L'atrabilioso

Nelle case


Ormai lo abbiamo fatto dappertutto e non solo, appunto "nelle case": lo abbiamo fatto in una fabbrica di materassi, in diversi salotti borghesi, nell'aia di una casa di campagna, in un circolo per anziani, in un piccolo cortile all'aperto stretto tra gli alti palazzi del centro. Manca giusto la sala d'aspetto dell'aeroporto di Fiumicino. Ieri, per dire, l'abbiamo fatto in un'azienda vitivinicola, precisamente nella sala degustazione. Il paradosso è che io nella pièce faccio quello astemio, e vabbè.E' curioso come cambi la percezione da parte del pubblico, quando il teatro esce dai teatri ed entra nelle case: l'atmosfera svagata e leggera, un po' da gita scolastica che precede lo spettacolo, si risolve in una attenzione acuta e forse timorosa (con gli attori così vicini che li puoi quasi toccare) durante la recita. Alla fine, ci sono domande od osservazioni ricorrenti che ci fanno sorridere, come ad esempio le annotazioni sulla forte espressività (ma anche lì, noi sappiamo che eliminare tutta la distanza che separa spettatore e palcoscenico mette in evidenza quello che di solito sparisce alla vista, rughe e sudore e respiri); oppure la domanda curiosa "Ma siete sposati per davvero?"; e noi due che ci conosciamo da un sacco di tempo (il primo spettacolo insieme lo mettemmo in scena quasi vent'anni fa e insomma siamo diventati quasi come due fratellini) non possiamo fare altro che sorridere, appunto. Poi c'è quel momento fondamentale, in cui si gustano tutte le prelibaglie che i padroni di casa preparano per ospiti e attori (solitamente assai affamati) alla fine dello spettacolo. E insomma concludere la serata tra tigelle e salami e formaggi, seduti nel cortile dell'azienda agricola con vista sui colli e sul vigneto che si arrampica fino alle pendici di una rocca medievale, e pensare che tutto questo è il mio lavoro mi fa dire che sì, tutto sommato ci sono certi giorni che ne vale davvero la pena.