In Italia esiste da quasi dieci anni una normativa che tutela e promuove l'autonomia delle persone con disabilità. E' la Legge 162/98. A che punto è la sua applicazione? Ognuno ha diritto ad autodeterminare la propria esistenza e a controllare il proprio quotidiano, presente e futuro. Anche una persona con grave disabilità: lo stabilisce, fin dall'articolo 1, la Legge 162 del ‘98 sulla Vita Indipendente.Una legge che in Italia, dal Nord al Sud del Paese, ha avuto sviluppi differenti, e che si trova a fare i conti con un problema tutt'altro che nuovo: i finanziamenti. Indipendenza born in USAMa prima ancora che una norma, Vita Indipendente è una «filosofia» che ha alle spalle una lunga storia, iniziata oltreoceano.Stati Uniti, anni '60, epoca di grandi battaglie per i diritti civili: alcuni studenti dell'Università californiana di Berkeley, con gravi disabilità, non ci stanno più a essere alloggiati nell'ospedale del campus universitario, e quindi «a parte» rispetto agli altri compagni.Fondano un gruppo, il cui motto è «La disabilità è un problema di diritti, piuttosto che di carità e assistenza»; di lì a poco - è il 1972 - in California apre il primo Centro per la Vita Indipendente. Nel Vecchio continente bisognerà invece attendere il 1989 per la costituzione dell'Enil, il network europeo per la Vita Indipendente. Di qui nascerà il movimento italiano, chiamato Enil Italia, che vedrà nel maggio del '98 un risultato importante: l'approvazione della Legge 162, in cui - per la prima volta in una legge dello Stato italiano - si parla di diritto alla Vita Indipendente. Cosa significa autodeterminazione Ma cosa significa concretamente questa norma che, apportando sostanziali modifiche alla Legge 104/92, riconosce il diritto fondamentale e inalienabile per le persone con gravi disabilità all'autodeterminazione e al controllo in prima persona della propria esistenza? Significa forme di assistenza personale anche della durata di 24 ore, e non solo di metà pomeriggio o parte della mattina; significa servizi di aiuto personale e servizi di accoglienza per periodi brevi e di emergenza.Iniziative a Nord-Est In Veneto, per esempio, esiste una precisa linea di intervento rivolta a persone con disabilità dai 18 ai 64 anni, che si è via via consolidata. È l'interessato stesso a elaborare un progetto personale, a seconda delle sue necessità e del contesto in cui vive, a individuare un assistente (che può affiancarlo anche per tutta la giornata), assumerlo, formarlo e pagargli i contributi. Prima, però, presenta il proprio progetto a un organo collegiale, l'Unità di valutazione multidimensionale: a essa spetta esaminare tutti i progetti e compilare la graduatoria e poi, in base alle risorse disponibili, procedere all'assegnazione dei contributi. In Emilia-Romagna, invece, si è scelta un'impostazione differente: la Regione ha introdotto l'assegno di cura (di cui usufruiscono attualmente circa un migliaio di persone con disabilità), e insieme eroga anche una serie di servizi, per lo più gratuiti. Dunque, il 50% di chi prende l'assegno percepisce anche un altro tipo di servizio.In Friuli Venezia Giulia, sempre per la Vita Indipendente, è partita la sperimentazione di mini-alloggi con servizi, in ambiente protetto. La Regione ha «recepito» la filosofia della Vita Indipendente fin dal 1999. Due sono le tipologie di progetti in corso: quelli «indispensabili» (alimentarsi, cura della persona, lavorare, studiare) e quelli «necessari» (di socializzazione e integrazione).Cosa offre il Nord-OvestIn Piemonte sono stati avviati i primi quattro progetti personalizzati e di assistenza personale autogestita. A seguito di richieste, attività e iniziative, la Regione, con fondi aggiuntivi, ha deliberato la definizione dei criteri per l'accesso e la sperimentazione di progetti di Vita Indipendente.In Liguria, nell'ambito della Vita Indipendente sono