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Post n°1128 pubblicato il 18 Marzo 2021 da rbx1dgl
Clima: stiamo cambiando persino il colore dei fiori Quando all’inizio del nuovo millennio il Premio Nobel per la chimica Paul Crutzen coniò il termine “Antropocene”, la comunità scientifica lo accolse piuttosto freddamente. L’idea – per certi versi ripresa da quella proposta più di un secolo prima dal geologo italiano Antonio Stoppani – era che l’uomo, con la sua sola presenza, fosse riuscito a influenzare l’atmosfera e ad alterarne i complessi equilibri in maniera così marcata da dare origine a una nuova era geologica, l’Antropocene appunto. Un tempo dominato dall’inquinamento e dallo sfruttamento dissennato delle risorse che stiamo vivendo oggi, ma che origina simbolicamente con l’invenzione della macchina a vapore di James Watt. A supporto di questa teoria, vent’anni fa autenticamente rivoluzionaria, c’è oggi la gran parte della comunità e della letteratura scientifica; non ultima un’approfondita analisi dei ricercatori della Clemson University, secondo cui le fluttuazioni climatiche dell’ultimo centennio innescate dal global warming antropogenico starebbero addirittura cambiando geneticamente la pigmentazione di fiori e piante. Dalle pagine di Proceedings of Royal Accademy, il gruppo coordinato da Mattew Koski, ecologo e biologo evolutivo tra i maggiori esperti globali sul tema, avverte che il fenomeno potrebbe avere implicazioni potenzialmente distruttive sugli ecosistemi e limitare ulteriormente la capacità riproduttiva della fauna vegetale, stravolgendo le interazioni pianta-impollinatore. La natura che si adatta all’uomo. Le foreste, i fiori e gli animali stanno rispondendo ai cambiamenti imposti dalla crisi degli ecosistemi in cui abitano. È un meccanismo fisiologico, un adattamento allo stress dell’ambiente circostante: la natura che tenta di auto conservarsi. "Ciò non vuol dire automaticamente che sia la fine del mondo – spiega Cierra Sullivan, dottoranda al dipartimento di Scienze Biologiche della Clemson e lead-author dello studio –. Ma è sicuramente un segnale da seguire con attenzione".
La vita è nei colori. Siccità, stravolgimento degli schemi “naturali” delle precipitazioni, ondate di calore: eccoli i nuovi responsabili. Ma i cambiamenti cromatici sperimentati dai fiori di mezzo mondo non sembrano essere solo una plastica testimonianza della presenza ingombrante dell’umanità: il fenomeno potrebbe rivelarsi ben più deleterio. La tesi di Koski e colleghi è che queste variazioni nella pigmentazione influenzeranno negativamente l’azione degli impollinatori sulle infiorescenze e le interazioni tra piante ed erbivori; tutte sinergie fondamentali per il nostro pianeta.
L’impollinazione entomofila – ovvero quella compiuta dagli insetti e dalla quale dipendono i tre quarti delle principali colture – si regge su automatismi tanto perfetti quanto fragili e vulnerabili, di cui la pianta si serve per 'attrarre' a sé l’impollinatore. Ma con mutamenti cromatici rapidi come quelli che ha iniziato a documentare lo studio appena pubblicato, è come se bombi, api e farfalle venissero 'ingannate' dai loro stessi fotorecettori, non riconoscendo più alcuni pigmenti a cui erano abituate geneticamente da centinaia di migliaia di anni. "Servirà altra ricerca per capire meglio come le varie specie reagiranno – conclude Koski – e soprattutto per identificare quali piante e impollinatori saranno più vulnerabili alle conseguenze della crisi climatica che ci sta investendo, qui e ora". |
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