CONTROSCENA

Una "Tempesta" da realismo socialista


La tempesta che affonda la nave di Antonio e Alonso è il manifestarsi dei lampi, degli scrosci di pioggia e dell'annaspare dei naufraghi nel vano delle porte della stanza in cui sta seduto Prospero, lo sguardo fisso e un lieve tremito nelle mani.   Ecco, basterebbe un simile attacco a dire dell'intelligenza e della precisione messe in campo da Declan Donnellan per l'allestimento di «The Tempest» presentato al Mercadante nell'ambito del Napoli Teatro Festival Italia. Perché, lo sappiamo, quella tempesta si scatena nella mente di Prospero, è la proiezione del suo desiderio di vendetta. E inoltre, badiamo al fatto che la porta costituisce la Soglia, il punto di passaggio da una dimensione a un'altra.   In poche parole, il Prospero di Donnellan incarna il passo decisivo de «I turbamenti del giovane Törless» di Musil: «[...] tra la vita che si vive e la vita che si sente, che s'intuisce, che si vede di lontano, è una frontiera invisibile; la porta stretta in cui le immagini degli avvenimenti debbono infilarsi, per passare nell'uomo». Infatti, il gran personaggio di Shakespeare toccherà il culmine del suo rito sapienziale (ché questo è «La tempesta») quando smetterà di sostare sulla soglia fra la realtà e la magia, quando, cioè, sarà capace del «separare» hofmannsthaliano, di scegliere l'umano rispetto al divino, l'evidenza rispetto al mistero.   Ma molte altre sono, al riguardo, le invenzioni pregnanti del regista inglese: a cominciare dalla moltiplicazione per cinque di Ariel, che è, insieme, il rimando alla sua ubiquità, in quanto spirito dell'aria, e un'ulteriore sottolineatura, a mo' di simbolo, della generale «indecisione» in atto. E questo senza contare l'ironia straniante di cui Donnellan già diede ampia prova nella versione de «La tempesta» che vidi a Taormina nell'agosto dell'88.   Qui, per esempio, Calibano, Stefano e Trinculo capitano in un grande magazzino a fare acquisti griffati con la carta di credito. Mentre il trionfo di falci sullo sfondo dei campi di grano è, nello stesso tempo, una frecciata satirica contro l'iconografia ufficiale imposta dal realismo socialista e il richiamo, ancora una volta, alla concretezza quotidiana verso cui si evolve Prospero.   Infine gli attori russi con i quali Donnellan lavora da anni. Sono semplicemente strepitosi, e assolutamente straordinari appaiono i risultati che produce la fusione del loro robusto attenersi al metodo psicologico di Stanislavskij con la strategia concettuale di Donnellan. Vanno citati almeno Igor Yasulovich (Prospero), Anna Khalilulina (Miranda) e Aleksandr Feklistov (Calibano). Acclamazioni finali, ovviamente.                                                Enrico Fiore(«Il Mattino», 2 luglio 2011)