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Messaggi del 03/08/2019

 

Dolcissime

Post n°15251 pubblicato il 03 Agosto 2019 da Ladridicinema
 

Genere: Commedia
Anno: 2019
Paese: Italia
Durata: 85 min
Data di uscita: 01 agosto 2019
Distribuzione: Vision Distribution
Dolcissime è un film di genere commedia del 2019, diretto da Francesco Ghiaccio, con Giulia Barbuto Costa Da Cruz e Alice Manfredini. Uscita al cinema il 01 agosto 2019. Durata 85 minuti. Distribuito da Vision Distribution.
Data di uscita:01 agosto 2019
Genere:Commedia
Anno:2019
Paese:Italia
Durata:85 min
Distribuzione:Vision Distribution
Produzione:Indiana Production, La Piccola Società
TRAMA DOLCISSIME:

Dolcissime, il film diretto da Francesco Ghiaccio, segue la storia di MariagraziaChiara Letizia , tre amiche inseparabili costrette a fare i conti ogni giorno con gli odiati chili di troppo. Quando hai sedici anni il mondo è un casino. Quando hai sedici anni e sei una ragazzina sovrappeso, la battaglia ti sembra persa in partenza. A meno che non ti lanci in un'impresa impossibile. Mariagrazia, Chiara e Letizia vorrebbero solo essere invisibili. Mariagrazia soffre il confronto con la madre (Valeria Solarino), ex campionessa sportiva. Chiara ha una chat con un coetaneo, ma tanta paura di svelarsi in foto. Letizia un talento per la musica ma troppa vergogna per esibirlo. Passare inosservate sembra essere la sfida più ardua che possano affrontare. Dopo l’ennesima presa in giro, un’inattesa occasione di riscatto arriva dalla popolare e bellissima Alice, capitano della squadra scolastica di nuoto sincronizzato, costretta da un ricatto ad allenarle in gran segreto. Le tre ragazzine si lanciano in un’impresa impossibile spinte in acqua dalla gran voglia di rivincita. Finiranno per immergere la loro vita in quella della rivale, avvicinandosi le une alle altre giorno dopo giorno, esercizio dopo esercizio, sorriso dopo sorriso. Una storia tutta d’un fiato fino all’ultimo tuffo, sull’incredibile forza dell’amicizia oltre gli inciampi, gli imprevisti e qualsiasi diversità.

FRASI CELEBRI:

 

Dal Trailer Ufficiale del Film:

Mariagrazia (Giulia Barbuto): Questo, quello, questo, anche quello!
Voce off: È il tuo compleanno?
Mariagrazia: No, è la colazione!

Voce off: E tu a cosa ti iscrivi? A "La Corrida"?!

Madre di Mariagrazia (Valeria Solarino): Ti stai mettendo in ridicolo!

 
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La strage di Bologna tra omissioni e depistaggi da antidiplomatico

Post n°15250 pubblicato il 03 Agosto 2019 da Ladridicinema


La strage di Bologna tra omissioni e depistaggi
 
 

Passano gli anni e i governi. Ma sulla strategia delle stragi di Stato continua a restare in piedi un muro di omertà. Non sarà certo il ministro dell’interno leghista a far uscire anche solo una fotocopia dagli archivi dei servizi. Così come fece Giorgio Napolitano quando sedette sulla stessa poltrona.

Riproponiamo dunque questo pezzo, da noi pubblicato in occasione dell’anniversario, ormai sei anni fa. Che fa luce su un alcuni tentativi di depistaggio che hanno visto lavorare di comune accordo servizi segreti italiani e il Mossad israeliano. Non sono stati gli unici depistaggi, ovviamente; questo è arrivato quasi ultimo, nel disperato tentativo di mischiare le carte, farne un “complotto internazionale” e dare una sponda al governo di  Tel Aviv.

 

*

 

Il 2 agosto 1980 alla Stazione di Bologna, alle ore 10.25, una bomba esplode nella sala d’aspetto di seconda classe, affollata di persone in viaggio per le vacanze. L’esplosivo, una miscela tra i 20 e i 25 chilogrammi di tritolo, T4, nitroglicerina e altri materiali, è contenuto in una valigia piazzata sopra un tavolino portabagagli, a 50 centimetri da terra, sotto il muro portante dell’ala ovest. Il treno straordinario Ancona-Basilea, fermo sul primo binario, arresta in parte e restituisce l’onda d’urto dell’esplosione. Crolla un tratto del fabbricato lungo circa 50 metri, con i locali del ristorante e delle sale d’attesa di prima e seconda classe, crollano 30 metri di pensilina. Chi non è morto investito direttamente dallo scoppio, muore o viene gravemente ferito sotto le macerie. Radio e televisione interrompono i programmi e annunciano un gravissimo incidente a Bologna. La prima voce che circola è che sia stata una fuga di gas o l’esplosione di una caldaia. Ma basta poco ad accorgersi che si è trattato di ben altro.


