L'atrabilioso

Trent'anni, un istante.


Domani, saranno trent'anni che mio padre non c'è più.A pensarci oggi, che ho vissuto di più senza la sua presenza, che con lui, mi sembra assurdo, inaudito, quasi come se qualcuno mi stesse giocando un qualche tiro, scombinandomi la memoria, dilatando e restringendo i tempi della mia vita. In sostanza, questi trent'anni sono stati - mi sono sembrati - un niente, un soffio, un istante, il suono di un risucchio sordo in una stanza vuota. Mentre prima, quel tempo perduto dell'infanzia e della giovinezza, così pieno, dilatato, è sembrato abbracciare secoli, epoche. Non so perchè la vivo così. Si deve a mio padre, questo? Mi sembrerebbe così strano: non era il tipo di genitore ingombrante, anzi: discreto e rispettoso in tutto, non avrebbe mai voluto riempire uno spazio non suo. Eppure la sua morte deve pur aver rappresentato, per me, uno spartiacque importante, se è vero, come è vero, che nulla, dopo, è stato più come prima, e ho deciso di rimescolare tutte le carte. Per sentire meno un'assenza? Forse. Ma lo penso solo ora, ed è difficile pensare che sia così.Certo una cosa colpisce, una cosa l'ho imparata, con mia grande sorpresa: quanto si continua a parlare, con chi non c'è più. Non si tratta di consolazione, ma di necessità. Per capire che cosa si è stati e cosa si è, le voci scomparse, tornano. E ci parlano.