CONTROSCENA

L'Accademia di Brutte Arti - 1


Pubblico qui di seguito il testo della lettera raccomandata che il 23 gennaio scorso ho inviato alla professoressa Giovanna Cassese, direttore dell'Accademia di Belle Arti di Napoli, e per conoscenza al professor Sergio Sciarelli, presidente dell'Accademia stessa.  «Gentile Professoressa,a Napoli sono l’unico giornalista professionista che faccia il critico teatrale. E lo faccio, ormai, da circa cinquant’anni. L’ho fatto per «Il Tempo» (quando era il terzo quotidiano d’Italia, dopo il «Corriere della Sera» e «La Stampa»), l’ho fatto per «Paese Sera» (della cui redazione napoletana sono stato tra i fondatori) e lo faccio, dal 1984, per «Il Mattino». E nel corso di questi cinquant’anni ho tenuto a battesimo, o comunque fiancheggiato, tutto ciò che di decisivo è avvenuto in città, e non solo nel campo teatrale: dalla post-avanguardia e dalla nuova spettacolarità dei vari Lucariello, Martone e Servillo alla «Carmela» di Sergio Bruni, l’unica canzone che sia entrata nell’immaginario collettivo di oggi e che sono stato il primo a sentire, ancora in fase di composizione.   È sulla base di questo status professionale e di questo curriculum che mi permetto di scriverLe, a proposito della mostra «Due teatri, un regista» promossa e ospitata dall’Accademia da Lei diretta e dedicata alla vicenda del Teatro Esse e alla figura del suo fondatore e regista stabile, Gennaro Vitiello.   Poiché tenni a battesimo anche il Teatro Esse, essendo l’unico giornalista e l’unico critico (fu in quell’occasione che scrissi la mia prima recensione) presente la sera del 27 dicembre 1966 all’inaugurazione della storica sala con «La magia della farfalla» di Lorca, Giovanni Girosi, curatore della mostra in questione insieme con Paola Visone, mi pregò pressappoco in ginocchio di dargli, per il catalogo dell’esposizione, un mio scritto che ricostruisse il clima culturale dell’epoca in cui si sviluppò la parabola artistica in oggetto.   Inutilmente tentai di schermirmi: vivo molto appartato e nella convinzione assoluta che fra il critico e il settore di cui si occupa non dev’esserci alcuna compromissione. Infatti, a differenza di altri non faccio parte di consigli d’amministrazione di teatri (pubblici o privati che siano), non partecipo a conferenze o dibattiti organizzati dai teatri, non scrivo nei programmi di sala dei teatri medesimi e non insegno nelle loro cosiddette scuole. Ma Giovanni Girosi riuscì a convincermi. E gli diedi, quindi, lo scritto che mi aveva chiesto: ponendo, però, tutta una serie di condizioni, precise e inderogabili.   Non sto ad elencarglieLe, per non tediarLa oltre misura. Le dico soltanto che sono state tutte ignorate. Ma la cosa più grave, e completamente inammissibile, è che – come ho già detto via e-mail a Paola Visone – dal catalogo della mostra recapitatomi a casa si evince che sono stato arruolato, a mia insaputa, in un «comitato scientifico» di cui fanno parte alcune persone insieme con le quali mai e poi mai sarei potuto stare. Me lo avrebbero drasticamente vietato per l’appunto il mio status e il mio curriculum professionale, nonché, specialmente, le mie convinzioni sul piano culturale e, perché no?, politico.   Ribadisco anche in questa sede che alla mostra sul Teatro Esse e su Gennaro Vitiello non ho dato il benché minimo contributo personale né sotto il profilo teorico né sotto quello organizzativo. E attendo, perciò, un Suo cortese cenno di risposta che mi spieghi come e perché si sia potuto verificare l’arruolamento di cui sopra.   Nel ringraziarLa per l’attenzione, Le porgo i miei più cordiali saluti».Il seguito al post successivo.                                               Enrico Fiore