L'atrabilioso

Sì, viaggiare


E' un pezzo che non viaggio. Ne avrei voglia. Me ne viene in mente uno, di qualche tempo fa.  “Ho bisogno di una vacanza”. Così pensavo, in quei giorni. “Sì, va bene, lavoro ce n’è poco e soldi ancora meno, ma non si può sempre rimandare. E poi, questo è in assoluto il periodo migliore per partire!”. Infatti, era il pomeriggio dell’11 settembre 2001. Io e il mio amico Nick abbiamo questo sesto senso, questo tempismo perfetto. L’appuntamento era all’aeroporto di Bologna per prenotare il viaggio. Lui arriva, col volto terreo. Mi farfuglia due o tre cose su quanto sta accadendo. Non sono sicuro di avere capito bene, e in quella mi telefona un’amica: “sono davanti alla tv, sta capitando questo e questo, anche adesso, mio dio!”. Corriamo al bar, dove la radio manda le notizie - noi ascoltiamo muti. Restiamo in silenzio per un po’.  “Che facciamo, NicK?” “Non so. Partiamo lo stesso?” “Beh, sì. Magari sì” “Tu come lo vedi il treno?” “Ho sempre apprezzato i treni” “Lo stesso per me. Esisterà un treno per Lisbona?” Esisteva. Sembrava non arrivare mai a destinazione (“mi spiace, non c’è disponibilità nel vagone letto”, sono sceso dal treno praticamente nella posizione seduta, ci ho messo un po’ a tirarmi su) ma insomma esisteva. Lisbona è una città pazzesca, e in quel viaggio non ci siamo fatti mancare niente: abbiamo girato il Rossio e l’Alfama, abbiamo mangiato il baccalà e bevuto come dei portoghesi (che nel campo sono dei professionisti), abbiamo preso la funicolare e naturalmente ci siamo innamorati di quella cantante di fado, alla taverna. Una settimana passa in fretta, e anche se l’idea di rimettere piede su un treno mi dava la nausea, non avevamo scelta. “Niente aerei, vero, Nick?” “Niente aerei” Volevamo stare al sicuro. Come sicurezza non c’è stato male: il treno del ritorno è deragliato dopo 200km. Se sono qui a raccontarvelo, significa che non è stato poi così grave. Le carrozze si sono solo appoggiate alla banchina di una stazione, nella campagna spagnola, e nessuno si è fatto male. "Tutto bene, Nick?""Tutto bene"Qualcuno, nel vagone letto, deve essere precipitato giù. C'è un giapponese che, chissà perché, alza il pantalone del pigiama e mi mostra un ginocchio curiosamente aguzzo, scalfito da un piccolo graffio. “Ehi, amico, non sono un dottore: comunque il tuo ginocchio è ok”. Ci sono voluti un pullman, cinque treni e due giorni per tornare a casa. Scegliete bene le vostre vacanze.