L'atrabilioso

29 aprile


C'è un'immagine struggente che accompagna oggi il ricordo di mio padre, una cosa che pur mi pare di avergli sentito raccontare e che poi avevo rimosso, e ridestata finalmente dall'oblio da una chiacchierata casuale con mia sorella.C'è lui, bambino, alla fine della guerra. Mio nonno soldato è lontano, probabilmente in Russia (a casa non si sa con precisione, lo si spera vivo e sulla via del ritorno ma le notizie sono frammentarie e contraddittorie) a pagar caro l'infatuazione giovanile per il fascismo. Quel bambino che era mio padre faceva un gioco ogni giorno, ispirato da sua mamma, ovvero mia nonna. Verso il tramonto usciva di casa e sul prato, verso la strada, chiamava "Papà!...Papà!..." con mia nonna a suggerire "Vedrai che così torna". Chissà quante volte ha fatto quel gioco. Finchè una sera, uscito di casa e chiamato papà come al solito, da lontano, una figura non ancora visibile rispondeva con voce allegra "Oooohhh!..." (e qui pare anche a me di sentirla, io che di mio nonno ho un ricordo così nitido). Mio padre, spaventato e sorpreso, rientrava in casa a nascondersi. Nulla è dato sapere di quelli che devono essere stati pianti e poi risate e poi abbracci, solo mio padre ripeteva "Io non l'avevo visto che da piccolissimo, quell'uomo grande e grosso per me era uno sconosciuto, c'è voluto un po'".E' strano che oggi, tanti anni dopo che non c'è più nemmeno lui, ripensi a mio padre come un bambino. Ma forse è l'immagine più giusta. La mitezza e l'ingenuità lo hanno contraddistinto fino alla fine. Era così poco moderno, in questo. E se ne sentirebbe tanto il bisogno, di qualità così poco alla moda.Oggi ho avuto un pensiero buono. E glielo devo.