Le vittime della strage del 2 agosto 1980 sono 85. La più piccola si chiamava Angela Fresu, aveva tre anni e veniva da Montespertoli, vicino Firenze. Il più anziano è Antonio Montanari, aveva 86 anni e aspettava l’autobus sul marciapiedi davanti alla stazione.

Il Presidente del Consiglio dell’epoca è Francesco Cossiga, “l’amerikano” con molti scheletri nell’armadio ma che se li è portati nella tomba senza mai aver spiegato che cosa sia accaduto in questa e nelle altri stragi di Stato. Ynato per rammentare un esempio, il 13 gennaio due alti ufficiali del Sismi, il servizio segreto militare, Pietro Musumeci e Giuseppe Belmonte, su input del capo della Loggia P2 Licio Gelli e con la collaborazione del faccendiere-collaboratore dei servizi segreti statunitensi Francesco Pazienza, faranno ritrovare sul treno Taranto-Milano una valigetta con armi, esplosivo (dello stesso tipo di quello utilizzato nella strage di Bologna) e documenti che dovrebbe accreditare la pista del terrorismo internazionale (l’intenzione – scriveranno i giudici a sostegno delle condanne per depistaggio – è coprire la matrice neofascista della strage).


I tribunali e le inchieste della magistratura hanno individuato tre colpevoli, i neofascisti Giuseppe Valerio Fioravanti, Francesca Mambro, Luigi Ciavardini, membri dei Nar. I tre si dichiarano innocenti: ammettono di aver organizzato e commesso parecchi omicidi ma insistono che con la strage di Bologna non c’entrano.


Nel maggio del 1991, Cossiga, diventato presidente della Repubblica, intervenendo davanti al Comitato parlamentare per i servizi di sicurezza afferma di essersi sbagliato ad addebitare ai fascisti la strage del 2 agosto a Bologna e si dice concorde con Giulio Andreotti sull’opportunità di “togliere la targa che alla stazione definisce fascista la strage del 1980”. Si scusa con l’allora Msi, affermando che il giudizio che diede allora “fu il frutto di errate informazioni, conseguenza d’intossicazione e di subcultura”. In una intervista al Corriere della Sera dell’8 luglio 2008, • Francesco Cossiga intervistato da Aldo Cazzullo afferma che: “La strage di Bologna è un incidente accaduto agli amici della “resistenza palestinese” che, autorizzata dal “lodo Moro” a fare in Italia quel che voleva purché non contro il nostro Paese, si fecero saltare colpevolmente una o due valigie di esplosivo. Quanto agli innocenti condannati, in Italia i magistrati, salvo qualcuno, non sono mai stati eroi. E nella rossa Bologna la strage doveva essere fascista. In un primo tempo, gli imputati vennero assolti. Seguirono le manifestazioni politiche, e le sentenze politiche”.


Nell’aprile del 2009, Ilich Ramirez Sanchez, più noto alle cronache internazionali degli anni Settanta come Carlos, detenuto politico nel carcere francese di Poissy, viene ascoltato sulla strage del 2 agosto per rogatoria a Parigi dal pubblico ministero bolognese Enrico Cieri, nell’interrogatorio afferma che “quella è roba della Cia, i servizi segreti italiani e tedeschi lo sanno bene”.


Ad agosto del 2011, il quotidiano conservatore bolognese Il Resto del Carlino, rivela che nell’inchiesta bis sulla strage alla stazione di Bologna sono indagati i terroristi tedeschi Thomas Kram, 63 anni, e Margot Frohlich, 69, legati all’organizzazione di Carlos, (l’ORI, Organizzazione Rivoluzionaria Internazionale) in carcere a Parigi. Ma lo stesso Carlos sulla presenza di Kram a Bologna aveva già precisato che: “I servizi sapevano bene che a Bologna quel giorno c’era Thomas Kram e farlo saltare in aria con la stazione sarebbe stato come mettere la firma dei palestinesi sull’eccidio… Così l’Italia si sarebbe staccata dai palestinesi e avvicinata agli israeliani. Ma Kram si è salvato e l’operazione è fallita”.

