Creato da: je_est_un_autre il 04/11/2008
Date la colpa alla mia insonnia

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Messaggi di Luglio 2018

 

La luna, il dito, la zampa

Post n°337 pubblicato il 30 Luglio 2018 da je_est_un_autre

Ci sono cascato anch'io, del resto per giorni non s'è parlato d'altro.
Chiaramente non sono stato l'unico a pensare: adesso vado a dare un'occhiata. 
Me ne sono accorto arrivando ai Giardini Margherita dall'ingresso che si affaccia su Porta Santo Stefano, con tutta una folla che entrava. A me più che allegria la cosa metteva imbarazzo, ad essere tutti lì. Ho pensato, spero almeno che sia rossa per davvero e grande così come nelle foto sui giornali.
La rotta per arrivare al punto di osservazione l'ha decisa il cane Spike, che  ha paura della gente ma ama i Giardini, e insomma dopo qualche incertezza nel superare un telescopio vagamente domestico con tutta una fila in attesa dietro, ha proseguito fino ad uno spiazzo tranquillo e lì si è fermato come a dire: qui va bene.
Abbiamo cercato la luna e l'abbiamo trovata: era più bassa sull'orizzonte di come mi sarei aspettato, appena sopra i palazzi e sotto i rami di certi pini enormi.
La prima sorpresa è stata che era piccola. Piccola proprio. Rossa forse sì, un po', ma più che rossa sembrava come nascondersi dietro un velo di nebbia rugginosa. Con un'unghietta luminosa in alto.
Alle 22.20 (più o meno), ovvero l'ora X per vedere l'eclisse in tutta la sua potenza, ho guardato meglio ed era sempre uguale a prima, piccola, con la copertina di ruggine e l'unghietta. Mah.
Intanto Spike aveva fatto conoscenza e flirtato con decine di cani appartenenti ad altrettanti astrofili dilettanti. Non c'era più niente da vedere e così siamo tornati a casa e in mezzo a cento facce umane perplesse erano proprio loro, i cani, a essere più contenti.
Secondo me l'hanno organizzata loro, l'eclisse.

 
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Quadretti

Post n°336 pubblicato il 22 Luglio 2018 da je_est_un_autre

Io c'ho avuto una bella fortuna: fin da piccolo mi hanno abituato ad andar per mostre, musei eccetera. Un po' mi ci portavano i miei - senza preparazione ma curiosi per le cose d'arte - ma forse ancor di più quando facevo le vacanze con gli zii, entrambi insegnanti di educazione artistica e pure un po' pittori. Insomma l'humus era quello.
Certo, questo non è servito a far di me un intenditore, tutt'altro. Diciamo che mi faccio bastare la sensazione di appagamento e di benessere che provo in un posto pieno di opere d'arte. Naturalmente, sarà che il nostro Paese è stato "la culla del Rinascimento"  - formulina comoda e abusata che riempie di tristezza a constatare quello che siamo riusciti a diventare - è soprattutto l'arte tra Quattrocento e Cinquecento quella che mi colpisce di più. E poi, soprattutto, è bella perchè sembra che non ci sia molto da capire: una Madonna è una Madonna, un Angelo è un Angelo, un'Annunciazione è un'Annunciazione. (Poi non è sempre esattamente così, è ovvio, ma scusate se uso l'accetta per un argomento che meriterebbe un delicato cesello).
Altro discorso va fatto con l'arte moderna. Per dire, l'altro giorno ero alla Guggenheim di Venezia per l'augusto genetliaco della Mother, gliel'avevamo promesso da un anno.
Mi aspettavo di trovare qualcosa di poco commestibile, e invece mi sono sorpreso. L'ho trovata bella. Sto facendo dei passi avanti, mi son detto.
Mi è piaciuto quasi tutto. Kandinskij, per dire. Quel Kandinskij la sapeva lunga, davvero. Non c'è un colore fuori posto, una linea di più o di meno, c'è invece una precisione, una perfezione da lasciare a bocca aperta.
O Max Ernst, che ti inventa dei mondi che non ci sono. O Magritte. Insomma, bello, proprio.
Poi c'è un'ala della collezione che non è proprio il Guggenheim ma ha un altro nome (meglio cautelarsi, avranno pensato) e abbiamo visto anche quella. Cosa fai? Sei lì e non entri? Siamo entrati.
Lì dentro ci sono delle opere di artisti meno noti, forse anche più sperimentatori, un po' estremi. Le reazioni sono diverse. C'era una comitiva di giovani giapponesi ad esempio che sembrava felicissima di bombardarsi di selfie davanti a quattro piastrelle smaltate di bianco lucidissimo, o davanti a tele che dentro a un fondo di un certo colore hanno un quadro più piccolo ma di colore diverso. Ce n'è una serie, di quei quadri lì. Ma tutto sommato li ho trovati innocui. Quello che non mi è sembrato del tutto innocuo (o forse dovrei dire innocente) è stato un altro quadro che mi ha molto colpito. Si intitola Rose (nel senso della rosa, il fiore, ed è un titolo rassicurante in mezzo a tanti "Concetto spaziale 2,3" o, chessò "S/Z1") ed è un bel quadrone grande così.
Bianco, pieno solo di esili righine a quadrettini che lo rendono un po' una griglia. E basta. A me ha fatto venire in mente i quaderni a quadretti su cui Suor Giuliana ci faceva disegnare le aste, all'asilo, per educare le nostre mani incerte.
Voi direte: e perchè ti ha colpito così tanto? Ebbene, perchè lì, unico caso in tutta l'ala del Guggenheim che non è il Guggenheim, hanno pensato bene di metterci una spiegazione, di fianco al quadro, una specie di piccolo apparato critico. Ho pensato: oh, bene, mi ci voleva, l'hanno messo proprio per quelli come me. Solo che.
Quindici righe scritte in cui mi dicono che lì dentro, in quella tela a scacchi, c'è lo "splendore e la bellezza della rosa" (cito a memoria), e che è chiaro il "richiamo al mondo biologico" e alla "spiritualità della natura".
Diobuono. Io ci provo, a vedere tutte quelle robe lì. Ho provato a vedere in mezzo ai quadretti se si vedeva almeno l'ombra di un petalo, ho anche annusato la tela per sentire se sapeva di rosa. Niente.
No, vabbè. So che l'arte moderna è nel concetto, è nel pensiero che sta dietro un'opera. So che non è più la pennellata virtuosistica quello che conta. La bellezza ha cambiato aspetto. Forse anzi la bellezza non c'entra più niente. Però, detto questo, fatico a mettere da parte la vaga sensazione che mi si stia prendendo per i fondelli.
Ma di sicuro sono io che sbaglio.
Comunque prima della prossima mostra d'arte moderna mi prescrivo un Piero della Francesca e un Parmigianino. E anche un Prosecco.
Che devo rifarmi un po' la bocca.

