L'atrabilioso

Il ritorno


Insomma alla fine sono tornato a Chinatown.Era vuoto. Meglio così. Meno rischi, meno pensieri, meno preoccupazioni.(Mi accorgo adesso che Chinatown è un locale che adottava il distanziamento sociale già da prima: non ci va mai nessuno).Il barista, ovviamente cinese, ne parlo ogni tanto qui, si chiama Fedelico. Non è possibile avere un gran dialogo con Fedelico - maneggia malino l’italiano ed è taciturno di suo, e con su la mascherina è impossibile capire quel che dice - ma mi son sentito di salutarlo affabilmente, entrando: “Ehi, Fedelico, che bello che avete riaperto, come va?”. Lui ha risposto con simpatia: “Whhbedbehwbkjekzun”. “Ahah!” ho detto io. Fedelico ha afferrato un bicchiere per servirmi quello che per me è “il solito” ma io l’ho bloccato. Vetro, ho pensato. Germi, batteri insidiosi, ho pensato. Che magari uno dice: c’è la lavastoviglie. Eh, sì, bravo lui: certo, ma nel frattempo? Chi l’ha toccato? Per la prima volta ho pensato a quante decine, centinaia di bocche si sono affacciate sull’orlo di quello stesso bicchiere e tra queste la mia e sono inorridito: mioddìo, che vita incosciente, la nostra di prima.“No”, ho detto a Fedelico: “dammi una birra in bottiglia”. Ho riflettuto: la birra in bottiglia è perfetta, il tappo a corona difende il bordo su cui si posano le labbra: mi sono fatto i complimenti da solo, sono un campione di scaltrezza.Fedelico ha afferrato la birra, l’ha stappata e prima di posarla sul bancone, come nulla fosse ha passato indice e pollice sull’orlo della bottiglia lentamente e con molta cura, per togliere gli ultimi residui di stagnola. Io guardavo la scena, agghiacciato. Ho valutato la possibilità di cospargere l’orlo della bottiglia con del gel sanificante - in fondo è alcool anche quello, tutto fa brodo - ma poi no, ho rimediato con un tovagliolino. A furia di essere strofinato, quel bordo di bottiglia era diventato lucidissimo.Nel bar silenzioso, non uno straccio di cliente, e nemmeno di un giornale. Del resto è giusto: sono ricettacoli di batteri, i giornali, meglio stare alla larga. In altre epoche molto più facilone e superficiali di questa, a Chinatown, il quotidiano era lì sul bancone ad aspettarti - a meno che qualche raro frequentatore non lo scambiasse per un quotidiano da asporto, cosa che a volte succedeva. Eh, ma adesso la musica è cambiata: niente giornale. E niente avventori. Perfetto, non c’è pericolo di distrarsi. Che qui l’attenzione è tutto.A quel punto ho girato lo sguardo verso lo specchio alla parete. Dallo specchio ha ricambiato l’occhiata un tizio con la mascherina fino agli occhi e una birra col bordo lucidissimo in mano. Nel silenzio di Chinatown, stava lì. Guardingo e solo.Sarà ben bello, tornare al bar?