Uniti per i Risvegli

Articolo uscito sull'Avvenire


«Uno sciopero della fame per dare voce a chi non ne ha»  DA MILANO ILARIA NAVA  S alvatore non vuole morire, ama la vita anche se la sua malattia gli permette di muovere solo la testa. Ma da sabato scorso ha deciso di non mangiare più. Insieme alla sua famiglia, in particolare al fratello Pietro che pur avendo un figlio disabile lo sostiene da sempre, sta portando avanti uno sciopero della fame.  «Siamo disperati, ci sentiamo abbandonati, tutto il peso ricade unicamente sulle nostre spalle, un peso che sta diventando insostenibile – si sfoga il fratello Pietro –. Che importa se, così facendo, rischiamo la vita? Tanto finora sembra che a nessuno importi qualcosa di noi. Mio fratello vive con mia madre che è anziana e adesso non cammina più, ma nessuno ci aiuta». Salvatore, catanese, si è risvegliato dopo due anni di stato vegetativo persistente, una diagnosi che i medici consideravano una sentenza senza possibilità di appello, davanti alla quale cercavano di smorzare quella fiammella di speranza che animava ancora la sua famiglia. Una speranza diventata realtà quando Salvatore ha ripreso pienamente coscienza.  Ora comunica attraverso un sintetizzatore vocale e attraverso il suo sito (www.salvatorecrisafulli.it), si batte perché le persone disabili come lui e quelle in stato vegetativo persistente ricevano tutte le cure e l’assistenza che meritano.  Il suo appello è stato lanciato l’11 marzo attraverso un primo comunicato stampa inviato a tutte le istituzioni e ai mezzi di comunicazione, che però non ha trovato spazio nel dibattito pubblico: «Sciopero della fame per cinque disabili gravissimi contro l’eutanasia passiva dello Stato italiano – così si intitola –.  L’assistenza ai disabili – prosegue il comunicato – deve essere un punto prioritario del programma elettorale. Non ce la facciamo più a sentirci abbandonati dallo Stato. A sentirci soli, indifesi e senza la possibilità di far sentire la nostra voce e la nostra sofferenza». A questo primo documento, firmato oltre che da Salvatore da altre quattro famiglie con persone in stato vegetativo, se ne sono aggiunti altri, fino ad arrivare ad una ventina. Il silenzio dei media ha spinto Salvatore a scrivere un altro appello il 15 marzo, in cui tutti gli aderenti hanno annunciato di voler iniziare uno sciopero della fame.  Tra loro anche Giacomo Spataro, trentottenne di Castelfiorentino, non vedente, che da 15 anni accudisce a casa, insieme alla madre, papà Marcello, in stato vegetativo dopo un incidente sul lavoro:«L’unica forma di aiuto che riceviamo è un assistente per un’ora al giorno, ma ci consideriamo fortunati perché almeno siamo in due. Io ho dovuto lasciare il mio lavoro per poterlo curare. Ad esempio, visto che la fisioterapia non ci viene fornita, la faccio io personalmente al papà. Quando chiedo aiuto di solito mi sento rispondere: ma in queste condizioni cosa vuole fare? Eppure mio padre è ancora vivo, e fin quando lo sarà, ha diritto di avere tutta l’assistenza di cui ha bisogno. Ora ci ha chiamati il sindaco, dicendo che, pur essendo il nostro un paese piccolo, non sapeva del nostro caso e ci ha promesso un aiuto.  Abbiamo conosciuto Salvatore attraverso il suo sito – prosegue Giacomo – e stiamo facendo lo sciopero della fame da sabato. Al papà però non l’abbiamo fatto fare, per lui potrebbe essere fatale, non possiamo decidere per lui».  «Mi piange il cuore a vederla così, so che è pericoloso, ma ho perso ogni speranza e non so cosa fare». Una decisione, quella di aderire allo sciopero della fame, che invece Lina Galeota, di Ginosa in provincia di Bari, ha scelto di prendere anche per conto di sua figlia Carmela, in stato vegetativo da 15 anni dopo un incidente stradale. «Sono vedova e assisto mia figlia da sola a casa. L’unico aiuto che mi viene dato è una persona per un’ora al giorno che viene per fare le pulizie, e la fisioterapia per un’altra ora. Per il resto faccio tutto da sola, girandola ogni due ore, per non farle venire le piaghe. Non chiediamo cose impossibili, solo che qualcuno ci aiuti».  Tre storie di disabili gravissimi abbandonati da tutti ma non dalle loro famiglie «Diciamo no all’eutanasia passiva dello Stato italiano. L’assistenza è un diritto per tutti»