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Notti bianche, bufale e bar...


Un po' di tempo fa ero dietro il bancone del bar, tutto intento a somministrare intrugli più o meno alcoolici agli spietati avventori: un simpatico coacervo di giovanotti belli aitanti, pieni di vita e di deodorante ascellare, tirati come non mai e con i sensi tesi verso le pupe, aitanti anch’esse e supertiratissime. Una simpatica scenetta: un’occhio alle bottiglie e un sensore distrattamente aperto alle chiacchiere ed ai vari tentativi di abbordaggio! Alla destra del bancone, ben oltre la macchina del caffè, laddove la luce era più discreta, si trastullava una coppietta, ma così ammodo, che a guardarli mi dicevo: “beati loro, ma guarda come stanno bene vicini quei due”, insomma: sai quando vedi quelle coppie che parlano per ore e ore, incuranti di quello che succede attorno a loro, lui così pieno di premure e lei cosi prodiga di sorrisetti e di sguardi maliziosi?Lui che offriva Tennent’s doppio malto a nastro e la bella Giulietta che, con una tenerezza disarmante, faceva piazza pulita di boccali e di sigarette (ad un certo punto rammento che il pacchetto di Marlboro lights di lei giaceva vuoto ed accartocciato in fondo al posacenere invaso di mozziconi e lui che offriva volentieri le sue ultime eroiche Diana blu dure, che lei divorava). Proprio carini.Quest’andazzo si protrasse per diverse ore, tant’è che, verso le due, già immaginavo il nostro Romeo alzarsi con garbo (tutto il garbo di cui sei capace dopo esserti scolato due pinte e mezza di birra a nove gradi e passa, tutto il garbo necessario a controllare la massa gelatinosa delle gambe e il cervello, che in quei momenti pare una miscela malsana di melassa e testosterone), aiutare lei a rimettersi la giacca e, con aria di un san Giorgio che si appresta a trafiggere il drago della calca che impedisce loro  di guadagnare l’uscita del locale, affettare un gesto ed un sorriso eloquenti verso di lei e tuffarsi entrambi nella notte, la magica notte che riserverà a questi due (amanti)  la sua bellezza: l’aria frizzante, il cielo limpido e stellatissimo, il freddo che fa istintivamente venire voglia di stringersi mentre si va verso l’auto parcheggiata eccetera eccetera eccetera.            Questo ameno quadretto che avevo composto nella materia grigia e che destava in me un senso di lietezza e di genuina ed altruistica compiacenza venne letteralmente e crudelmente mandato in frantumi da un cazzo di squillo di telefonino, quello di lei.- “Pronto?- Sì?” (attimo di pausa, espressione interrogativa).-“Ciaaaoo!” (fine della pausa e palese espressione di compiacimento e soddisfazione).-“Si, sono al Wallace! Dove sei? Nei dintorni?”-“…no, no, nessun impegno! (sorriso). “Come? In piazza tra venti minuti?” (momentaneo sguardo corrucciato a Romeo, frattanto diventato di sale!).-”Si, va bene, allora a tra poco, va bene…anche a te, ciaoo”.Richiuse con calma il Motorola, lo ripose piano nella borsetta, quasi che nel compiere il gesto prendesse attimi preziosissimi per imbastire uno straccio di scusa (cosa dire e come dirlo al piccolo grande cavaliere lì di fronte, nel frattempo in procinto di stramazzare al suolo come colpito lui da una lancia scagliata dal giavellottista drago?).            Successe tutto così rapidamente che solo l’esperienza di uomo da bar permise di non mostrare lo sbigottimento che provai in quei momenti; sbigottimento e sincero dispiacere per il buon Romeo che nel volgere di quarantacinque secondi aveva cambiato totalmente umore, espressione e qualche tratto somatico.Il resto è scontato,  un finale degno del più decadente Humphrey Bogart o del più bogartiano “Sorrow “ (versione fumettistica : vedi “Il Monello” a colori,  primi anni ottanta): lei che guarda lui con negli occhi un misto di riconoscenza e di impazienza, con un sorriso liquido che sembra voglia accennargli un qualcosa di simile ad un grazie, si porta la mano sinistra all’orecchio a mo’ di cornetta, un ultimo caimanesco sorriso, e giù sola nella notte, nella imprevedibile e fantastica notte.Lui non ha il coraggio (o forse lo stomaco) di finire la sua birra ormai tiepida (non c’è più l’invitante condensa attorno al bicchiere). Ma ha  i polmoni per finire in tre voraci boccate l’ultima Diana blu del pacchetto (è la seconda in tutta la serata: “che lei non pensi mai che io sia un accanito della sigaretta, questo mai! Cosa penserebbe di me?”). Spense ciò che rimase nel posacenere, guardando in direzione  della brace. In quel momento ero più vicino a lui e la cosa che più mi colpì era il suo sguardo, uno sguardo fisso e spento in direzione del posacenere ma che era anche pieno di immagini e frammenti di immagini, posto che si possa dare un’immagine alla delusione,  alla gelosia, all’impotenza, a tutto l’amaro che può lasciare in bocca una “bufala non plausibile”! Pagò e uscì.