CONTROSCENA

Latella va in Siberia col "Tram"


ROMA. «Con questo "Tram" sono arrivato addirittura in Siberia». La battuta di Antonio Latella si riferisce da un lato al suo allestimento di «Un tram che si chiama Desiderio», che Emilia Romagna Teatro e Stabile di Catania stanno presentando a colpi di «esaurito» all'Argentina di Roma, e dall'altro alla trilogia euripidea («Elettra», «Oreste», «Ifigenia in Tauride») che si prepara a mettere in scena con gli attori dello Starij Dom di Novosibirsk.   Partiamo da Tennessee Williams, allora. L'idea su cui Latella fonda questa lettura del suo capolavoro è semplicemente strepitosa. Il dottore che alla fine accompagnerà Blanche in manicomio qui è presente sin dall'inizio: dice le didascalie, dà agli attori l'attacco delle battute, prende appunti. Si pone, in breve, come quel particolare regista che è lo psicanalista. E di conseguenza, lo spettacolo diventa una vera e propria indagine clinica, con il plot che si traduce nel succedersi dei ricordi della protagonista: una che, non dimentichiamolo, si guarda vivere e, dunque, mente (noi ricordiamo, appunto, solo ciò che vogliamo ricordare) per trasformare la realtà effettiva in quella che lei vorrebbe che fosse.   Gli stessi oggetti di scena (le sedie, la vasca da bagno, il lavabo...) sono incarnazioni di quei ricordi, giacché inglobano proiettori e amplificatori diventando a loro volta, da semplici appoggi visivi per la comunicazione del senso, essi stessi produttori di senso. E splendidi, ci mancherebbe, risultano gl'interpreti di questo spettacolo potente, crudele e, pure, tenero fino a riempirti gli occhi di lacrime: Laura Marinoni (Blanche), Vinicio Marchioni (Stanley), Elisabetta Valgoi (Stella), Giuseppe Lanino (Mitch), Annibale Pavone (Eunice) e Rosario Tedesco (il dottore).   Difficilmente, per esempio, riusciremo a toglierci dalla testa e dal cuore la trasognata «Ne me quitte pas» che canta questa Blanche: c'è dentro tutto il rimpianto, che a tutti appartiene, per la vita come poteva essere e non è stata. Ma chiediamoci, adesso, qual è il legame fra il «Tram» e la trasferta in Siberia a cui accenna la battuta del regista napoletano.   Dice Latella: «Innanzitutto, ad accomunare i personaggi di Williams e quelli di Euripide è la perdita dell'identità. Blanche e Stanley, certo, vivono negli Stati Uniti, ma non hanno un proprio centro: lei è folle, lui è polacco... ed Elettra, Oreste e Ifigenia sono, in questo senso, ugualmente orfani. Sono i primi uomini e donne del dubbio, che mettono in discussione persino gli dei. E l'altro legame fra il "Tram" e le tragedie che sto allestendo a Novosibirsk risiede nel tema del crollo degli eroi, sostituiti nell'età moderna dai vari Superman, Batman e Hulk: i personaggi fumettistici che gli uomini s'inventano per fronteggiare il proprio inconscio e le proprie incertezze».   Sì, ma perché allestire le tragedie di Euripide proprio in Siberia? La risposta di Latella non poteva essere più precisa: «Perché là vivono in un isolamento che nello stesso tempo li ha protetti e non li ha fatti crescere. E anche qui, per giunta, torna il tema degli orfani: gli abitanti della Siberia sono orfani dei valori e delle ideologie che hanno fatto la loro storia e costruito il loro modo di pensare e di sentire; ed è per questo che, rispetto ai personaggi del "Tram", costituiscono un'immagine speculare: hanno preso a credere nel "sogno americano" che per quelli è crollato».   Infine, il regista di questo «Tram» - che, a quanto pare, è meglio dell'Orient Express - farà ritorno a Napoli, dove, per il Teatro Festival Italia, allestirà uno spettacolo sulla sceneggiata. Come sarà? «Non ci saranno pistole. Ad essere uccisa sarà solo una certa tradizione. Perché prima o poi i padri, appunto, li devi uccidere».                                             Enrico Fiore( «Il Mattino», 10 marzo 2012)