 
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Inviato Onu contro la tortura: "Gravemente preoccupato che gli Usa vogliano fare di Assange... da antidiplomatico

Post n°15249 pubblicato il 03 Agosto 2019 da Ladridicinema
 

Inviato _nu contro la tortura: Gravemente preoccupato che gli Usa vogliano fare di Assange un esempio
 

Vi riproponiamo l'articolo di oggi di Stefania Maurizi su Repubblica che rompe finalmente il muro del vergognoso silenzio sul caso Assange.



di Stefania Maurizi - Repubblica


A Belmarsh, scrive l'Inviato dell'Onu, il fondatore di WikiLeaks è detenuto in una cella singola di due metri di larghezza per tre di lunghezza per 2,3 metri di altezza. Ha diritto a spendere solo 15 sterline alla settimana tra telefonate, penne e carta da lettere, ha diritto da 30 a 60 minuti d'aria al giorno, a seconda delle condizioni del tempo. In teoria, in prigione potrebbe lavorare e poi socializzare con gli altri detenuti, ma in pratica dal 18 maggio ad oggi, Julian Assange rimane ricoverato nell'infermeria del carcere, a causa delle sue condizioni di salute molto precarie, tra cui un serio calo ponderale. Le restrizioni del suo regime carcerario sono tali che l'accesso limitato ai suoi avvocati e l'impossibilità di usare i computer (anche se privi di collegamento a internet) "compromettono seriamente la sua capacità di prepararsi in modo adeguato ai numerosi e complessi casi legali che lo attendono", scrive l'Inviato dell'Onu.

 
Il grave declino della salute di Julian Assange

Da anni emergono preoccupazioni per il serio deterioramento della salute di Julian Assange, che prima ha passato un anno e mezzo agli arresti domiciliari, poi è rimasto confinato per sette anni nell'ambasciata dell'Ecuador senza neppure accesso a un'ora d'aria al giorno e oggi è detenuto in una prigione di massima sicurezza. Già un anno e mezzo fa, tre medici americani di alto profilo, Sondra Crosby, Sean Love e Brock Chisholm, avevano denunciato la sua situazione in un articolo per il quotidiano londinese Guardian. Ora, l'Inviato Speciale dell'Onu conferma queste preoccupazioni con dati aggiornati e raccolti dai due medici specialisti che lo hanno accompagnato nella sua visita in carcere.

 
Melzer non rende noti dettagli delicati sulla salute del fondatore di WikiLeaks, protetti dalla privacy, ma per esempio, scrive: "Da un punto di vista psicologico, Mr. Assange [durante la visita ] ha mostrato tutti i sintomi tipici della prolungata e sostenuta esposizione a grave stress psicologico, ansia e sofferenza mentale che conducono a una depressione maggiore e alla sindrome da stress post traumatico. Entrambi gli esperti, che mi hanno accompagnato, hanno concluso che Mr. Assange ha urgente bisogno di cure psichiatriche da parte di uno psichiatra di fiducia e non associato alle autorità che lo detengono in prigione, e che è probabile che la sua attuale condizione deteriori drammaticamente".


Le responsabilità di Svezia, Inghilterra e Ecuador

Nella corrispondenza con le autorità di Svezia, Inghilterra, Ecuador e Stati Uniti, Nils Melzer contesta loro gravi responsabilità e tutte le anomalie del caso, a partire dall'inchiesta svedese per i presunti reati sessuali di stupro e molestie contro due donne svedesi. Le accuse di molestie sono andate in prescrizione nell'agosto del 2015, senza che peraltro Assange potesse rinunciare alla prescrizione (la legge svedese non lo consente), ma Melzer sottolinea che la prova portata dalla presunta vittima delle molestie era un preservativo che, esaminato, non conteneva né il Dna di Julian Assange né quello della donna stessa: un dettaglio "che dunque mina seriamente la credibilità di questa accusa", scrive Melzer.

