Uniti per i Risvegli

Post N° 3


TRAUMA CRANICIALCUNI DATI EPIDEMIOLOGICI E STATISTICIIn un anno in Italia:- 10mila traumatizzati cranici, da lievi a gravi, per milioni di abitanti (circa 600mila); di questi, mille per milione di abitanti (circa 60mila) devono essere ricoverati in terapia intensiva e altri 20mila rimangono feriti in maniera meno grave- 10mila l'anno circa i morti per trauma cranico grave- 40mila circa gli invalidi gravi a seguito di trauma cranico- 7 giorni la degenza media in Rianimazione; costo pro die a pazienti 3-4 milioni di liredai 30 ai 120 milioni di lire il costo di un trattamento riabilitativo per un traumatizzato cranico graveIn un anno nell'Unione Europea- 50 mila morti per trauma cranico- 1 milione di ospedalizzazioni- 250mila pazienti con invalidità più o meno graveSCOPI DELL’ASSOCIAZIONE UNITI PER I RISVEGLI La nostra Associazione ha i seguenti principali scopi statutari:§ favorire la nascita, la crescita e il riconoscimento di reparti specializzati nella “terapia del risveglio” di sog­getti in stato post comatoso;§ implementare la formazione del personale sanitario interessato, attraverso l'organizzazione di convegni, semi­nari, corsi di studio e l’istituzione di borse di studio;§ promuovere l’attività di ricerca scientifica sulla meto­dologia di recupero dei cerebrolesi;§ curare il recupero dei cerebrolesi e il loro reinserimento sociale lavorativo;§ fornire supporto informativo, di assistenza e di soste­gno morale ai cerebrolesi e alle loro famiglie, proponendo e stimolando il miglioramento delle dotazioni tecniche e strutturali dei reparti del SSN e delle strutture ove tali pazienti siano curati;§ stimolare, anche attraverso i mass-media, le pubbliche amministrazioni competenti, svolgendo un’attività di stu­dio e di ricerca in ordine alle cause che statisticamente danno luogo all’esito di traumi cranio-encefalici e com­piere un’opera di prevenzione e sensibilizzazione della problematica anche presso le pubbliche amministrazioni competenti.Tra i compiti statutari sopra elencati, attualmente il prin­cipale è quello di favorire la nascita, la crescita e il ricono­scimento di reparti specializzati nella “terapia del risve­glio” di soggetti con gravi danni da traumi cranio-encefa­lici, nonché di centri diurni per il periodo post - ospedalizzazione; ciò per le ragioni che seguono. Dobbiamo innanzi tutte tener conto della disarmante inci­denza degli incidenti stradali. Basti pensare che ogni anno si verificano più di 200.000 incidenti stradali, con circa 6.000 morti e con circa 300.000 feriti; sono cifre sconcer­tanti (è una vera e propria “guerra”; in un decennio se ne va la popolazione, per la maggior parte giovane, di una ridente città di provincia), che non solo fanno meditare, ma che non possono non spingere le nostre coscienze a ribellarsi.Tenuto conto soprattutto di ciò e considerato che le ultime tecniche di rianimazione consentono di salvare vite che fino ad un decennio fa dovevano considerarsi perdute, allo stato attuale è assolutamente intollerabile constatare la pressoché totale assenza in Italia di Unità di Risveglio e di repar­ti di terapia intensiva post-acuzie adeguati a sopportare i degenti nella fase, più o meno lunga (a volte lunghissi­ma), puramente vegetativa in cui è presente uno stato post comatoso. E' questa una situazione insostenibile e l’apertura di Unità di Risveglio è assolutamente indispensabile e improrogabile.Si è in presenza di una lacuna sanitaria non più tollerabi­le, in quanto condanna questi pazienti, già salvati in fase di rianimazione, a veder grandemente diminuite le loro possibilità di ripresa e li condanna altresì a deterioramenti fisici non più concepibili. Quanto sopra riferito in via generale, verrà più analitica­mente approfondito nei paragrafi successivi unitamente alla circostanza che, per le ragioni che verranno eviden­ziate, l’apertura di “Unità di Risveglio” non solo (come astrattamente e superficialmente si potrebbe ritenere) non crea un maggior onere per la spesa sanitaria pubblica, bensì, viceversa, consente una diminuzione dei relativi costi.INCIDENZA E RILEVANZA DEI TRAUMI CRANIO - ENCEFALICIL’incidenza più ampia dei traumi cranio-encefalici si ha in occasione di incidenti stradali e