 
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L'Armando

Post n°335 pubblicato il 14 Luglio 2018 da je_est_un_autre

L'Armando è un bidello. Un bidello dell'università. Non è che esiste veramente, è una figura di fantasia, l'Armando. Se la cosa andrà in porto, diventerà uno dei personaggi di una serie ambientata nell'ateneo bolognese. Per ora meglio non correre troppo, una cosa per volta: domani si apriranno le auguste (?) porte dell'Alma Mater per le prove e quindi lunedì ci sarà il primo ciak per la puntata pilota, e poi se son rose.
Io farò l'Armando.
Ho pensato a come farlo, a una figura cui ispirarmi. E lì mi è tornato in mente il bidello dal buco in testa. Lo chiamavamo così per via di una stupefacente rientranza situata proprio in mezzo alla sua fronte, dentro la quale potevi sistemare comodamente una pallina da ping-pong. Sembrava sempre incredibilmente stanco, e la stanchezza si rifletteva anche nella bussata alla porta che lo annunciava, una bussata sfinita, quasi morente. Entrava per comunicare qualcosa al professore ma non raggiungeva la cattedra, faceva appena un passo entro la soglia ed esalava il messaggio al docente a volume bassissimo. Nessuna espressione accompagnava queste comunicazioni, al massimo poteva muovere appena un sopracciglio come a dire: io l'ho detto, poi fate voi. A quel punto il docente fingeva di aver capito e congedava il bidello dal buco in testa con un saluto.
E lì, accadeva qualcosa di strano: c'erano come due secondi di apnea, di sospensione, un tempo lunghissimo in cui il bidello rimaneva completamente immobile al punto che ti veniva da sospettare che fosse morto ma al tempo stesso troppo stanco per cadere fino a terra. Poi, dopo un breve sussulto che faceva appena vibrare il camice sporco di gesso, tornava sui suoi passi e si chiudeva la porta alle spalle lentamente, lentissimamente.
Negli anni ho visto parecchi bidelli, ma tutti avevano questa stanchezza congenita. Il bidello dal buco in testa però li batteva tutti.
Mi è tornato in mente, e domani ai registi glielo propongo un po' così.
Che del resto, andare a lavorare di domenica mi fa già sentire un po' stanchino.

 
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I Dialoghi Impossibili: Io & Arturo (XXV)

Post n°334 pubblicato il 01 Luglio 2018 da je_est_un_autre
Foto di je_est_un_autre

IO: Sai, a volte ti invidio.

ARTURO: Cos'è, muori dalla voglia di assaggiare i bocconcini Gastrointestinal?

IO: La tua imperturbabilità. Sembra che niente possa farti muovere da quell'erba.

ARTURO: Ah, certo io non farei tutte le scale per venire a fotografare te sdraiato su un prato.

IO: Sì, e tra l'altro mentre scattavo le zanzare tigri mi divoravano.

ARTURO: Curioso che non ti abbiano mai assoldato come fotografo di guerra.

IO: Ci ho spremuto sopra del limone, dovrebbe alleviare il prurito.

ARTURO: Il limone lo devi spremere sulle cotolette, non sulle punture di zanzara. Ti tengo d'occhio, ragazzo. So che ieri hai cucinato le cotolette e non mi hai nemmeno invitato.

IO: La tua dieta non lo prevede, non è colpa mia.

ARTURO: Continua pure a dar credito a quella tua dottoressa.

IO: Beh, adesso con la medicina omeopatica sembra averla azzeccata.

ARTURO: Ha un gusto tremendo. E poi su, la medicina omeopatica. A un gatto. C'è da uscire pazzi.

IO: Ehi, che stai facendo? Mangi l'erba? Beh, sì, bravo, ti fa bene.

ARTURO: Ecco cosa sono costretto a fare: nutrirmi di radici per combattere questo stato di denutrizione. Ce ne sarebbe abbastanza per sentirsi straziati dalla commozione e tu sei lì felice come una pasqua.

IO: Bene, torno su.

ARTURO: Ehi! Aspetta. Ho mangiato i Gastrointestinal lunedì martedì mercoledì giovedì venerdì e sabato. Sarà pure domenica anche per me, no? Un mezzo piatto di tortellini? Un quarto di cotoletta? Una fetta di prosciutto?...

IO: Al massimo una grattatina di parmigiano sui Gastrointestinal, comunque dopo vediamo. (esce)

ARTURO: ...imperturbabile, dice. Costretto a queste umilianti trattative ogni giorno, coi crampi allo stomaco per la fame, e mi chiama imperturbabile. C'è da uscire pazzi. L'ho detto. Pazzi.

 
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