CONTROSCENA

La bella giornata di nuovo ferita


Se esiste una cosa esattamente opposta a Raffaele La Capria (voglio dire alla sua poetica, alla sua scrittura e ai suoi temi centrali), quella è il teatro. A cominciare dal fatto che il teatro conosce solo l'opzione del presente, mentre in La Capria hanno un ruolo assolutamente decisivo quei salti di spazio e di tempo che sono, invece, il cardine fondamentale di ciò che si chiama specifico filmico. Insomma, siamo alla differenza fra il corpo (l'epifania scenica) e l'immagine (l'apriorismo letterario).   Una prova di tutto questo è, in «Ferito a morte», l'episodio (tanto significativo che La Capria non ha potuto fare a meno d'inserirlo nella personale antologia della propria opera omnia intitolata «Chiamiamolo Candido») della spigola che «scompare» dietro il cassettone o sotto il letto di Massimo. Un episodio che si traduce in un'autentica dissolvenza incrociata: che poi, a sua volta, traduce lo scarto - in La Capria ineluttabile - fra la realtà e il pensiero, fra la storia e la metafisica. Senza contare che il teatro sconta quasi stabilmente la caduta in quel naturalismo che lo stesso La Capria giudicò, puramente e semplicemente, «repressivo».      Non so, quindi, che cosa potrà essere - fatto salvo, si capisce, il lodevole intento di celebrare i cinquant'anni di quel romanzo - l'allestimento tratto da «Ferito a morte» che debutterà nella prossima edizione di Benevento Città Spettacolo. Ma so che, paradossalmente, è stato una cosa buona il «Preludio» che ne ha offerto il Napoli Teatro Festival Italia al Bagno Sirena, proprio sotto il fatidico Palazzo Donn'Anna: e dico paradossalmente perché, giusto, non si è trattato di teatro, bensì di un reading-concerto.   Ebbene - a parte il fascino del luogo e delle musiche di Paolo Vivaldi, eseguite da lui stesso al piano e da Yasemin Sannino (voce), Prisca Amori (violino) e Claudia Della Gatta (violoncello) - il miracolo l'ha compiuto Mariano Rigillo in sintonia col regista Claudio Di Palma. Basterebbe pensare all'attacco, che rimandava per l'appunto al cinema. Giacché Mariano interpretava il citato episodio della spigola prima non stando in vista e poi arrivando a poco a poco sul palco. In breve, riproduceva dal vivo la dissolvenza incrociata di cui dicevo.   Il resto, s'intende, era affidato all'alto magistero stilistico di Rigillo. E un brivido ci ha colti quando la sua voce è diventata l'eco delle note famose di Charles Trenet. «Que reste-t-il de ces beaux jours»? Che cosa resta della bella giornata di Raffaele La Capria e della giovinezza disillusa di tanti di noi?   Ferito anche l'inizio della serata, dalle proteste di quanti - a causa di talune disfunzioni organizzative (parliamo di uno spettacolo ad ingresso libero fino all'esaurimento dei posti) - non erano riusciti ad entrare.                                                  Enrico Fiore(«Il Mattino», 8 luglio 2011)