L'atrabilioso

Chimere


Credo, in seguito ad un episodio accaduto recentemente, di aver capito (o meglio, ho visto confermato) quello che arrivo quasi a chiamare un vizio della mia coscienza. Ovvero: non è nella vita concreta, quotidiana, o negli incontri, nei fatti, nel tatto, nella carne la parte più rilevante di ciò che "mi parla"e in cui più mi riconosco e ritrovo me stesso; ma piuttosto nel corollario di immaginazione che ne segue, nelle fantasticherie che prendono il via da una parola non detta, da un gesto trattenuto, specialmente anche da un rimpianto che riemerge a poco a poco, dolce o doloroso. La vita che vivo "di fatto" insomma non è che una parte, quella visibile, tangibile, ma per me non certo l'unica, non la più importante (o meglio: lo sarebbe, ma non riesco a rinunciare a me stesso e alle mie derive, che son derive inevitabilmente solitarie e a volte non del tutto comprensibili nemmeno per me).Non so bene da che cosa derivi questa attitudine puerile e un pocolino masturbatoria, ma forse non me l'ero mai detto con chiarezza.E' già qualcosa? Mah. Chissà, forse lo dico solo per segnare almeno un punticino a mio favore.E adesso, ho come un nodo alla gola.