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Lettura del Santuario fatto erigere da Pirro nel territorio dei "Brettii" di Giovanni Cimino

Post n°22 pubblicato il 19 Giugno 2010 da atanatos17
 

 

LETTURA DEL SANTUARIO FATTO ERIGERE DA PIRRO NEL TERRITORIO DEI "BRETTII"

di Giovanni Cimino




CENNI STORICI

Da fonti greche e latine risulta che Pirro, chiamato in aiuto dai Tarantini per combattere contro i Romani, giunse in Italia nel 280 a.C.; successivamente, dopo essere stato in Sicilia, nell'autunno del 276 a.C. durante la traversata dello stretto di Messina, i Cartaginesi, insieme ai Mamertini ed ai Campani di Reggio, lo impegnarono, costringendolo a dura battaglia nella quale subì una grave sconfitta navale e perse molte navi, le altre furono danneggiate e soltanto dodici rimasero illese. Pur tuttavia egli riuscì a sbarcare a nord di Reggio, dove dovette di nuovo difendersi contro i mercenari Campani di Reggio e i Mamertini di Messina. Egli cercò di impadronirsi di Reggio, ma venne ferito alla testa da un colpo di spada da un ufficiale nemico mentre sbalzava dalla sella. Ferito si ritrasse un po' dalla mischia ed un soldato nemico lo sfidò; Pirro si fece largo e raggiuntolo gli sferrò un vigoroso colpo di spada sulla testa, tagliando il corpo in due metà, dall'alto verso il basso. I nemici spaventati si fermarono. Da quel momento fino a Taranto, percorse indisturbato il resto della strada (Plutarco). Pirro si avviò alla volta di Taranto, passando da Locri, città che riconquistò e dalla quale fece rubare i tesori custoditi nel tempio dedicato a Persefone. Una tempesta rimandò le navi cariche di oro e doni votivi sulla spiaggia. Pirro dopo aver fatto restituire i tesori se ne partì per via di terra (Tito Livio). Quanto afferma Tito Livio, rientrava nella tattica del re epirota (lo aveva già fatto al suo arrivo nella penisola e successivamente in Sicilia)*, per questo motivo il viaggio per via di terra doveva essere stato iniziato a Reggio e terminato nel territorio dei "Brettii", nei pressi dell'attuale Campana, per poi ripartire dalla foce del fiume Nicà per via di mare, evitando per varie ragioni Turi.

Dopo essere stato a Locri, Pirro passò da Crotone e poi raggiunse il territorio dei "Brettii".

___


*

-Nel 280 a.C., Pirro sbarcò nel territorio dei Messapi dopo una non facile traversata, a causa di un forte ed insolito (perché in primavera) vento di tramontana. Successivamente s'incamminò alla volta di Taranto con duemila fanti circa e pochi cavalieri, mentre Cinea gli andò incontro con i propri soldati; poi le navi giunsero dal mare e la maggior parte delle forze si riunì.

-Nel 278 a.C., Pirro da Catania raggiunse Siracusa per via di terra (lungo la via costiera), contemporaneamente la sua flotta, salpando da Catania e navigando vicino alla sponda, approdò nella stessa Siracusa.



RISULTATI EMERSI DA STUDI INCROCIATI

Il re epirota era consapevole di aver suscitato l'ira di Persefone, profanandone il tempio, per questo motivo, lungo il percorso che lo portava a Taranto e dopo essere passato da Crotone, si fermò nei pressi dell'attuale centro abitato di Campana (CS), nella località detta erroneamente "Incavallicata", dove fece erigere un santuario per ingraziarsi gli Dèi.


IL SITO DEL SANTUARIO

"Incavallicata" è detta, attualmente, un'altura che si trova a tre chilometri di distanza da Campana (CS), nella Sila Greca. Al chilometro 38 della S.S. Silana di Cariati N. 108 ter si dirama una breve stradina che porta direttamente all'ingresso del santuario, fra due sculture architettoniche: un elefante asiatico ed un altare a torre. L'ingresso è rivolto a Sud. Una volta arrivati sulla soglia, ci si trova a sinistra la scultura dell'elefante (sua parte sinistra) e a destra l'altare a torre (sua parte sinistra). Probabilmente ed erroneamente, l'altura venne così chiamata per la presenza di uno pseudoarco collocato (o meglio: fissato) da una parte sulla schiena della scultura dell'elefante e dall'altra sull'altare a torre. Ma l'altura, nel 1742 si chiamava "Tacavallicata", nome corrotto che deriva da "taxa" e "villicus" (ovvero: da tassa e da esattore o intendente), poiché nel Medioevo e succesivamente era un luogo dove venivano pagate le tasse, soprattutto dai contadini (in favore dei ricchi locali) ad un esattore. "Tacavallicata", quindi, era un nome dato al sito in oggetto per indicarne l'uso che se ne faceva. Altra cosa è invece il nome attribuito dalle persone, che si riferiva alla definizione dell'intero complesso come appariva visivamente alla loro fantasia, fantasia che ha giocato e gioca ancora oggi brutti scherzi, portando lontano dalla realtà. Pur tuttavia la definizione popolare data, indicava la presenza dei tre elementi di scultura architettonica, uno dei quali, lo pseudoarco era collocato sugli altri due.


