PENSIERI AL VENTO

QUELLO CHE RACCOTEREMO ALLE FUTURE GENERAZIONI DEL CORONAVIRUS


 Fra alcuni anni, tanti o pochi, toccherà a noi il compito di raccontare il Covid 19,  detto coronavirus venuto dalla Cina, alle future generazioni. I nostri figli e i nipoti che verranno al mondo potranno vivere attraverso i nostri occhi, attraverso le nostre parole, un racconto di cui avranno sentito parlare a scuola o dagli amici, esattamente come noi abbiamo vissuto con la voce dei nostri nonni gli orrori della guerra, o magari per i più giovani, lo sbarco dell’uomo sulla luna. Ciascuno di noi racconterà un pezzettino di vita, il “suo” pezzettino. E la cosa straordinaria è che in questa pandemia, un evento capace di accomunare quasi tutti gli abitanti del pianeta, ogni abitante racconterà il “suo” vissuto, il mondo visto con i suoi occhi, diverso da tutti gli altri. Le difficoltà economiche, gli amori lontani, la perdita di un parente, i sacrifici di un medico o di un infermiere, la solitudine, la farina e il lievito sia di birra che per dolci che scarseggiavano o non c'erano proprio nei supermercati perché tutte le italiane anche quelle che prima non avevano mai cucinato in vita loro hanno dovuto fare torte e pizze, poi l'alcool e l'amucchina (gel tascabile) per lavarsi le mani e lavare le superfici anche quelli introvabili, stessa cosa per le mascherine e i guanti di lattice per i primi tempi del virus, cosìchè molte donne italiane sono diventate pure "sarte" per cucirsele da sole e regalarle alle amiche parenti (spedendogliele rigorosamente per posta perché non si poteva incontrare nessuno), facendo una taschina per dentro un pezzetto carta da forno per evitare il contagio. Gli adulti che hanno iniziato a lavorare tramite computer o tablet con lo smart-working e degli studenti di ogni scuola di ordine e grado che hanno sperimentato per la prima volta le lezioni on line con il tablet o il computer da casa, quelli che si sono laureati e hanno dato gli esami universitari con questo metodo. Ciascun nonno o genitore racconterà il ricordo che gli è rimasto addosso, e sarà sicuramente un ricordo fatto di emozioni, di gioia o di paura. "Il mio ricordo immediato di questi due mesi, ne sono certo, sarà la vista su un albero, un tiglio ben più alto dei palazzi intorno e che si erge davanti alla finestra. Quando è iniziata la quarantena il tiglio era ancora spoglio e grigio. Oggi è rigoglioso, pieno di foglie, pieno di voglia di vivere. Sui rami e sugli alberi vicini osservo e fotografo gli animali che non conoscono il coronavirus, i merli e le cornacchie, i piccioni in amore ed i passeri. E li fotografo come se mi trovassi dentro un capanno di osservazione sul bordo di un lago, uno di quei capanni di legno e paglia, che ti permettono nel silenzio totale di nasconderti alla vista del mondo. Forse, se i ricordi non si saranno diluiti nel tempo, racconterò ai miei nipoti che lavoravo da casa, che stavo in fila per fare la spesa, che le giornate talvolta sembravano lunghe infinite. Ma quello di cui sono sicuro è che gli racconterò come ogni giorno mi sedevo sul balcone di casa e guardavo fuori, respiravo un’aria della città inquinata che di colpo sembrava pulita; «era il mio modo di muovermi» gli dirò, «il mio modo di avere un senso di libertà fuori dalle mura domestiche». Respirare l’aria che nessuno poteva fermare. Viaggiare con la memoria in attesa di viaggiare con il corpo. Aggiungerò sicuramente che alcuni giorni i ricordi andavano alle passeggiate in montagna e in riva al mare, che meglio di qualunque altro luogo danno un senso di libertà; altri giorni la mente mi riportava a una passeggiata al centro della città, a un caffè in qualche bar da cui si può vedere una piazza più o meno famosa, ad un treno frettoloso per una città diversa dalla mia. E forse gli confiderò che alla finedi ciascun ricordo si attivava un sogno che iniziava con «quando il virus sarà sconfitto e potrò uscire voglio andare…». Ecco, fra alcuni anni, quando racconteremo tutto questo a un nipote, tireremo le somme anche di quali e quanti sogni abbiamo saputo poi vivere. Perché sono sicuro che ciascuno di noi in questi giorni ha immaginato, sognato, fantasticato. Sapremo dire solo tra qualche anno se questa esperienza ci ha cambiati davvero, se “dopo” siamo stati più attenti alle nostre esigenze, ai nostri desideri, alla nostra qualità di vita o se tutto è tornato come prima". 
 
-*-Ecco quello che racconteremo ai nostri nipoti, ai nostri figli o alle persone che sono nate tra gli anni 2018/2020 e dopo.
, Ciotty