CONTROSCENA

L'autoritratto di Lorenzo Gleijeses


Conoscete il Tacheles di Berlino? Deposito logistico delle SS durante la guerra, oggi è diventato esattamente l'opposto: uno spazio di libertà assoluta, una fantasmagorica officina di artisti in cui, ad ogni piano e in ogni stanza, incontri chi dipinge, chi suona, chi recita, chi canta e chi danza, al di fuori di qualsiasi logica o progetto omologante.   Ebbene, Lorenzo Gleijeses - con il suo «A portrait of the artist as a young man», allestito nell'ambito del Napoli Teatro Festival Italia - ha fatto esattamente la stessa cosa, ma al contrario, procedendo dal «positivo» al «negativo»: ha trasformato l'ex Asilo Filangieri, oasi dell'innocenza infantile e dell'educazione (da «ex-ducere», nel senso di «estrarre da» per «inquadrare in»), nell'arena della sottigliezza intellettuale e della perversione (da «pervertere», nel senso di «stravolgere»). In tutti gli ambienti dell'antico edificio - dalla cappella ai terrazzi, dal refettorio alla biblioteca - il pubblico itinerante s'imbatteva nei più vari e variegati e variopinti performer, dagli attori e dagli scenografi agli artisti visivi e ai film-maker.   L'insieme, è ovvio, procedeva per l'appunto sul filo dell'accostamento di opposti: tanto per fare qualche esempio, all'amplificazione assordante del battito d'ali di trecento uccelli veri chiusi in una teca di vetro corrispondeva, in una vetrina posta di fronte, lo sfarfallìo silenziosissimo di fiocchi di neve finti; e su un gigantesco manifesto, il «fujtevenne» di Eduardo s'accoppiava con l'immobilità programmatica e insuperabile dei Vladimiro ed Estragone di Beckett. E con ciò, si capisce, dico anche dell'ironia altrettanto allusiva e anarchica che presiedeva all'operazione nel suo complesso: vedi, per fare ancora un esempio, i sacchetti della monnezza che al lieve venticello serale si dondolavano in aria al posto, mò ci vuole, dei palloncini cari ai bambini.   Tra i partecipanti all'evento vanno citati almeno Pietro Babina, lo Zapruder Filmmakers Group, Roberto Crea, Kinkaleri e, naturalmente, lo stesso Lorenzo Gleijeses, che con il suo nuovo spettacolo - non meno allusivamente e ironicamente intitolato «Cerimonia» - giusto nella cappella ha letteralmente mandato in frantumi il codificato e paludato rito teatrale che oggi dilaga.   Il testo, freneticamente, non faceva altro che negarsi in quanto tale, e anche qui sul filo di opposti che si chiamavano, per intenderci, da un lato Macbeth e dall'altro Concetta Mobili. Finché l'antiprotagonista, debitamente affiancato da Manolo Muoio e Anna Redi, non lo affogava nelle spire di corse e salti e contorcimenti ad un tempo inesausti e ineffettuali.                                                  Enrico Fiore(«Il Mattino», 1 luglio 2011)