Massimo D'Onofrio In coma, digiuna per curarsiLa storia di «Maria», immobilizzata in un letto ma lucida da 15 anni: rifiuta il cibo, perchè non ha i 15mila euro necessari per ricoverarsi in una clinica di Innsbruck GINOSA - Per curarsi dovrebbe andare ad Innsbruck, ma non può nemmeno uscire di casa. L'orizzonte di Maria, il nome è di fantasia, è un uscio insuperabile. Prigioniera nel letto in cui è adagiata da 15 anni e del coma vigile che l'ha rinchiusa nel suo corpo di 41enne. Non può muoversi, non può parlare, ma può capire. Soprattutto capisce di avere un'unica speranza di migliorare - se è ancora possibile parlare in questi termini - la sua qualità della vita. In Austria troverebbe il professor Leopold Saltuari, il luminare che ha rimesso in piedi Umberto Bossi e che ha già offerto una chance anche a Maria durante una visita fatta a Bari. Potrebbe farcela, almeno potrebbe provarci. Perchè i suoi occhi corrono veloci, ma il suo corpo è una prigione immobile, un sasso che la tiene inchiodata al materasso.Tuttavia, un mese nella clinica austriaca costa 11 mila euro (15mila accompagnatore compreso) e Maria non ha un soldo. Vive con la madre, anziana e vedova, in un “sottano” di Ginosa e persino vedere la luce naturale è per lei un lusso. L'unica luce non artificiale che riesce a vedere, una volta l'anno, è a Lourdes dove l'accompagna l'Unitalsi.Senza soldi, non c'è cura. E per questo, da ieri mattina, Maria è in sciopero della fame. Lotta nel suo fortino. Al suo fianco ci sono i volontari dell'Associazione Uniti per i Risvegli e dell'Associazione Nova Vita. Le danno sostegno anche grazie alla “catena umana” di solidarietà avviata contemporaneamente in Puglia, Toscana, Sicilia e Friuli. Maria non è sola nella sua prigione. Ci sono tante altre persone nella sua stessa condizione e che stanno lottando come lei. «E' una questione legata al denaro per le cure - spiega la dott.ssa Maria Teresa Angelillo, la neuropsicologa che segue la vicenda - giacchè l'Asl col modello E112 rimborsa le spese al 70% e lo fa molto lentamente: ma i soldi li deve anticipare il paziente o la sua famiglia che, come in questo caso, è in una situazione di estremo bisogno». C'è già chi vorrebbe far partire una raccolta di fondi, forse servirebbe uno “scatto” delle Istituzioni: Comune, Asl, chiunque può fare qualcosa per Maria.Il problema è anche un altro. «Non abbiamo un'assistenza domiciliare adeguata - racconta il medico - per pazienti che escono dal coma. Dopo le cure nelle strutture succede che vengano dimessi e quindi affidati alle cure dei parenti». Eppure l'Adi a Ginosa esiste: «Ma l'assistenza - dice sconfortata la dott.ssa Angelillo - è limitata alla fisioterapia, mentre qui è necessaria una logopedista». Maria ne ha bisogno da anni e non l'ha mai avuta. Muovere la bocca è un tormento, i muscoli sono catene; nello stato vegetativo in cui si trova, persino respirare è un ostacolo troppo alto da superare: inspirare, espirare, tra un rantolo e un colpo di tosse. «Servirebbero le cure necessarie, di qualità, come le persone che possono permetterselo: per questo - insiste la neuropsicologa - ci appelliamo alle istituzioni perchè possano alleviare il calvario di questa persona che, quando la si imbocca, vorrebbe almeno dire “ciao” e non può farlo perchè non ha nemmeno la forza di aprire la bocca». Speranze di miglioramenti? «Questo tipo di cure sono un percorso lungo: si comincia e poi bisogna vedere sin dove s'arriva». Una strada difficile. Come quella che Maria percorreva 15 anni fa. Andava a Castellaneta con la sua 126, perchè voleva aiutare una sua amica in difficoltà. L'asfalto era viscido, finì fuori strada e poi su un letto. Prigioniera del suo corpo. Voleva aiutare, adesso ne ha bisogno lei. Help.Massimo D'Onofrio