Quanto alle accuse di stupro, che andranno in prescrizione solo il 17 agosto 2020, l'Inviato speciale Onu scrive: "Tutta la documentazione che mi è stata resa disponibile dimostra che Mr. Assange ha collaborato volontariamente e in modo consistente con la polizia svedese e con i magistrati sia quando si trovava in Svezia nel 2010, sia dopo essersi rifugiato nell'ambasciata dell'Ecuador nel giugno 2012".
 L'indagine per stupro era stata già chiusa nel 2010, appena cinque giorni dopo che era stata aperta, dalla procuratrice capo di Stoccolma, Eva Finné, che aveva concluso: "la condotta descritta (dalla donna) non ha rivelato alcun reato".

Negli ultimi nove anni l'indagine per stupro è stata aperta tre volte e l'Inviato speciale nota come "per quasi nove anni, le autorità svedesi hanno mantenuto, ravvivato e alimentato la narrativa di Assange come sospettato di stupro" e come "in realtà, le due donne non hanno mai avuto intenzione di denunciare un reato sessuale contro Assange, ma sono state messe in condizione ("railroaded") di farlo dalla polizia svedese e hanno successivamente deciso di 'vendere la loro storia a un tabloid".

Nils Melzer contesta alle autorità svedesi e inglesi di aver creato le condizioni che hanno portato il fondatore di WikiLeaks a finire detenuto arbitrariamente - come concluse nel 2015 lo UN Working Group on Arbitrary Detention (Unwgad) - e accusa l'Ecuador di Lenin Moreno di aver fatto sì che le condizioni di vita nell'ambasciata fossero sempre più difficili, tra restrizioni, sorveglianza, molestie, diffamazioni pubbliche, fino alla revoca dell'asilo l'11 aprile scorso.


Gli Stati Uniti vogliono fare di Julian Assange un esempio

Le preoccupazioni più gravi dell'Inviato speciale Onu, Nils Melzer, riguardano il rischio concreto che il fondatore di WikiLeaks finisca estradato negli Usa o direttamente attraverso l'Inghilterra o indirettamente nel caso in cui venisse prima estradato in Svezia. Ad oggi, la procuratrice svedese titolare dell'indagine dopo la riapertura, Eva-Marie Persson, non ha deciso se incriminare Assange o se archiviare una volta per tutte il caso, ma l'Inviato Onu scrive che "in questo caso, la narrativa del sospetto di stupro appare essere stata usata per minare in modo deliberato la sua reputazione e facilitare il suo indiretto trasferimento dall'Inghilterra agli Stati Uniti".

Melzer si dice "gravemente preoccupato" che le autorità americane intendano fare di Assange "un esempio" sia per punirlo personalmente sia per scoraggiare altri che vogliano imitare quanto fatto da lui e dalla sua organizzazione, WikiLeaks. Questa preoccupazione scaturisce in modo particolare dai forti pregiudizi che ci sono negli Stati Uniti contro Assange e dal fatto che le pubblicazioni di WikiLeaks siano percepite come "una minaccia alla sicurezza nazionale". L'Inviato speciale sottolinea l'impunità di cui godono negli Usa i funzionari che si sono macchiati di gravi violazioni dei diritti umani e torture in nome della difesa della sicurezza nazionale e ricorda come a lui stesso sia sempre stato impedito dal governo degli Stati Uniti di fare un'ispezione nelle prigioni americane per verificare casi di tortura e maltrattamenti.


Usa e Svezia? Negano tutto

Le autorità inglesi ed ecuadoriane non hanno ancora risposto alle conclusioni dell'Inviato speciale Onu, mentre quelle americane e svedesi hanno prontamente replicato. Negano tutto: Julian Assange non è mai stato detenuto arbitrariamente da Svezia e Inghilterra, come ha stabilito quattro anni fa lo UN Working Group on Arbitrary Detention (Unwgad): si è segregato da solo nell'ambasciata e poteva uscirne quando voleva. Questa risposta negazionista della Svezia e degli Stati Uniti non spiega come mai, se la Svezia riteneva infondata l'accusa, non ha fatto appello contro la decisione dell'Unwgad, e come mai l'Inghilterra che, invece ha fatto appello, l'ha perso.

Le autorità americane negano di avere qualsiasi responsabilità nel caso Assange e, in particolare, respingono l'idea che corra il rischio di subire maltrattamenti e un ingiusto processo se verrà estradato: "Gli Stati Uniti prendono molto seriamente i loro obblighi in tema di diritti umani. Gli individui estradati negli Usa vengono processati secondo le leggi americane e godono delle garanzie processuali".
Notizia del: 29/07/2019

 
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