L'atrabilioso

Kafkianamente


Per qualche ragione faccio quasi sempre solo sogni in cui mi trovo in estrema difficoltà, in situazioni complicate e ansiogene. Anche se si tratta di sogni affollati di gente, l'unico incapace di cavarsela sono sempre solo io. Immagino sia una tipologia di sogno abbastanza diffusa, ma mi piacerebbe sapere cosa c'è sotto, e perchè a me succeda sempre così.A suo tempo mi cimentai anche nella lettura non semplice de L'interpretazione dei sogni, ma al di là dell'apprezzamento per la magnifica arte scrittoria del vecchio Sigmund, io tra sogno latente, sogno manifesto, camuffamento dovuto al lavoro onirico e tutte quelle storie lì, ecco, mi perdevo e soprattutto trovavo impossibile l'autointerpretazione. Per di più mi dicono che il lavoro di Freud lo si ritiene ormai abbastanza superato. E non saprei dove altro guardare, per capire il sogno di stanotte. Comunque eccolo qua.Mi richiamavano a fare il militare. Di nuovo a Trieste. Si dirà: è un sogno indotto dalla situazione mondiale. Può darsi, ma lì sembravano tutti tranquilli. Tranne me. C'era un sacco di gente, conoscevo quasi tutti, gente della mia età soprattutto, uomini e donne. La promiscuità tra i sessi però sembrava non turbare nè interessare nessuno, anche perchè tutti avevano il loro bel daffare, una volta arrivati in caserma. Io non riuscivo neanche a trovare la mia camerata. La caserma era molto diversa da quella vera in cui feci il mio militare, sembrava piuttosto una sterminata fortezza kafkiana, piena di scale e camerate e corridoi infiniti. Tutti trovavano il loro posto letto, io naturalmente no. Mi affacciavo sulla soglia delle camerate, consultavo l'elenco appeso alla porta ma il mio nome non c'era mai. Facevo su e giù nei vari piani, sempre più affannato, quando una specie di superiore, tranquillo, mi diceva: ma lei non deve stare qui, deve andare al distaccamento poco lontano.Andavo al distaccamento poco lontano. In macchina. Ma non trovavo parcheggio. Vi giuro, era impossibile parcheggiare, lì. E poi c'erano le striscie blu. Non potevo parcheggiare nelle striscie blu, per qualche ragione lo sentivo come un azzardo pericolosissimo. E così giravo e giravo, e si faceva sempre più tardi. Ad un certo punto mi fermavo di fianco a un capannello di ragazzi coi capelli lunghi, cui chiedevo: non siete militari, vero? Loro ridacchiavano commentando in una lingua tipo ungherese. Poi chiedevo se c'era un parcheggio che non fosse striscie blu, e uno biondo e riccioluto mi guardava con compatimento, indicando una strada più in là. Ricominciavo a girare, ed era quasi notte. E dappertutto, solo striscie blu. Sempre e solo striscie blu.Poi dice che uno si sveglia stanco.