INTRODUZIONE ALLA LETTURA DEL SANTUARIO

Il santuario era formato da tre elementi di scultura architettonica: un elefante asiatico, un altare particolarmente elevato, a torre, ed uno pseudoarco.

-La scultura dell'elefante asiatico simboleggia il guardiano del luogo sacro ed è stato collocata all'entrata (rivolta ad Est Sud-Est); inoltre, a modo di Atlante, reggeva, da una parte, sulla schiena, lo pseudoarco. È formata da più blocchi sovrapposti in ordine di successione che poggiano sulla parte inferiore affiorante e propria dell'altura. Fra un blocco e l'altro è stata usata la malta.

-L'altare, particolarmente elevato, a torre, presenta due semicolonne binate ed è dotato, fra i due capitelli, di una cavità (che sprofonda nella parte posteriore) raggiungibile in origine per mezzo di una scala a due rampe che si trovava sul lato destro. Le semicolonne hanno rispettivamente capitello campaniforme (ovvero: a campana rovesciata), il fusto è liscio (non solcato da scanalature verticali) e assottigliato progressivamente verso il basso, la base è semplice e arrotondata. I due capitelli terminano con un lastrone (l'àbaco) sul quale poggiava da una parte lo pseudoarco. La cavità o vuoto è stata scavata rispettivamente nella parte centrale di due blocchi sovrapposti e sprofonda nella parte posteriore dell'altare con uno sfiatatoio. L'altare a torre è stato scolpito ad altorilievo soltanto sulla faccia anteriore orientata a Nord e parzialmente sui due lati adiacenti. Esso è formato da più parti; quella più bassa è propria dell'altura, le altre parti, in ordine di successione, sono sovrapposte alla prima; fra un blocco e l'altro è stata usata la malta.

-Lo pseudoarco (gigantesco) simboleggiava un arcobaleno-ponte, ovvero: l'arcobaleno, considerato ponte che collegava la Terra con il Cielo, o ancora la passerella che Zeus aveva gettato fra la Terra ed il Cielo; ad attraversare l'arcobaleno-ponte era Iride. Lo pseudoarco era l'elemento di raccordo che univa altare ed elefante; i suoi resti si trovano sull'àbaco e "in situ" (quelli in quest'ultimo sono suddivisi in tre gruppi; il gruppo maggiore si trova in fondo al pendìo interno). Lo pseudoarco era formato da alcune parti (almeno cinque più due scolpite unitamente alle rispettive basi) unite con perni lapidei e con l'uso della malta. Nel 1875 circa lo pseudoarco non era ancora crollato, poiché nel 1875 circa Padula (Acri 1819-1893) segnalò la sua presenza, chiamandolo: "arco ciclopico". Lo pseudoarco, con ogni probabilità, è il "segno o immagine di culto" con il quale la divinità si è manifestata agli occhi di Pirro nell'autunno del 276 a.C.: un arcobaleno (dopo un temporale) e che Pirro ha fatto materialmente realizzare per ingraziarsi gli Dèi.


RIFLESSIONI

Nel santuario in oggetto ci troviamo di fronte ad un monumento non realizzato da artisti e voluto, fortemente, da Pirro. La tecnica scultorea usata presenta peculiarità dell'Arte Indiana del Periodo Maurya con influssi artistici di altri popoli (Siriano, Egizio, Persiano, Greco, Assiro e Babilonese). Pirro aveva con sé un esercito multietnico ed il monumento in questione è lo specchio di tutto questo. Il santuario di Campana ha un valore più storico che artistico; i tre elementi che lo componevano ci conducono, come filo d'Arianna, a Pirro. Il santuario (ora mutilo di un elemento) si trova sotto gli occhi di tutti i passanti che percorrono la Strada 108 ter e, inoltre, è visibile dal centro abitato di Campana (dal quale dista in linea d'aria appena un chilometro). Non esiste nessun gigante (uomo gigantesco) di pietra e le "gambe", delle quali qualcuno fantasiosamente parla, non sono altro che le due semicolonne binate dell'altare particolarmente elevato, "a torre". I toponimi ci portano lontano dal significato reale, perché corrotti, come è il caso di Cozzo del Gigante e M. del Gigante che si ritrovano in alcune carte geografiche per indicare l'"arco ciclopico nella rotonda Incavallicata" (detto così da Padula nel XIX secolo). Il "gigante" che si ritrova scritto nelle carte geografiche si riferiva ad una mole gigantesca e non ad un monte gigante o del gigante. Per quanto riguarda la denominazione di Campana subentrata a quella di Calàsarna, non può che farmi pensare al passaggio di Pirro nel territorio dei "Brettii" e, quindi, al santuario in questione raffigurante, fra l'altro, un elefante asiatico, poiché ogni elefante da guerra al seguito di Pirro portava una o più campane, come risulta dalla raffigurazione del terzo secolo a.C. su un piatto d'argento che si trova nel Museo dell'Ermitage a San Pietroburgo (Russia); inoltre, le campane, portate dagli elefanti da guerra asiatici, figurano in un bassorilievo risalente al secondo secolo a.C. che si trova a Mathura (India).

 

 

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