Non siamo qui

Cose eRose nel mio giardino 1


...Ma se sono tornato a ritroso nel mio percorso per guardarmi ancora più a fondo e per recuperare qualcosa che sento di aver lasciato in sospeso negli armadi di questi luoghi, è nel posto più intimo che bisogna cercare, è nel gioco che bisogna tornare, perché il primo passo nel percorso che ci condurrà ad essere adulti è il gioco. E c’è un luogo preciso che ognuno di noi ha inevitabilmente assegnato nella sua vita per rapportarsi con il suo mondo fatato. Ognuno ha il suo personalissimo luna park, ed il mio posto, era e resterà sempre, il mio giardino. Il posto più antico di me, è il mio giardino di rose,  il posto che più di ogni altro mi ha nutrito.Eccomi, mi stai chiamando. Scosto la cascata di plastica della tendina e sono fuori . La luce è dolce e calda, ed è un abbraccio arcano  che fa vibrare. Povero caro, il cemento ti sta inghiottendo, l’erbaccia alta, sei caduto nell’incuria. Hai perso nel tempo, le braccia forti che ti rigavano e ti accudivano, un tempo cucciolo, ora vecchio è stanco, accasciato su te stesso. Inesorabile questo destino che ci unisce tutti nella stessa morsa, piccoli e grandi, esposti o nascosti a questa implacabile comune ruota.Ho una forbice in mano e vado al rovo delle rose di mia madre. Affondo la testa tra le foglie e lascio correre le dita sul velluto colorato dei petali. Non ho conosciuto mai  fiori più profumati, ingrediente primo nei miei giochi magici di bambino. La mia pozione d’amore, sorrido…Piego il mio sguardo  sulla punta delle mie scarpe, perché siano loro a condurmi lentamente nei posti da rivisitare. Non voglio che il mio occhio abbracci la vastità e si disperda, voglio vedere ogni piccola tessitura del tuo generoso ricamo. Arrivo nel primo cantone, c’è un palo di legno che fa da architrave e ad esso è legata una catena… … avevo sei anni, Bobby sei stato il mio primo amico. Il tuo nome l’ho scelto io, mentre muovevi la coda e mi strattonavi col muso. Il tuo nome l’ho scelto io , e in esso s’annidava tutta la mia tenera ingenuità di allora, i miei confini così ristretti e carichi di aspettative. Giocavamo a chi fosse più alto e mi piaceva vincere facile fino a quando non decidevi di issarti sulle zampe posteriori. Che forza spropositata avevi, tanta da spezzare la catena. Ma ricordo c’era una cosa che avevi ancora più grande, l’ingenuità o la fiducia nell’uomo, perché quando vennero i ladri, tu non muovesti loro contro, ma son sicuro giocasti mentre c’arrecavano danno, eppure la catena l’avevi spezzata anche quel giorno. E quel giorno inevitabilmente segnasti anche il tuo destino. Ognuno di noi aveva il suo ruolo nella fattoria, e tu eri venuto meno al tuo dovere, e poi mia sorella di soli 3 anni aveva paura di te. In maniera subdola ci divisero e non ti rividi mai più. Quel giorno, amico mio, ti persi per sempre. Ho pianto fino a dimenticarlo, perché dimenticando di aver pianto, avrei dimenticato anche l’origine del mio dolore. Dimenticandomi di te ti uccisi. Mi dissero è necessario.Accanto al palo di legno e alla catena poso la prima rosa. La prima rosa è per te amico mio.