L'atrabilioso

Pancho


Luca aveva, e immagino abbia ancora, un gran testone calvo. Penso sia nato calvo e che lo sia sempre stato, almeno io me l'immagino così. Facevamo diversi numeri, assieme. Sciocchezze pensate e organizzate lì per lì e mostrate quasi per caso agli amici, prima di una cena o durante qualche pausa se ci trovavamo in teatro. Di solito erano microgag un po' surreali e parecchio sceme con qualche vago riferimento alla sinistra, intesa in senso politico. Erano i nostri trascorsi che ci portavano invariabilmente da quelle parti. Mi è venuto in mente in questi giorni uno di questi "numeri". Lui si abbottonava fino all'ultimo il cappotto e poi se lo tirava su fino a coprire la fronte, di modo che fosse visibile solamente la sommità del cranio, sul quale stavano in precario equilibrio i suoi occhiali da miope. Così conciato, saliva su una sedia e cominciava a muoversi un po' a scatti alla maniera di un pupazzone meccanico inceppato, e nei gesti fingeva di tenere una conferenza. Io, nascosto dietro di lui, davo voce a questo pupazzone, e le parole erano un impasto demenziale, arrochito e vagamente balbuziente di quelle tematiche che all'epoca erano all'ordine del giorno a sinistra (primi anni Duemila, periodo girotondi per intenderci), qualcosa come:"Stiamo discutendo...endo...di una piattaforma programmaticaaa...per raccogliere...le anime della sinistra...aaahhh...l'anima de chi ti dico ioooo...con Pancho Pardi e gli altri promotoriii...oriiii...oriiii...con Micromegaaaa...con Marina Astrologo che c'abbiamo pure l'astrologo che ci dice che buttamalemalissimo...per un Pancho programmaticoooo..." Insomma una cavolata così; pare però che l'effetto fosse per metà esilarante (ma forse perchè eravamo noi due e gli altri ci conoscevano) e per metà inquietante.Dicevo che queste esibizioni mi sono tornate in mente in questi giorni in cui non si fa che parlare di scissione del PD, una roba che solo a dirla, solo a pensarci mi sento estenuato, con una vaga tendenza alla depressione. E' un pezzo che non vedo Luca e mi dispiace perchè aveva e sicuramente ha ancora quella bella ironia colta e sottile. Chissà se oggi, davanti a tutto questo, saremmo ancora in grado di inventarci qualcosa. Certo che ci vuole un gran fegato.