Visto che qui ai contatori sono agli sgoccioli, e che entro un paio di giorni darò le mie dimissioni, si è pensato bene di affiancarmi una persona ad imparare il mestiere. Da due giorni non fa che piovere, e la campagna attorno a Rami di Ravarino sta diventando, o tornando ad essere, una gigantesca palude. L’idea di dover spiegare il lavoro a un ragazzo mentre il cielo ci cade sulla testa e noi sprofondiamo nella melma non mi fa impazzire dalla gioia, ma tant’è, mi tocca. Lui arriva puntuale e si presenta col suo bravo nome da ragazzo: Alex. Sprizza ottimismo e voglia di imparare, Alex. Tre ore dopo saranno entrambi annegati. Ecco, questo è un pozzetto, Alex - gli dico, mentre certe gocce d’acqua riescono chissà come a scendermi fin giù nel collo: nonostante l’ombrello, l’impermeabile e il cappuccio tirato su. Bisogna tirare su la lapide usando questo gancio, Alex. Sì, Alex, si chiamano lapidi. E’ di ghisa, sì, è pesante. Apro. “Maronn’ che schifezz’!”. “Tranquillo, Alex, sono solo cappotti, maglioni e sciarpe, questa è gommapiuma, è che la gente ha paura che il contatore geli, capisci?”. “Ma è tutto schifoso”. “Sì, imputridisce tutto, qui dentro, ma non c’è niente da fare, continuano a riempirli”. Nonostante non venga una gelata da secoli, penso. “E bisogna tirarla su con le mani?”. Pausa. “Hai un’altra idea?” Bene, c’è da fare il lavoro: ti faccio vedere, Alex. Vado, risalgo alla superficie e non devo sembrare un pescatore di perle del Pacifico - ma per darmi un tono metto su la faccia dura di uno che ne ha viste tante. Tra un’ora abbiamo appuntamento, Alex. Fuori piove ancora. Buona giornata a noi.
Acqua sull'acqua
Visto che qui ai contatori sono agli sgoccioli, e che entro un paio di giorni darò le mie dimissioni, si è pensato bene di affiancarmi una persona ad imparare il mestiere. Da due giorni non fa che piovere, e la campagna attorno a Rami di Ravarino sta diventando, o tornando ad essere, una gigantesca palude. L’idea di dover spiegare il lavoro a un ragazzo mentre il cielo ci cade sulla testa e noi sprofondiamo nella melma non mi fa impazzire dalla gioia, ma tant’è, mi tocca. Lui arriva puntuale e si presenta col suo bravo nome da ragazzo: Alex. Sprizza ottimismo e voglia di imparare, Alex. Tre ore dopo saranno entrambi annegati. Ecco, questo è un pozzetto, Alex - gli dico, mentre certe gocce d’acqua riescono chissà come a scendermi fin giù nel collo: nonostante l’ombrello, l’impermeabile e il cappuccio tirato su. Bisogna tirare su la lapide usando questo gancio, Alex. Sì, Alex, si chiamano lapidi. E’ di ghisa, sì, è pesante. Apro. “Maronn’ che schifezz’!”. “Tranquillo, Alex, sono solo cappotti, maglioni e sciarpe, questa è gommapiuma, è che la gente ha paura che il contatore geli, capisci?”. “Ma è tutto schifoso”. “Sì, imputridisce tutto, qui dentro, ma non c’è niente da fare, continuano a riempirli”. Nonostante non venga una gelata da secoli, penso. “E bisogna tirarla su con le mani?”. Pausa. “Hai un’altra idea?” Bene, c’è da fare il lavoro: ti faccio vedere, Alex. Vado, risalgo alla superficie e non devo sembrare un pescatore di perle del Pacifico - ma per darmi un tono metto su la faccia dura di uno che ne ha viste tante. Tra un’ora abbiamo appuntamento, Alex. Fuori piove ancora. Buona giornata a noi.