L'atrabilioso

Non so bene come succeda


Non so bene come succeda, ma ogni tanto ti capita un allievo che puoi urlargli dietro finchè vuoi, puoi insistere, puoi spiegargli in dieci lingue che imparare a memoria le battute è importante e che, guarda un po', per farlo si deve studiare; magari gli dici anche che potrebbe registrarsi le battute e riascoltarsi, qui ci si inventa di tutto ma niente, questo NON LE IMPARA. E capisci a un certo punto che non è più neanche una questione di studio, ma quasi organica, fisiologica, come se all'allievo in questione mancasse una valvolina nel cervello, quella che aiuta a memorizzare le parole. Ora, è vero che le persone di questo tipo sono quasi sempre mature, a volte anziane (ho avuto anche degli ottantenni nei miei corsi), ma se ne trova anche tra i più giovani, ad esempio tra i cinquantenni (ahah) o tra i più giovani ancora. Ieri, ormai sconfitto davanti all'impossibilità di far imparare alla shakesperiana balia di Giulietta le (non troppe) battute della sua scena, mi sono arreso e ho pensato di farla entrare in scena con in mano il bollettino parrocchiale che può sbirciare di quando in quando, e sul quale la nostra smemorata ha provveduto ad appiccicare le due pagine con le battute.Mezzucci, si dirà. Ma di fronte alla vertigine di un vuoto di scena è meglio attrezzarsi con un paracadute.A volte succede che mi chiedano: ma tu come fai? Di solito rispondo: studio. Conoscendoli, mi aspetto che qualcuno una volta o l'altra reagisca con un "oh!" di meraviglia.In verità uno degli allenamenti migliori è stato lavorare in questi ultimi anni col mio collega E., che impara i testi al 60/70% (pigrizia, credo) e il resto è improvvisazione - e per improvvisare in libertà la memoria deve essere solidissima, per riacciuffare il testo quando è necessario. Ricordo ad esempio che una volta, durante la seconda replica di uno spettacolo, eravamo poco dopo l'inizio e improvvisamente si sbagliò e cominciò a dire delle battute che dovevano dovevano essere dette  mezz'ora dopo. Io sono stato al "gioco" ma negli occhi avevo il panico, insomma non so come dopo un po', improvvisando, siamo riusciti a ricominciare a dire il testo da dove ci eravamo fermati. Alla fine, quando si è chiuso il sipario, l'avrei strangolato. Lui mi guardò e disse, bello placido: "Dì la verità, che ti faccio divertire". In quell'occasione ho perso un anno di vita ma ho capito delle cose; e adesso ormai mi sono abituato a un tipo di recitazione come forse si faceva solo ai tempi dell'avanspettacolo, con larga parte improvvisativa. E devo dire, che si entra in scena molto più tranquilli, anche se sembra strano. Insomma concludendo forse è proprio questa la cosa che ti fa imparare meglio le battute: la tranquillità. E il piacere di stare in scena. Recitare è una deriva, bisogna avere il coraggio di staccare le mani dalla riva e lasciarsi andare. E scoprire che è bellissimo.