solostellacadente

Storia d'Amore


Non ha proprio voglia, stasera, di leggere.Demotivato, ozioso, forse anche stanco per la lunga giornata di lavoro appena trascorsa, Marco spalanca l’ampia vetrata e respira l’aria della sera. Esce nella stretta veranda, oltrepassa il divano in vimini e si affaccia. Le piante che, in vasi rettangolari incorniciano il davanzale, sono arse, spente, abbandonate. Rientra e si sigilla in soggiorno.  Prende uno dei suoi libri, da poco sistemato nella libreria, perché è l’ultimo romanzo letto.Si avvia nella stanza da letto. Poggia il libro sul comodino, siede sul letto non rifatto, toglie le scarpe, slaccia la cinta, sbottona i jeans e accomoda il cuscino prima di sdraiarsi.Sfoglia il libro, la luce è insufficiente per leggere e non è ciò che intende fare.Marco ripercorre i suoi ultimi mesi sfogliando le pagine. Scontrini, biglietti, ricevute fiscali, cartoline, lettere lo riportano indietro. Sfila un foglio lievemente sgualcito, lo annusa e scompare in esso.  Anna lo accoglie stretta in un minuscolo accappatoio azzurro, scalza e sorridente. Non lo abbraccia, gli si scaraventa letteralmente addosso, lo bacia.Dalla cucina il profumo dell’arrosto è invitante.Anna non gli dà il tempo di niente, gli sfila la polo e lo lecca. Adesso, Marco ricorda perfettamente quell’istante. Avrebbe voluto avere il tempo di andare in bagno, lavarsi le mani, rinfrescarsi. Ricorda il sottile fastidio provato e subito sopraffatto dall’eccitazione.Con le spalle alla parete lascia che Anna lo percorra.Non agevolava le ricerche di lei. L’accappatoio è per terra, le mani grandi di Marco sui capelli ancora bagnati. Si spingono a vicenda e nudi sono sul tappeto. Scherzano, ridono fra baci sempre più caldi, dita impavide, lingue avvolgenti.Lei gli è sopra, seduta. Un silenzio di sguardi. Un gioco di amore e passione. Solo la voglia di dare piacere all’altro: il piacere massimo è godere del godimento dell’altro.Un’altalena li unisce.Adesso Anna è la sua coperta, non avrà più freddo. Ricompare, richiude il foglio nel libro, nasconde il viso fra le mani e piange. La sirena del 118 lo sveglia di soprassalto.Controlla l’ora nella radio sveglia, sono le 5. Troppo presto per alzarsi. Allunga il braccio, troppo tardi per riaverla lì, distesa al suo fianco. Afferra il libro e tira fuori il foglietto consolatore. Non l’avrebbe svegliata. Sarebbe rimasto immobile nella penombra a fantasticare sui mille modi in cui, al risveglio, avrebbero potuto fare l’amore. Troppo tardi, era troppo tardi ormai.Anna era una donna semplice ed ingenua quanto volitiva e caparbia, come la terra dalla quale veniva.Trascorreva la giornata in casa, a studiare e riordinare, cucinare, spolverare, annaffiare e  cantare. Con dignità aveva superato tante difficoltà. A Marco non chiedeva nulla in più di ciò che dava e l’unica condizione che gli poneva, nel loro rapporto nascente, era lealtà e schiettezza.<<Se dovessi stancarti di me, basta che tu me lo dica e scomparirò!>> le aveva detto un pomeriggio, di quella indimenticabile estate, mentre si stringevano in ascensore. Non tralasciava occasione per regalargli effusioni, sorrisi, certezze.Un tardo pomeriggio di fine agosto, Anna decise di andarlo a trovare in ufficio.La città era deserta. Lo scirocco era calato ed un venticello frizzante solleticava le braccia e le gambe nude di Anna. Mancavano 10 minuti ancora all’orario di chiusura del grande magazzino in cui lavorava Marco. Fra poco, sarebbe apparso in strada e si sarebbe diretto verso casa. Gli avrebbe fatto una sorpresa. Sarebbero saltati sul primo tram, diretti al parco e lì, su una panchina, intrecciati avrebbe ascoltato le peripezie della giornata. Ferma sul marciapiede opposto osservò i dipendenti uscire, irrequieti, lucidi.Non vedendolo arrivare in strada, salì. Bussò alla porta, non ebbe risposta ed entrò. La serranda era abbassata, non fece subito mente locale e lo chiamò. Poi, vide i pantaloni sulla spalliera della poltrona, la polo per terra. Sollevò gli occhi e lo vide uscire dalla porta del bagno in boxer.Non si mosse. Era smarrita, stravolta, incredula. Lo fissò e tornò indietro senza dargli il tempo di spiegare, di dire nulla.Tornato a casa, Marco, trovò un foglio ripiegato accanto all’anello d’oro bianco regalatole quindici giorni prima.Attonito, disperato entrò, come un folle, in camera da letto. Le ante dell’armadio spalancate, il cuscino sul letto rigirato, dalla parte in cui Anna dormiva, la sottana rossa non c’era più.Digitò cento volte il numero del cellulare della sua dolce Anna, una voce ripetitiva lo informava che l’utente era momentaneamente irraggiungibile.Le 6. Stringe il cuscino sul viso, cerca quel profumo, soffoca un grido disumano e, per l’ennesima volta si maledice per averla persa. Dieci giorni senza lei sono tanti!Impreca e spera che accada un miracolo. Immagina che suoni il campanello, che sia lei.Adesso parla con lei, sogna di gridarle <<Ti Amo, non so cosa sia successo! Perdonami, senza te mi manca l’aria.>>Le 6,15. Va in cucina, mette la moka sul fuoco e cerca il cellulare. La chiama. Dà libero. Sente il suo respiro. <<Anna, ho bisogno della tua voce, parlami. Anna, torna a casa. Dammi un’altra possibilità.>> Lei balbetta: <<Ti amo tanto>> e riattacca. Spegne il fuoco, sorseggia il caffè in piedi e sente irrefrenabile il bisogno di leggere di nuovo e ancora quelle frasi:<<Ho preso metà dei soldi messi da parte per il nostro viaggio, te li restituirò appena mi sarà possibile. Sono stata bene con te. Tua Anna>>.