Uniti per i Risvegli

di SALVATORE CRISAFULLI


Chiedo al papà di Eluana di fermarsi»Crisafulli, risvegliato dal coma nel 2005: «Ho implorato Welby, ha vinto la disperazione«NON può il diritto di morire diventare la nuova frontiera dei diritti umani. Ho cercato di convincere di questo anche il papà di Eluana, ed anche con questa mia riflessione torno a rivolgergli un invito pressante affinché voglia concedere la grazia a sua figlia: Beppino, tu la dolorosa battaglia giudiziaria l’hai già vinta. Ancor prima ho sostenuto questa stessa tesi con Piergiorgio Welby, l’ho implorato perché continuasse a lottare per la vita. Ma alla fine ho compreso e rispettato la scelta di Piergiorgio, dettata dalla disperazione. La disperazione è rimasta incisa anche nelle mie carni e nella mia mente. Ed è fondata sull’abbandono da parte delle istituzioni, dalla consapevolezza del prezzo che l’esistenza in vita di un uomo grava interamente sulle spalle della sua famiglia.E tuttavia, proprio come me, Welby aveva mantenuto intatta la sua lucidità e con essa la capacità di comunicazione. Diversa è la situazione di Eluana, ecco perché ritengo agghiacciante che si possa immaginare di decidere per lei. Nessuno ha il diritto di dire di sapere se Eluana sia in grado in grado di capire o meno. Voglio essere “avvocato” di Eluana, ma anche degli altri 833 italiani - tanti sono i casi che almeno io conosco - che si trovano immersi nel limbo oppure ne sono usciti pur restando inchiodati ad un letto, alle macchine e tuttavia capaci di comunicare. Affermo questo mio diritto, che è anche competenza ed esperienza di un doloroso vissuto, proprio perché io per i medici ero una foglia di insalata. Mentre mi visitavano dicevano che non ero cosciente e che sarei morto. Ma questa “foglia” sentiva fame, aveva sete, provava la paura, piangeva, anche se loro - e cioè la Scienza - ritenevano che le mie lacrime fossero frutto di riflessi solo casuali, incondizionati. No, io c’ero, non solo con il corpo, anche con la mente, anche se non sapevo come reagire, urlando: «Vi sbagliate, io sono vivo!».Io sono stato dunque in contatto con il padre di Eluana, ne rispetto il dolore e capisco lo strazio e la difficoltà della situazione in cui lui e la sua famiglia versano. E strazio sono anche per me queste ore nell’attesa di una nuova decisione del giudice. Ma quando il padre dice che è stata sua figlia a decidere che avrebbe voluto morire se si fosse trovata in queste condizioni io devo obiettare: cosa conta la volontà passata? Se Eluana è prigioniera del suo corpo e non può comunicare, proprio come è accaduto a me, e se nel frattempo ha cambiato idea chi può assumersi il diritto di affermare che non vuole più vivere?. Che il diritto di morire non possa diventare la nuova frontiera dei diritti umani l’ho scritto in una lettera inviata l’ 11 settembre scorso (nell’ anniversario dell’ incidente che mi ha falciato) al Capo del Governo. Berlusconi mi ha voluto rispondere con una lettera consegnatami dal sottosegretario Eugenia Roccella nella quale afferma tra l’altro: «Le sue parole, sono anche le mie. Personalmente, non credo affatto nel "diritto a morire", ma in quello di essere curato e tutelato dallo Stato e dalle sue Istituzioni, diritto che deve valere per tutti i cittadini, in tutte le condizioni e in tutti i momenti della vita. Io e la mia famiglia non abbiamo alternative: dobbiamo ritenere che questi principi saranno onorati dal Governo di oggi come da quelli di domani. Perché - ed è questo uno dei punti nodali sui quali tutti devono riflettere, i chierici così come i laici - essere lasciati soli con le famiglie, abbandonati dalle istituzioni è come se lo Stato staccasse la spina alla voglia di fare battere comunque il nostro cuore. Io so che cosa significa essere stanchi, disperati e dipendere da un’assistenza domiciliare fiacca e burocratica. Quando ci si misura nello stato in cui ci troviamo noi con questi problemi allora prevale il desiderio di rifiutare cibo e cure e di farla finita».