L'atrabilioso

Market number One


Siccome non lavoro da un anno (cioè, non è proprio così, ma insomma), siccome i ristori sono pochi e soprattutto per me sono già finiti ("Lorè, ie nun puozze sapé, tu devi chiamà all'INPESE, pé mmé quaccheccosa angora te deveno dà" mi aveva detto il mio sempre informatissimo commercialista, io ho chiamato l'inps e mi hanno detto "Non ci risulta"), siccome non fare un cazzo mi piace solo per un po' poi mi stanco, siccome un'anima buona mi ha dato questa opportunità, mi sono messo a fare i mercati. Non so se sarà il mio nuovo lavoro, quanto durerà eccetera, ma al momento il mio orizzonte è una foresta di tende, tovaglie e asciugamani. Per ora mi tocca soprattutto la parte più manuale della professione: sistemare la merce sul banco al mattino, riporla nel furgone a fine giornata, carico e scarico dai grossisti ecc. Qualcosina ho anche cominciato a vendere: il mio primo tappetino (per me una specie di parente del famoso "Numero Uno", il primo decino guadagnato da zio Paperone) mi ha dato un'emozione pari quasi al primo bacio, o alla prima uscita al pubblico a teatro.Ma ne ho da imparare: è pazzesca la quantità di tende esistente al mondo, pazzesca la quantità di tende che si spossono stipare in un furgone, e pazzesca anche la varietà delle tipologie umane delle clienti (quasi sempre donne, quasi sempre assai agées). Da quella che annuncia un amore sconfinato per il colore della tal tenda, ma peccato per il soggetto: delle farfalle, "e io fin da bambina ho un'invicibile repulsione per quell'orribile animale"; a quella che insiste dieci minuti per assicurarsi che la tal tovaglia "non va stirata, vero? si stira da sè solo stendendola, VERO?" perchè "non ho tempo e stirare è la cosa che più mi repelle al mondo".Insomma un bel catalogo di repulsioni. Ma anche un posto dove spiarla, questa strana umanità. Che non si sa mai. Un giorno tutto potrebbe tornare utile.