Amina Narimi

Il matrimonio delle palpebre


Tenerezze carnalicome labbra ciechebenedetti rami! e un cuore..Mi sono aggrappata così forteper sapere tra il  tempo del segretoe te, esposta come un orlo sul mio plesso,evocando la realtà la pelle in atto Privilegio e limite le palpebrela tensione di aderire con lo sguardofino a  dove ti sento poi spariresi apre l’anima, la vedi quandostacca via dal tronco e balza fuoricon le cose intorno umane, per vederequando il pane viene via dal cesto che ti portoper sfiorare il buio dell’uccello azzurrodove le parole si sono ritirate, dovesi muore di continuo si rinasce. A pocoa poco imparo col finire la scomparsa-il grido di richiamo e  la risposta:non avere paura di quel vuotose dentro un altro riposa ogni respirose non distingui l’andata dal ritornoc’è dentro un caverna un astro,una cupola di musica del partosonoro fecondato più che amorecon un gestoirradia dal silenzio che rimane Come l’acqua è della terrae del cielo insieme, l’equilibriosolo unendo si rinnova nel perenneper congiungere  ricchezza a povertàCosì  sotto le palpebrenell’infinito ciclo che le fa perfetteunisce un’acqua l’anima alle cosetoccando l’invisibile si tendedal silenzio al suonocome per sposarsi, sempre.