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Articoli: prof.ssa Mariarosaria Salerno

Post n°15 pubblicato il 25 Gennaio 2010 da atanatos17
 

 

I MISTERI DELL’IMPERATORE



DAI VATICINI SULLA NASCITA ALLA MORTE


Di Salerno Mariarosaria


Della vita dell’imperatore Federico II di Svevia, figlio di Enrico VI Hohenstaufen e di Costanza d’ Altavilla si conosce quasi tutto: sono state pubblicate infinite biografie, alcune delle quali controcorrenti, altre che hanno evidenziato caratteristiche particolari o aspetti inediti della sua vita. Ciò che ha suscitato il mio interesse è stato sicuramente la sua caleidoscopica personalità: versatile, intelligente, aperta ai più ampi orizzonti della cultura, qualsiasi essa fosse.

Un uomo brillante, dal grande magnetismo. Ma anche la vita di un imperatore, così pubblica e al centro dell’attenzione, presenta dei misteri, fin dalle profezie riguardanti la sua nascita avvenuta a Jesi il 26 dicembre 1194.

Goffredo da Viterbo aveva anticipato al padre Enrico VI, i vaticini della sibilla Tiburtina, che indicava in quel bambino il futuro salvatore, il Cesare che sarebbe venuto a compiere tempi, “ lo scettro del mondo” che avrebbe riunito l’Oriente all’Occidente.

Il mago Merlino, dalla Bretagna, fece sapere che “Egli sarà un agnello da squartare, ma non da divorare, un leone furioso tra i suoi”.

Gioacchino da Fiore, dotato di spirito profetico, avrebbe comunicato ad Enrico VI, che la moglie Costanza era gravida, ma che essendo posseduta dal demonio avrebbe partorito un anticristo, per confondere l’umanità. Si tramanda inoltre che la stessa Costanza, disconoscendo di essere incinta, sognò di dover partorire un tizzone ardente, tizzone interpretato come una fiaccola, quindi una luce per l’Italia.

Di sicuro, Federico fu un uomo particolarissimo, soprattutto per l’epoca, non a caso definito “ Stupor mundi “.

Intraprendente, indomito, rivoluzionario, seppe farsi amare da papa Innocenzo III,suo tutore, divenendo poi ostile alla Santa Sede nel rifiuto delle crociate,che accettò in seguito solo per opportunità politica, riuscendo diplomaticamente ad istaurare accordi con gli Arabi,da cui assorbì le invenzioni scientifiche e tecnologiche, ma anche la filosofia esoterica.

La cultura araba lo influenzò molto,si abbeverò talmente alle fonti dell’esoterismo da essere considerato un “iniziato”. Questo aspetto è trattato ben poco dalle fonti letterarie ,ma è facilmente rintracciabile nelle sue progettazioni architettoniche.

I castelli federiciani sono stati realizzati con riferimenti esoterici molto evidenti.

Il maniero di Castel del Monte, così famoso da essere presente sul retro della moneta da un centesimo, presenta otto lati, otto torri a pianta ottagonale, una corte interna ad ottagono; tali scelte architettoniche non possono ritenersi di natura puramente stilistica o funzionale.

Il numero otto per gli Arabi aveva un significato particolarissimo, che affonda le radici sia nell’esoterismo, che in astrologia: la forma ottagonale infatti trae origine dalla sovrapposizione ruotata di due quadrati ( e quattro sono i punti cardinali) e dall’ottava casa astrologica, settore della morte,ma anche della rinascita, perché alla morte materiale corrisponde una vita spirituale.

Il dualismo del numero otto e dell’ottava casa astrologica è ricco di significati.

Il numero otto inoltre esprime un significato più ampio, basti ricordare che se da verticale diviene orizzontale si ha il simbolo dell’infinito, utilizzato in matematica, pertanto è espressione di una realtà virtuale, fatta di nature parallele, dove vi è doppiezza,inversione, rovescio, sia materiale che spirituale.