Articolo uscito oggi sul Corriere del Giorno
Massimo D'Onofrio In coma, digiuna per curarsiLa storia di «Maria», immobilizzata in un letto ma lucida da 15 anni: rifiuta il cibo, perchè non ha i 15mila euro necessari per ricoverarsi in una clinica di Innsbruck GINOSA - Per curarsi dovrebbe andare ad Innsbruck, ma non può nemmeno uscire di casa. L'orizzonte di Maria, il nome è di fantasia, è un uscio insuperabile. Prigioniera nel letto in cui è adagiata da 15 anni e del coma vigile che l'ha rinchiusa nel suo corpo di 41enne. Non può muoversi, non può parlare, ma può capire. Soprattutto capisce di avere un'unica speranza di migliorare - se è ancora possibile parlare in questi termini - la sua qualità della vita. In Austria troverebbe il professor Leopold Saltuari, il luminare che ha rimesso in piedi Umberto Bossi e che ha già offerto una chance anche a Maria durante una visita fatta a Bari. Potrebbe farcela, almeno potrebbe provarci. Perchè i suoi occhi corrono veloci, ma il suo corpo è una prigione immobile, un sasso che la tiene inchiodata al materasso.Tuttavia, un mese nella clinica austriaca costa 11 mila euro (15mila accompagnatore compreso) e Maria non ha un soldo. Vive con la madre, anziana e vedova, in un “sottano” di Ginosa e persino vedere la luce naturale è per lei un lusso. L'unica luce non artificiale che riesce a vedere, una volta l'anno, è a Lourdes dove l'accompagna l'Unitalsi.Senza soldi, non c'è cura. E per questo, da ieri mattina, Maria è in sciopero della fame. Lotta nel suo fortino. Al suo fianco ci sono i volontari dell'Associazione Uniti per i Risvegli e dell'Associazione Nova Vita. Le danno sostegno anche grazie alla “catena umana” di solidarietà avviata contemporaneamente in Puglia, Toscana, Sicilia e Friuli. Maria non è sola nella sua prigione. Ci sono tante altre persone nella sua stessa condizione e che stanno lottando come lei. «E' una questione legata al denaro per le cure - spiega la dott.ssa Maria Teresa Angelillo, la neuropsicologa che segue la vicenda - giacchè l'Asl col modello E112 rimborsa le spese al 70% e lo fa molto lentamente: ma i soldi li deve anticipare il paziente o la sua famiglia che, come in questo caso, è in una situazione di estremo bisogno». C'è già chi vorrebbe far partire una raccolta di fondi, forse servirebbe uno “scatto” delle Istituzioni: Comune, Asl, chiunque può fare qualcosa per Maria.Il problema è anche un altro. «Non abbiamo un'assistenza domiciliare adeguata - racconta il medico - per pazienti che escono dal coma. Dopo le cure nelle strutture succede che vengano dimessi e quindi affidati alle cure dei parenti». Eppure l'Adi a Ginosa esiste: «Ma l'assistenza - dice sconfortata la dott.ssa Angelillo - è limitata alla fisioterapia, mentre qui è necessaria una logopedista». Maria ne ha bisogno da anni e non l'ha mai avuta. Muovere la bocca è un tormento, i muscoli sono catene; nello stato vegetativo in cui si trova, persino respirare è un ostacolo troppo alto da superare: inspirare, espirare, tra un rantolo e un colpo di tosse. «Servirebbero le cure necessarie, di qualità, come le persone che possono permetterselo: per questo - insiste la neuropsicologa - ci appelliamo alle istituzioni perchè possano alleviare il calvario di questa persona che, quando la si imbocca, vorrebbe almeno dire “ciao” e non può farlo perchè non ha nemmeno la forza di aprire la bocca». Speranze di miglioramenti? «Questo tipo di cure sono un percorso lungo: si comincia e poi bisogna vedere sin dove s'arriva». Una strada difficile. Come quella che Maria percorreva 15 anni fa. Andava a Castellaneta con la sua 126, perchè voleva aiutare una sua amica in difficoltà. L'asfalto era viscido, finì fuori strada e poi su un letto. Prigioniera del suo corpo. Voleva aiutare, adesso ne ha bisogno lei. Help.Massimo D'Onofrio