto Howard Ashman, che morì durante le prime fasi della lavorazione dell'Aladdin originale, ancora prima che uscisse il suo capolavoro La bella e la bestia (1991). Per le ulteriori canzoni, Ashman fu sostituito dal paroliere Tim Rice, mentre i due brani aggiuntivi di questa nuova versione sono a cura dello stesso Menken e dei compositori Benj Pasek e Justin Paul (La La Land)

 

CURIOSITÀ SU ALADDIN:

Nella versione italiana del film, è Naomi Rivieccio, finalista a X Factor 2018, ad interpretare le canzoni della Principessa Jasmine sarà offrendo al pubblico una nuova versione degli indimenticabili brani inclusi nella celebre colonna sonora del film originale, tra cui la canzone premiata con l'Oscar "Il Mondo È Mio" ("A Whole New World").

FRASI CELEBRI:

 

Dal Trailer Italiano del Film:

Iago (Alan Tudyk): Hai una grande opportunità: io posso renderti ricco, tanto da far colpo su una principessa!
Aladdin (Mena Massoud): Che dovrei fare?
Iago: Entra nella Caverna delle Meraviglie e portami la lampada!

Genio (Will Smith): Oh, gran Signore che mi evochi, mantengo il mio giuramento di fedeltà a tre desideri! Scherzo! Guarda qui!

Aladdin: Hey, puoi farmi principe?
Genio: C'è un che di vagamente ambiguo in "farmi un principe", potrei solo "farti un principe"!

Genio: Sembri un principe nell'aspetto, ma non ho cambiato niente dentro di te! Su il sipario!
Aladdin: No, il capo sono io! Lo dico io quando è il momento! Davvero?

Aladdin: Credevo che una principessa potesse andare ovunque
Jasmine (Naomi Scott): Non questa principessa
Aladdin: Ti fidi di me?

 

IL CAST DI ALADDIN:

 
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Le olimpiadi invernali 2026 a Milano e Cortina da tuttosport

Post n°15196 pubblicato il 25 Giugno 2019 da Ladridicinema

 

Le Olimpiadi Invernali 2026 a Milano e Cortina© LAPRESSE

Le Olimpiadi Invernali 2026 a Milano e Cortina

La candidatura italiana prevale su quella svedese di Stoccolma-Aare sul fil di lana. L'annuncio ufficiale arriva dopo lo scrutinio post-votazione degli 82 membri del Cio

lunedì 24 giugno 2019

 

LOSANNA (Svizzera) - Dopo la presentazione tecnica della delegazione, alle 10.50, e la votazione degli 82 membri del Cio dallo SwissTech Convention Center di Losanna, iniziata poco dopo le 16 e terminata alle 17.30 circa, arriva ora l'annuncio ufficiale: Milano Cortina hanno battuto, sul fil di lana, Stoccolma-Aareed ospiteranno le Olimpiadi Invernali del 2026. L'Italia torna ad ospitare i Giochi a 20 anni dall'ultima volta, Torino 2006. La candidatura italiana ha raccolto 47 preferenze rispetto ai 34 voti ottenuti da Stoccolma.

 
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Terminal da www.ilcineocchio.it

Post n°15195 pubblicato il 25 Giugno 2019 da Ladridicinema
 

Debutto alla regia singolare e manierista per Vaughn SteinTerminal sembra l’infelice combinazione tra uno qualsiasi dei titoli diretti da Guy Ritchie e il Sin City di Robert Rodriguez e Frank Miller. Certo, questo singolare film ha le sue virtù, in particolare l’eccentrica e decadente ambientazione tra neon ed edifici brutisti post-industriali, nonché la cura per il dettaglio nella direzione e nel montaggio. Se la forma è accattivante, purtroppo è il copione, sempre scritto Stein, a deludere.

La storia ruota intorno a una femme fatale, la bella e spietata Annie (una fascinosa Margot Robbie – qui produttrice – dagli outfit conturbanti), cameriera e spogliarellista, che conduce una pericolosa doppia vita e trama un oscuro disegno. Il piano della donna si interseca con la missione di una coppia di killer, Vince (Dexter Fletcher) e Alfred (Max Irons), la tetra esistenza di Bill (Simon Pegg), insegnante affetto da una letale patologia, e i progetti di un misterioso boss del crimine, Mr. Franklyn (Mike Myers), di cui occulta è l’identità. Tra omicidi, tradimenti e manipolazione riuscirà Annie a portare a termine i suoi foschi progetti?