E l’astrologia con i suoi misteriosi significati è stata largamente impiegata nelle decorazioni del maniero di Castel del Monte, sede privilegiata di Federico in Puglia, una sede ricca di fascino e di mistero,per gli studi e gli esperimenti che pare fossero condotti, che non può essere considerato baluardo difensivo, né residenza di caccia, bensì laboratorio scientifico, luogo di cultura e di ricerca.

D’altronde la magia e l’esoterismo sono riscontrabili anche nelle “Costituzioni di Melfi”, voluta dall’Imperatore con l’intentato di instaurare un ordinato vivere civile.

Il libro III, ai titoli LXIX - LXX tratta “droga, veleni e filtri d’amore”.

Riferimenti evidenti si riscontrano anche nelle “Leggi Ecologiche”, libro III, titolo XLVIII.

La vita di Federico è stata tutta permeata dallo studio e dall’approfondimento delle conoscenze esoteriche, che riguardavano “La Kabbala” la Scala Philosophorum, l’astrologia, la geomanzia e la numerologia.

Il numero otto, con il suo significato esoterico ed astrologico, ha influenzato anche la misteriosa morte di Federico,profetizzata dalla Sibilla Eritrea: “Egli chiuderà gli occhi in una morte segreta,ma continuerà a vivere. Tra i popoli scoppierà il tuono.

Egli vive e non vive,perché uno tra i giovani e tra i giovani dei giovani gli sopravviverà “.

Se in questa prima versione si può riscontrare un riferimento alla sua discendenza,in una versione successiva è detto: “ La sua morte verrà tenuta nascosta. E tra il popolo si udrà dire: egli vive e non vive “.

Una leggenda che lo voleva morto solo in apparenza e di cui anche Papa Innocenzo IV pare dubitasse.

Di sicuro la sibillina profezia del “vivit et non vivit “ sarà sempre tra i misteri dell’imperatore.

 

 

 

 LE PATOLOGIE DELL’ ARTE

 




 


Di Mariarosaria Salerno


Le patologie artistiche sono molteplici e riguardano soprattutto il degrado dei manufatti architettonici o le problematiche connesse ai malesseri delle opere artistiche; in parallelo vi sono altri tipi di disturbi, che interessano, invece chi fruisce delle opere d’arte, tra i quali la più vistosa e conosciuta è la sindrome di Stendhal, che colpì lo scrittore nel 1917 durante un soggiorno romano e al quale si deve il nome.

Si tratta di una patologia di natura psicologica,che si manifesta attraverso una sensazione di malessere diffuso, avvertito da chi si trova al cospetto di un’opera d’arte, una specie di ebbrezza estetica, difficilmente contenibile.

Ne sono affetti soprattutto i turisti in visita nelle grandi città d’arte.

Il viaggi, o e le sensazioni di stress ad esso connesso, possono accentuare il disturbo per l’analogia associativa con il viaggio nell’arte, che spesso da soggetti particolarmente sensibili è considerato viaggio dell’anima, ma può colpire anche chi, nella propria città, si trovi di fronte ad un’opera che fa affiorare ricordi e sensazioni.

La casistica parla di soggetti quasi sempre soli, l’87%, che si trovano in luoghi particolarmente carichi di arte, tipo i musei, con alle spalle storie tendenti a rievocare crisi di identità, come vicende emozionanti, con la conseguente difficoltà nel contenimento delle stesse.

L’incontro ravvicinato con le opere d’arte non fa altro che risvegliare i contenuti più profondi dell’inconscio, affiorare la sofferenza mentale, che si manifesta come estasi della bellezza.

Ne conseguono crisi d’identità, accentuabili da tre elementi:personalità del soggetto,viaggio, e contesto culturale artistico, in cui l’opera d’arte drammatica o il nudo enfatizza il manifestarsi della patologia.

I sintomi vengono classificati attraverso le tipologie del disturbo.

Come espressione di disturbo emozionale, si possono avere crisi di panico, ansia somatizzata, palpitazioni,difficoltà respiratorie, malessere al torace, svenimento.

I disturbi di affettività si manifestano con stati di depressione,crisi di pianto, senso di colpa e di angoscia, oppure con stati di sovraeccitazione, euforia, esaltazione, assenza di autoetica.

