Amina Narimi

E li chiamo i miei Amici


C’è un linguaggio totaleche continua a propagarsidove  sbuca d’improvviso la tua assenzacon Istanti di pienezzasulla baia dei cipressila potente melodia di una rientranzasulla strada, c’è il rumore originarioil nesso che mi lega e ti allontanada una soglia che separa e torna a unirela percezione del paesaggio al suonocogliendo nel colore  dello sfondo noil’anima di una gioia lancinante,il gemito, dei cipressi senza braccia,che dona il compimento del brusiol’intimità del canto che si spiega  nel respiro-siamo nell’assenza delle immagini il silenzio- Vivono in disparte in cima al campoprossimi ciascuno all’altro,  un corpo soloin mezzo a loro il buio impenetrabilepuò attraversarti di una luce commoventeche non puoi dimenticare. E questo avvieneE li chiamo i miei Amicicome avessimo una mano solanella comunione. Siamo così.Ci ascoltiamo. raccolti a serase chino il capo una pena si fa grande,se lo innalzocomprendo la loro forza dentro il ventoa celebrare quello che han vissuto-se li tocchi iniziano a parlarecoi profumi- con un cantoper non smarrirmi anch’io dico di medelle  ore coi pianeti nella stanzadi quel dolore. Quando chiedono di Te,nel principio e nella fine,si sostengono l’un l’altrosfiorandomi la solitudine, solenni,come fossi  dentro di loro e  in ogni troncola preghiera della sera, un dramma, il compimentole loro braccia insieme, un Padre Nostro, nullae un piccolo anello inesauribile di sillabefino a sentire  il loro sonno sul mio petto.Allora vado Via  fino a domani.