Amina Narimi

Nel cavo delle mani


Ci aveva condotti sul verde del fiumela pura attenzione a un lamento infantile,con le dita leggere di una preghiera,rivolta al più caldo silenzio del greto. Come in piccole orazioni, le ferite, ridevano, sprofondate nella luce, avanzando di ritorno alle radici,col voto di non cogliere mai fiori. Un canale di biancore percepitonella sua immisurabile portatafu il sì assoluto all'ultimo dei viaggi,congiungendo i loro palmi al solo centrodi una lingua imparata da bambini- e tenne fede a una consegna di silenzio,la più straziante di tutte di tutte le scintille,al principio della vita.                                           Poi scomparve dove tieni asciutte le tue cose,parola per parola. Tocco il legno, intorno al tuo carteggio, levigato, e tra le pieghe, che hai sepolto meglio,c'è la gioia di un fiume di portata,dell'acqua che va accanto per istinto,con tutto il peso assunto nelle altezze. Tra i giunchi che si allarganoi tuoi occhisono piccole candele che prepariogni sera, per parlarmi. Non c'è puntoche non veda la tua vitaun riparo, una piccola cappella,tra lo spazio che viviamoe il mondo accanto -le fronde del tuo salice in preghieracon le ali del mio tiglio, tese in cielo,sotto terra e in pieno sole fanno insieme un minuscolo groviglio di radici,ricongiunte nella luce degli anellicome un nido che prepara le sue nozze,nel cavo delle mani capovolte.