Come disturbi di pensiero vi è una aterata percezione di suoni e colori o un senso di persecuzione.

Il thriller di Dario Argento,Sindrome di Stendhal, del 1996 con Asia Argento e Thomas Kretschmann, propose in forma esemplare ,anche se romanzata, il “gorgo della psiche”, che si innesca da alcuni soggetti al cospetto dell’opera d’arte,assoluta, pura, incontaminata.

 

 

 


 

IL PRIMORDIALE NELL’ARTE DI SALVATORE PEPE.


Di Mariarosaria Salerno


Nell’ osservare le opere di Salvatore Pepe ho rievocato inconsciamente tutti gli sforzi che le cosiddette Avanguardie Artistiche del primo Novecento hanno effettuato nell’attuare nuove forme e linguaggi artistici.

Una ricerca durata anni di duro, intenso, sentito e profondo lavoro di ricerca e di sperimentazione.

Ed è quello che si nota nella produzione artistica di Pepe: un lavoro di ricerca formale e tecnica, che si manifesta con un linguaggio puro ed essenziale, solo all’apparenza minimalista; una sperimentazione continua di linguaggi e materiali che portano alle origini e all’essenza della realtà e della vita.

Le molte opere senza titolo fanno ben comprendere che non si è rappresentata volutamente, semplicemente ed accademicamente la realtà circostante, ma che si e’ andato ben oltre, alla ricerca di un infinito da rappresentare, di un invisibile da rendere visibile, di un primitivo ed ancestrale da condividere, con un percorso tecnico e dialettico, che vuole applicare nuove regole, innovativi canoni e nuovi contenuti.

Si rivela inoltre un assemblaggio tecnico di notevole interesse artistico: la ricerca artistica, di chi come Pepe ha frequentato una ottima Accademia di Belle Arti, associata alla passione per il design puro, tipico dei grandi architetti del Novecento: da Le Courbusier a Gropius, da Mies Van der Rohe a Brill.

Nelle varie opere creative intitolate “Istallazioni”, Salvatore assembla con maestria forme pure e materiali costruttivi diversi (ferro, plastica, rete metallica, tavole in legno, carte, tele, ecc.) creando sequenze operative di straordinario effetto scenico, che sicuramente rievocano materiali e realtà infantili, emerse psicologicamente nella sua continua ricerca materica in un intento di sublimazione delle realtà fruite.

Anche i colori solari, tipici del Mediterraneo, rievocano un’ infanzia fatta di riflessione e di meditazione, di assimilazioni e di una realtà positiva; i gialli ocra intensi e tutte le altre graduazione del giallo, così ricorrenti e le sfumature degli azzurri, rievocano cieli infiniti e mari limpidissimi, nella cui realtà Pepe cerca di mettere ordine e simmetria.

Molto utilizzati i colori della natura allo stato puro, dai colori delle “terre”, tipici dei graffiti preistorici, ai verde smeraldo dei fondali marini, alle distese dei prati calabresi.

Tutto ci riporta alle origini, all’arcano, al primordiale, con una costruzione scenica e prospettica completamente nuova, quasi impalpabile, a voler annientare il rapporto spazio-tempo.

Una ricerca che rievoca le applicazioni cubiste ed astrattiste con soluzioni completamente innovative, e rinvia inevitabilmente all’arte di Alberto Burri, per rimanere in Italia, o alle opere esposte presso il Museum of Contemporary Art di Los Angeles di Mark Rothko, e ancora alle esperienze di Pollok.

Minimalista!

Forse, ma solo ad un approccio superficiale, perché l’essenzialità delle forme rinvia ad un intento ben più profondo, che scava nel primordiale, a quel brodo che fermentato, assemblato, compenetrato ha dato origine al mondo, per i pagani; al caos iniziale, che ha ispirato Dio a creare l’Universo, per i credenti.

Tutto acquista ritmo, simmetria, ordine, in una espressione estetica rinnovata.

Questa è l’arte di Salvatore Pepe.

 



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