Così, giusto per ricordare che questo Paese ha prodotto anche altri uomini.Avete mai sentito dire di qualche fabbrica di campane? Io non ci avevo mai pensato, al fatto che da qualche parte dovevano pur costruirle. La prima volta me ne parlò Ming, il partigiano Ming. Quello era stato il suo lavoro da ragazzo: costruire campane. Poi coi primi bombardamenti la fabbrica venne distrutta e lui rimase senza lavoro."Non avevo niente da fare, c'era solo della miseria, prendevo l'autobus e giravo per vedere se trovavo da lavorare ma niente. Poi un giorno sono saliti dei fascisti sull'autobus e mi hanno offeso e picchiato, e io non avevo fatto niente! Alàura a 'io det: basta!"Era un tipo affabile, Ming. Sedevamo a casa sua, al tavolo della cucina, e alle sue spalle c'era un merlo indiano in una grande gabbia. Ming a volte si accalorava nel racconto e allora picchiava un pugno sul tavolo e il merlo rispondeva con un fischio acuto. La registrazione che ancora conservo di quel nostro incontro è in gran parte fatta così: racconto, pugno, fischio; racconto, pugno, fischio.Parlava della sua storia come fossero avventure, e per lui doveva essere stato proprio quello, almeno all'inizio."Avevo sentito che c'erano dei ragazzi che erano andati su in montagna, ho preso un fagotto, c'ho messo due stracci l'ho legato a un bastone e son partito. Su, dai ribelli". E il nome come l'ha scelto? gli chiedevo.E lui: "Ah, mi chiamavano così fin da piccolo. Era successo che per sceglierci un soprannome avevamo attaccato una storia di Flash Gordon al muro e avevamo fatto il tiro a segno e io avevo colpito Ming, il nemico acerrimo di Flash. Non è che ero così contento ma me lo sono tenuto, anche da partigiano". Pronunciava Ming con la "g" dolce, come gelo."Quando sono arrivato su in montagna non sapevo neanche dove andare a cercarli, quei ragazzi là. A un certo punto un gruppetto mi si è fatto incontro nel bosco e con le facce dure m'han chiesto: 'Te chi sei? Cosa sei venuto a fare qui?' e io 'Son venuto da voi' e loro 'Ah sì? Perchè noi chi siamo?' e io 'Per me voi siete i ribelli'" Rideva e aggiungeva "Oh, mi è andata bene, erano davvero loro".C'era un buco nero nella storia di Ming, uno scontro al buio tra partigiani che si sparano addosso per via di un malinteso su una parola d'ordine."E' rimasto ucciso uno quella volta, e io non lo so se. Non lo so se sono stato io. Non lo so"Dopo lo sfondamento della Linea Gotica era rimasto coinvolto in uno scontro a fuoco coi tedeschi ed aveva resistito a lungo dentro una casa a Loiano, nell'appennino bolognese. Insieme a lui c'era un militare americano, e ne parlava ancora con amicizia."Io volevo solo che finisse la guerra. Non ne potevo più della miseria e non ne potevo più dei fascisti. Per me era abbastanza. E' questo che spiego ai ragazzi quando vado nelle scuole: non serve altro se non la voglia di farla finita con qualcosa che non ci piace"MING (1925-2009)
Italia Anno Niente (Reprise)
Così, giusto per ricordare che questo Paese ha prodotto anche altri uomini.Avete mai sentito dire di qualche fabbrica di campane? Io non ci avevo mai pensato, al fatto che da qualche parte dovevano pur costruirle. La prima volta me ne parlò Ming, il partigiano Ming. Quello era stato il suo lavoro da ragazzo: costruire campane. Poi coi primi bombardamenti la fabbrica venne distrutta e lui rimase senza lavoro."Non avevo niente da fare, c'era solo della miseria, prendevo l'autobus e giravo per vedere se trovavo da lavorare ma niente. Poi un giorno sono saliti dei fascisti sull'autobus e mi hanno offeso e picchiato, e io non avevo fatto niente! Alàura a 'io det: basta!"Era un tipo affabile, Ming. Sedevamo a casa sua, al tavolo della cucina, e alle sue spalle c'era un merlo indiano in una grande gabbia. Ming a volte si accalorava nel racconto e allora picchiava un pugno sul tavolo e il merlo rispondeva con un fischio acuto. La registrazione che ancora conservo di quel nostro incontro è in gran parte fatta così: racconto, pugno, fischio; racconto, pugno, fischio.Parlava della sua storia come fossero avventure, e per lui doveva essere stato proprio quello, almeno all'inizio."Avevo sentito che c'erano dei ragazzi che erano andati su in montagna, ho preso un fagotto, c'ho messo due stracci l'ho legato a un bastone e son partito. Su, dai ribelli". E il nome come l'ha scelto? gli chiedevo.E lui: "Ah, mi chiamavano così fin da piccolo. Era successo che per sceglierci un soprannome avevamo attaccato una storia di Flash Gordon al muro e avevamo fatto il tiro a segno e io avevo colpito Ming, il nemico acerrimo di Flash. Non è che ero così contento ma me lo sono tenuto, anche da partigiano". Pronunciava Ming con la "g" dolce, come gelo."Quando sono arrivato su in montagna non sapevo neanche dove andare a cercarli, quei ragazzi là. A un certo punto un gruppetto mi si è fatto incontro nel bosco e con le facce dure m'han chiesto: 'Te chi sei? Cosa sei venuto a fare qui?' e io 'Son venuto da voi' e loro 'Ah sì? Perchè noi chi siamo?' e io 'Per me voi siete i ribelli'" Rideva e aggiungeva "Oh, mi è andata bene, erano davvero loro".C'era un buco nero nella storia di Ming, uno scontro al buio tra partigiani che si sparano addosso per via di un malinteso su una parola d'ordine."E' rimasto ucciso uno quella volta, e io non lo so se. Non lo so se sono stato io. Non lo so"Dopo lo sfondamento della Linea Gotica era rimasto coinvolto in uno scontro a fuoco coi tedeschi ed aveva resistito a lungo dentro una casa a Loiano, nell'appennino bolognese. Insieme a lui c'era un militare americano, e ne parlava ancora con amicizia."Io volevo solo che finisse la guerra. Non ne potevo più della miseria e non ne potevo più dei fascisti. Per me era abbastanza. E' questo che spiego ai ragazzi quando vado nelle scuole: non serve altro se non la voglia di farla finita con qualcosa che non ci piace"MING (1925-2009)