Ambientato nel bar di una desolata stazione (da qui il titolo), sempre di notte, Terminal mira palesemente a costruire un intricato racconto in cui si alternano repentine digressioni a inaspettati colpi di scena. Volutamente minimale per gli scenari urbani, comunque assai curata in ogni scabro dettaglio, la pellicola è al contrario assai barocca in termini verbali. Il problema principale sta proprio in ciò: se l’obiettivo è probabilmente di mettere in scena un vorticoso e ipnotico susseguirsi di eventi concatenati, con una finale e sconvolgente agnizione, il fatto è che invero non accade pressoché nulla. I protagonisti trascorrono infatti gran parte del minutaggio intenti in estenuanti scambi di battute, che dovrebbero essere sagaci, ma perlopiù sono ermetici, e quando si tratta di agire … niente! Tutto rimane fuori campo. Immaginatevi un film di Guy Ritchie alla Snatch – Lo strappo, in cui però al posto di fughe, sparatorie e incontri di boxe ci sono lunghe, interminabili conversazioni. Non solo. I flashback e i capitoli in cui è diviso lo svolgimento sono in gran parte tagliati al minimo, così che i pochi momenti in cui dovrebbe succedere qualcosa (la Robbie che tortura uno sventurato e un qualche pestaggio) è troncato malamente dopo pochi secondi. A ciò si aggiunge peraltro che gran parte della logorrea vigente è scombinata e confusionaria, lasciando il povero spettatore ancora più dubbioso se continuare o meno la visione. Indubbio è comunque che non ci sia il giusto ritmo e così si finisce per avere la percezione che si stia assistendo a un bizzarro accumulo senza capo né coda. Infine manca pure un qualche tipo di appagante dark humor, che avrebbe sicuramente reso più digeribile l’insieme. 

Poi c’è Margot Robbie che, appesi i pattini al chiodo dopo l’ottimo Tonya (I, Tonya) di Craig Gillespie, qui è assai meno in palla. L’attrice, che ha dimostrato di essere in grado di recitare più che discretamente, in Terminal è portata a un fastidiosissimo overacting al limite del caricaturale. E’ vero, deve interpretare un sanguinario sicario in gonnella con un palese squilibrio mentale, ma nella mimica come nel proferire le sue battute, non solo non appare affatto naturale (cosa comprensibilissima), ma risulta addirittura grottesca. Qui allora emerge il tono fumettistico alla Sin Sity, ma senza la medesima carica esplosiva, anzi le scene risultano noiose e senza grande continuità l’una con l’altra. Tuttavia, se il vostro sogno nel cassetto è quello di vedere la Robbie in molteplici diverse e fantasiose mise, all’altezza di Jennifer Garner nella serie Alias per capirsi, allora forse la pellicola di Vaughn Stein potrebbe regalarvi felici scoperte: da camerierina retrò a prostituta con parrucca nera e frangetta con velleità di torturatrice, da coniglietta in uno strip club a infermiera, i costumi di scena potrebbero solleticare la fantasia del pubblico maschile … Il resto del cast d’altro canto arranca, messo in difficoltà dall’improbabile sceneggiatura, che rende assai difficile dare credibilità ai personaggi e che non riesce neppure a renderli bizzarri fino in fondo.

Eccessivamente pretenzioso e poco coinvolgente, Terminal è quindi mirabile per gli alti traguardi che si pone, ma non è altrettanto apprezzabile nella resa, anzi. Forse, se Stein avesse lasciato ad altri l’arduo compito della stesura dello script il risultato sarebbe stato assai migliore, ma è difficile a dirsi. Sta di fatto che il suo film è nell’insieme un ostico guazzabuglio intellettualoide che fallisce una delle primarie finalità: intrattenere lo spettatore.

 
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The equalizer 2

Post n°15194 pubblicato il 25 Giugno 2019 da Ladridicinema
 

Robert McCall, in passato agente segreto, vive ora in un quartiere popolare a Boston, Massachusetts, e si guadagna da vivere facendo l'autista. La sua amica Susan viene incaricata delle indagini su un apparente omicidio-suicidio avvenuto a Bruxelles in coppia con Dave York, un tempo collega di McCall. L'investigatrice viene però attirata in un tranello e a quel punto Robert entra in azione.

