L'atrabilioso

Uno non va in scena per dieci mesi e poi


L'agghiacciante stupidità umana, della quale abbiamo sempre maggiori e notevoli riscontri, si è palesata tantissimo in questi giorni, ma quando ti tocca di persona riesce ancora a stupirti. Di che parli? direte voi. Ebbene: andare in scena dopo dieci mesi proprio nel giorno in cui diverrà obbligatorio l'utilizzo del green pass (e avendolo sottolineato nei canali social per dare modo ai potenziali spettatori di tenerlo presente) ha acceso molto gli animi ai devoti dell'insulto, ai nostalgici di un ribellismo comodo, meglio se da attuare in coro che è meno rischioso, senza tanto far caso alle ragioni, alle cause e agli effetti. Tra l'altro, in questo nostro mettere in scena (o meglio, nel raccontare) la vita di un uomo che si professava anarchico e nello stesso tempo richiedere come da disposizioni governative (non nostre) l'utilizzo del green pass, tutte queste belle anime rivoluzionarie trovano una contraddizione da ridicolizzare, disapprovare, offendere. Eppure in teoria non sarebbe così complicato da capire: siamo gente che fa teatro, siamo cantastorie: non è che se raccontiamo la storia di un anarchico vuol dire che siamo anarchici anche noi; per fare un esempio l'altro giorno abbiamo fatto uno spettacolo-degustazione e guarda un po', non siamo alcolisti. Urca, che contraddizione!Perdonate. Avevo bisogno di uno sfogo.