stati finanziati anche alcuni progetti con il bando regionale per la disabilità del 2003, tra cui quello dell'AISM su «Autonomia e qualità della vita delle persone con sclerosi multipla e patologie correlate».Il ruolo delle associazioniE qui emerge un nodo importante, che caratterizza il percorso che ha portato prima alla formulazione della 162/98 e poi alla sua applicazione: il ruolo fondamentale svolto dalle associazioni che si occupano di disabilità, da tutto il terzo settore. Una forza davvero considerevole, su cui può contare il cittadino, ma anche lo Stato. Così è l'AISM, presente sul territorio con il suo ampio ventaglio di servizi erogati alla persona: dal segretariato sociale alla consulenza legale, dal disbrigo delle pratiche al trasporto, al supporto all'autonomia della persona, domiciliare ed extra domiciliare. L'advocacyMa c'è un aspetto ancora più importante: oltre a intervenire nell'ambito dei servizi, l'AISM svolge un'importante funzione di "advocacy": espressione che si può tradurre come «tutela dei diritti delle fasce deboli di popolazione». Lo prevede, d'altronde, l'articolo 5 dello Statuto dell'Associazione, recentemente modificato, con cui vengono riconosciuti ruoli di tutela e rappresentanza dei diritti civili di chi è affetto da sclerosi multipla e patologie simili. Un ruolo che si esplica sia attraverso la possibilità da parte dell'Associazione di un intervento diretto nei procedimenti amministrativi, sia ponendosi come interlocutore attivo dell'ente pubblico rispetto al più ampio contesto di promozione di una crescita culturale della società che si traduca in leggi adeguate e semplici, che abbiano al centro la persona. Assumendosi questi compiti, l'Associazione non intende certo sostituirsi all'ente pubblico nella gestione dei servizi: il suo intento è di collaborare e contribuire alla progettazione dei migliori servizi alla persona, monitorando il loro funzionamento.
Inchiesta. La legge 162/98
In Italia esiste da quasi dieci anni una normativa che tutela e promuove l'autonomia delle persone con disabilità. E' la Legge 162/98. A che punto è la sua applicazione? Ognuno ha diritto ad autodeterminare la propria esistenza e a controllare il proprio quotidiano, presente e futuro. Anche una persona con grave disabilità: lo stabilisce, fin dall'articolo 1, la Legge 162 del ‘98 sulla Vita Indipendente.Una legge che in Italia, dal Nord al Sud del Paese, ha avuto sviluppi differenti, e che si trova a fare i conti con un problema tutt'altro che nuovo: i finanziamenti. Indipendenza born in USAMa prima ancora che una norma, Vita Indipendente è una «filosofia» che ha alle spalle una lunga storia, iniziata oltreoceano.Stati Uniti, anni '60, epoca di grandi battaglie per i diritti civili: alcuni studenti dell'Università californiana di Berkeley, con gravi disabilità, non ci stanno più a essere alloggiati nell'ospedale del campus universitario, e quindi «a parte» rispetto agli altri compagni.Fondano un gruppo, il cui motto è «La disabilità è un problema di diritti, piuttosto che di carità e assistenza»; di lì a poco - è il 1972 - in California apre il primo Centro per la Vita Indipendente. Nel Vecchio continente bisognerà invece attendere il 1989 per la costituzione dell'Enil, il network europeo per la Vita Indipendente. Di qui nascerà il movimento italiano, chiamato Enil Italia, che vedrà nel maggio del '98 un risultato importante: l'approvazione della Legge 162, in cui - per la prima volta in una legge dello Stato italiano - si parla di diritto alla Vita Indipendente. Cosa significa autodeterminazione Ma cosa significa concretamente questa norma che, apportando sostanziali modifiche alla Legge 104/92, riconosce il diritto fondamentale e inalienabile per le persone con gravi disabilità all'autodeterminazione e al controllo in prima persona della propria esistenza? Significa forme di assistenza personale