Come è noto, la serie degli anni Ottanta Il giustiziere di New York stava alla base del film del 2014 che aveva ottenuto un interessante risultato al box office. Da ciò è nata probabilmente la tentazione in Fuqua e in Washington di tornare sul tema.

Probabilmente in anni di trumpismo l'immagine del bravo cittadino che vorrebbe solo poter continuare a vivere immerso in una usuale quotidianità e che invece viene 'costretto' dagli eventi ad esercitare violenza ha una sua valenza socio-simbolica. Se poi costui ha l'occhio comprensivo e partecipe (vedi i dettagli) di Denzel Washington che è anche afroamericano, come peraltro il regista, il gioco è fatto e l'integrazione magnificata. 

Quando si parla di 'tentazione' lo si fa a ragion veduta perché nella sua ormai quarantennale attività di attore Denzel Washington non aveva mai ceduto al richiamo del 'numero 2' anche se alcuni finali dei film a cui aveva partecipato lo avrebbero consentito. Lo fa in questa occasione offrendo la propria professionalità a un ruolo che si allontana di fatto da quelli che aveva incarnato nella sua carriera. Perché può essere comprensibile fare il 'giustiziere' una volta ma perseverare non è il massimo. 

Anche perché la sua non è una maschera di pietra alla Charles Bronson ma ha tratti di dolcezza che gli consentono di calarsi perfettamente nei panni dell'altruista sempre pronto ad aiutare chi si trova in difficoltà. Ne nasce quindi una morale ancora più ambigua che si sostanzia in un film a due velocità. Nel prologo Fuqua ci invita a non temere: l'azione non mancherà. Poi ci propone lunghe pause di ordinaria amministrazione che improvvisamente vengono accese da scene decisamente violente per poi tornare a conversazioni davanti ad un murales. Il rischio di scontentare più di un estimatore degli action o degli spy movies c'è anche se Denzel fa del suo meglio per tenere desta l'attenzione.

 
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Youtopia

Post n°15193 pubblicato il 25 Giugno 2019 da Ladridicinema
 

Roma. Matilde ha 18 anni, una madre alcolizzata e una nonna che avverte ovunque la minaccia incombente di uno stormo di piccioni. La ragazza si è diplomata da sei mesi ma non trova un lavoro e rischia di perdere la casa in cui le tre generazioni di donne sopravvivono, perché sua madre non è in grado di fare fronte al mutuo. Per guadagnare qualche soldo Matilde si mostra nuda al computer offrendosi allo sguardo di un'umanità maschile di cui sembrano fare parte proprio tutti, dai bambini ai vecchi fino quel prete che dovrebbe benedire la casa pignorata. Pescara. Ernesto è un settantenne che alterna l'attività nella farmacia della moglie agli incontri con giovani prostitute disposte a realizzare le sue fantasie perverse. Lo assiste un ambizioso smanettone che ha capito che la (unica) via per un'assunzione a tempo indeterminato in farmacia consiste nel permettere ad Ernesto di accedere al deep web, il profondo abisso tecnologico in cui nuotano squali di ogni genere.

Ci vorrà un'ora di racconto per far incontrare preda e predatore, ma anche esca e pesce pronto ad abboccare.

E se il motivo per cui Matilde ed Ernesto incroceranno le loro strade non è narrativamente nuovo - basti pensare a Pretty Baby o al documentario australiano Virgins Wanted - Youtopia è la versione 2.0, e non si limita a rappresentare il web come mero tramite per scambi sessuali, ma ne evidenzia anche il potenziale salvifico. Matilde infatti vive un'esistenza parallela attraverso il suo avatar nel mondo virtuale di Landing, ove atterra insieme ad un avatar maschile, Hiro, ogni volta che la quotidianità rischia di avere la meglio sul suo istinto di sopravvivenza.

Berardo Carboni mescola regia iperrealista e grafica computerizzata (l'animazione è dello studio Light & Color) per raccontare una favola (post)moderna che, nel personaggio di Laura, la madre di Matilde (interpretata con pathos volutamente caricato da Donatella Finocchiaro) è un melodramma tout court, del quale però - ed è questa la cifra più originale del racconto - il regista non manca di evidenziare la componente satirica e grottesca. Si ride, davanti a questa storia dell'orrore contemporaneo, sapendo che la risata è prevista dalla narrazione, anche se Youtopia non abbandona mai la consapevolezza (e la responsabilità) di raccontare derive dolorosamente reali.

 
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