sul lavoro.Occupano il primo posto per mortalità, morbilità e conse­guente disabilità, incidendo soprattutto nella fascia di età 15-24 anni.Negli Stati industrializzati l’incidenza annua di questa patologia è di 300/100.000 abitanti e la mortalità, nei casi più gravi, è del 40% circa nelle prime sei ore dalla insor­genza dello stato di coma. Dei soggetti colpiti da gravi traumi cranici, il 2-3% rimane in coma per oltre un mese: il che significa che vi sono circa 15.000 comatosi all’anno, di cui il 40-60% ha altri traumi associati.Come già accennato, fino a qualche anno fa i soggetti sopravvissuti a gravissimi traumi cranio-encefalici sarebbero deceduti entro le prime ore.Oggi giorno, invece, il progresso scientifico consente di avere a disposizione tecnologie rianimatorie sempre più sofisticate, che permettono di salvare molte vite umane in più rispetto agli anni passati.La fase post - rianimatoria dei soggetti in coma da gravi danni cranio-encefalici è però, allo stato attuale, negletta.Recenti studi indicano che una rilevante percentuale dei pazienti sopravvissuti nella fase acuta muore nel successivo iter clinico, non tanto in relazione alle lesioni ripor­tate durante il trauma ma, rispetto alla complessità del quadro clinico, per l'inadeguatezza dell’assistenza e delle cure in seguito prestate. Tali pazienti sono, infatti, l’emblema stesso della malattia nel suo senso più ampio, la "summa" di tutte le minora­zioni fisiche e psichiche.Essi presentano, oltre alla perdita delle funzioni motorie, sensitive e sensoriali, l’assenza della deglutizione, la pre­senza di stomia gastrico tracheale, le patologie concomi­tanti prevalentemente infettive e ortopediche, i danni secondari verificatisi durante la fase intensiva ed, infine, le profonde alterazioni dello stato di coscienza, che comportano il più alto grado di isolamento percettivo ed intellettivo.Tali pazienti non sono in grado di porre in essere alcun atto volontario, non hanno la possibilità di esprimere le proprie necessità o di soddisfare anche il bisogno più elementare, né la benché minima strategia intrinseca di autoconservazione.Si tratta dunque di una patologia estremamente complessa, multiforme e sfuggente, che come tale mette in crisi conoscenze, metodi e strutture della medicina e della sanità.DOVE GESTIRE I TRAUMATIZZATI CRANIO - ENCEFALICILa maggior parte delle forme moderate e gravi viene gestita in prima istanza dai reparti di rianimazione.Le attuali più raffinate tecniche diagnostiche, la maggiore rapidità di interventi specifici e la più sofisticata elaborazione scientifica dei sistemi di riabilitazione comporta che si è ridotta notevolmente (ed ancor più si andrà a ridurre in futuro) l’incidenza della mortalità.Ciò peraltro comporta che, una volta realizzato il primario splendido scopo di salvare vite umane, si è poi d’altra parte in presenza di migliaia di disabili l’anno, senza strutture socio - sanitarie adeguate a garantirne l’iter terapeutico.In particolare, non appena il paziente ha ripreso la respirazione autonoma, viene meno la necessità di permanenza nei reparti di rianimazione, ma continua a persistere, in tutta la sua dimensione, la necessità di una gestione complessa, legata alle molteplici caratteristiche cliniche che il paziente presenta in questa fase e che sopra si sono evidenziate.Di qui l’assurdità e l’abnormità della attuale persistente carenza di Unità di Risveglio specializzate nel trattamento dei traumi cranio encefalici.In tale situazione, si deve purtroppo constatare ed evidenziare con la massima forza emotiva che i pazienti finiscono con l’essere “parcheggiati” in reparti casuali dove i trattamenti, mancati o inadeguati o ritardati, finiscono inevitabilmente per creare complicazioni (ulcere da decubito, stati settici, complicazioni neurologiche, retrazione muscolo-tendine ecc.), non solo ostacolanti la possibile evoluzione positiva, ma potenzialmente compromettenti la stessa esistenza in vita.E’ cosi che soggetti giovani, spesso con buone possibilità di recupero, non solo non possono usufruire delle cure dovute, ma, cosa ben più grave, vanno incontro ad esiti più invalidanti di quanto avrebbe potuto determinare il danno primario stesso, con ulteriore incremento dei costi sociali.