Uniti per i Risvegli

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26 marzo 2008 Motori immobiliVite di disabili che dal loro letto urlano la voglia di vivereI 28 che hanno scritto a Napolitano sospendono lo sciopero della fameMartedì sera il ministro Livia Turco ha contattato la famiglia Crisafulli, e Salvatore, e con lui gli altri 27 disabili, hanno deciso di interrompere lo sciopero della fame. Le garanzie che il ministro ha dato ai fratelli di Crisafulli hanno portato Salvatore a interrompere la sua protesta, nata per chiedere maggiori cure e minore indifferenza per i tanti indigenti nelle sue stesse condizioni. Salvatore Crisafulli non è l’unico motore immobile di cui è cosparsa la galassia degli inguaribili italiani. Pietrificati nei loro letti scrivono e parlano – quando possono – attraverso computer o lavagne alfabetiche con cui comunicano pensieri, passioni e delusioni. Uno di questi è Carlo Marongiu, 57 anni, vigile del fuoco, affetto da Sla (sclerosi laterale amiotrofica) dal 1997. Carlo vive a Narbolia (Oristano), attaccato a un respiratore che la moglie, Mirella, deve sorvegliare ogni due ore – anche la notte – per evitare che un guasto gli rubi l’ultimo alito di fiato. Carlo ha scritto un libro, “Pensieri di uno spaventapasseri”, che è diventato una sorta di best seller tra i malati incurabili. L’opera si è diffusa dalla Sardegna con la sola forza del passamano e del passaparola, raggiungendo le 20 mila copie vendute. L’anno scorso l’arcivescovo di Oristano, monsignor Ignazio Sanna, ha chiesto ai fedeli di raccogliere fondi per regalargli un macchinario che potesse tramutare il movimento delle pupille in lettere e voce. Bastavano 24 mila euro, ne hanno raccolti 70 mila. Purtroppo Carlo – che oggi non ha più nemmeno la forza di alzare le sopracciglia – ha dovuto rinunciare al dono, ma i tre che ha comprato li ha regalati ad altri malati nelle sue stesse condizioni. Altro motore immobile è la sassarese Susanna Campus, orafa quarantenne, malata dal 1997 di Sla che da un anno usa uno di questi sofisticati computer per entrare in contatto col mondo. Col solo accenno degli occhi invia ogni giorno e-mail a malati, amici, giornalisti. Ha scritto anche a Giovanni Nuvoli, il suo conterraneo che l’anno scorso si lasciò morire fiaccato dalla Sla: “Giovanni devi vivere: inguaribile non significa incurabile”. Stessa vivacità, forse con più verve politica, anche in Michele Riva, 49 anni, da nove affetto da Sla, leader dei Verdi del suo paese, Beinasco, in provincia di Torino. Su Youtube è rintracciabile un suo video, indirizzato al ministro Turco, cui Michele chiede comprensione e aiuti concreti. Massimo Pandofli, caporedattore del Resto del Carlino, ha raccontato in un libro (“L’inguaribile voglia di vivere”, Ares) le vite di alcuni di questi malati e con loro si prodiga per raccogliere firme sul sito liberidivivere.it che, forte di oltre 20 mila firme, chiede alla politica di impegnarsi a garantire un sostegno ai malati e alle loro famiglie. Uno di questi è Sebastiano Marrone, 67 anni, affetto da Sla dal 2000, ex capitano di ventura, poliglotta, che oggi muove solo un dito del piede. Da malato Sebastiano ha imparato la sua quattordicesima lingua, un dialetto indiano, e dalla sua postazione anima un forum su ricette a base di peperoncino. Altro appassionato di cucina è Giampiero Steccato, piacentino, colpito da ictus nel 1998. Ex ferrotranviere, comunica solo con il movimento impercettibile del labbro. Quando ancora riusciva a muovere un occhio ha dettato alla figlia un libro di ricette apprezzato da tutte le casalinghe della zona. Cesare Scoccimarro, milanese, 60 anni, malato dal 1994, ha usato le gambe per l’ultima volta nel 1997 quando ha portato all’altare la moglie Stefania. L’autunno scorso Cesare ha coronato il sogno della sua vita: un giro in barca a vela da cui ha tratto un dvd. Anche lui ha scritto ai presidenti della Repubblica Ciampi e Napolitano con le stesse intenzioni di Crisafulli: per chiedere un sostegno e per urlare che vuole vivere, non morire. E queste sono le stesse parole che usa Patrizia Donati, 50 anni, della provincia bolognese, colpita da ictus nel 1993. Ogni giorno riceve al suo capezzale studenti e conoscenti con cui comunica attraverso un computer che guida col movimento del mento. Ai piedi del suo letto ha fatto legare una sciarpa su cui è scritto: “Vivo perché qualcuno mi ama”.