anche della durata di 24 ore, e non solo di metà pomeriggio o parte della mattina; significa servizi di aiuto personale e servizi di accoglienza per periodi brevi e di emergenza.Iniziative a Nord-Est In Veneto, per esempio, esiste una precisa linea di intervento rivolta a persone con disabilità dai 18 ai 64 anni, che si è via via consolidata. È l'interessato stesso a elaborare un progetto personale, a seconda delle sue necessità e del contesto in cui vive, a individuare un assistente (che può affiancarlo anche per tutta la giornata), assumerlo, formarlo e pagargli i contributi. Prima, però, presenta il proprio progetto a un organo collegiale, l'Unità di valutazione multidimensionale: a essa spetta esaminare tutti i progetti e compilare la graduatoria e poi, in base alle risorse disponibili, procedere all'assegnazione dei contributi. In Emilia-Romagna, invece, si è scelta un'impostazione differente: la Regione ha introdotto l'assegno di cura (di cui usufruiscono attualmente circa un migliaio di persone con disabilità), e insieme eroga anche una serie di servizi, per lo più gratuiti. Dunque, il 50% di chi prende l'assegno percepisce anche un altro tipo di servizio.In Friuli Venezia Giulia, sempre per la Vita Indipendente, è partita la sperimentazione di mini-alloggi con servizi, in ambiente protetto. La Regione ha «recepito» la filosofia della Vita Indipendente fin dal 1999. Due sono le tipologie di progetti in corso: quelli «indispensabili» (alimentarsi, cura della persona, lavorare, studiare) e quelli «necessari» (di socializzazione e integrazione).Cosa offre il Nord-OvestIn Piemonte sono stati avviati i primi quattro progetti personalizzati e di assistenza personale autogestita. A seguito di richieste, attività e iniziative, la Regione, con fondi aggiuntivi, ha deliberato la definizione dei criteri per l'accesso e la sperimentazione di progetti di Vita Indipendente.In Liguria, nell'ambito della Vita Indipendente sono stati finanziati anche alcuni progetti con il bando regionale per la disabilità del 2003, tra cui quello dell'AISM su «Autonomia e qualità della vita delle persone con sclerosi multipla e patologie correlate».Il ruolo delle associazioniE qui emerge un nodo importante, che caratterizza il percorso che ha portato prima alla formulazione della 162/98 e poi alla sua applicazione: il ruolo fondamentale svolto dalle associazioni che si occupano di disabilità, da tutto il terzo settore. Una forza davvero considerevole, su cui può contare il cittadino, ma anche lo Stato. Così è l'AISM, presente sul territorio con il suo ampio ventaglio di servizi erogati alla persona: dal segretariato sociale alla consulenza legale, dal disbrigo delle pratiche al trasporto, al supporto all'autonomia della persona, domiciliare ed extra domiciliare. L'advocacyMa c'è un aspetto ancora più importante: oltre a intervenire nell'ambito dei servizi, l'AISM svolge un'importante funzione di "advocacy": espressione che si può tradurre come «tutela dei diritti delle fasce deboli di popolazione». Lo prevede, d'altronde, l'articolo 5 dello Statuto dell'Associazione, recentemente modificato, con cui vengono riconosciuti ruoli di tutela e rappresentanza dei diritti civili di chi è affetto da sclerosi multipla e patologie simili. Un ruolo che si esplica sia attraverso la possibilità da parte dell'Associazione di un intervento diretto nei procedimenti amministrativi, sia ponendosi come interlocutore attivo dell'ente pubblico rispetto al più ampio contesto di promozione di una crescita culturale della società che si traduca in leggi adeguate e semplici, che abbiano al centro la persona. Assumendosi questi compiti, l'Associazione non intende certo sostituirsi all'ente pubblico nella gestione dei servizi: il suo intento è di collaborare e contribuire alla progettazione dei migliori servizi alla persona, monitorando il loro funzionamento.