CONTROSCENA

Lanzetta tra Schettino e Piero Ciampi


L'edelweiss, lo sappiamo, è un fiore che cresce solo in alta quota. Ma per Peppe Lanzetta è il nome che avrebbe voluto Assuntina, da anni e anni iscritta inutilmente al collocamento. E dunque, l'insieme surreale di quel nome desiderato e di quel nome anagrafico, alludendo sotto specie di simbolo da un lato alla montagna e dall'altro alla pianura, traduceva con icastica evidenza lo scarto perverso fra il sogno (il posto fisso) e la quotidianità (il lavoro precario da commessa) che scontano tante delle Assuntine di oggi.   È solo un esempio, ma serve bene, credo, a dare un'idea dei contenuti e delle forme di «Prima vedere cammello», lo spettacolo con cui Lanzetta ha voluto ricalcare il palcoscenico proprio in quel Sancarluccio che lo lanciò all'inizio degli anni '80. Si procedeva, in breve, nel solco degli slittamenti di senso: di modo che, poniamo, dal Pil di Monti arrivavamo alla Nunziatina dei Cristallini che quel problema non ce l'ha perché, assicura, va ogni settimana dall'estetista. Senza contare lo Schettino che s'è comprata la barca di D'Alema con i soldi che gli ha dato Mondadori per scrivere il libro «Isola del Giglio, levateve 'a 'nanze ca a chi piglio piglio».   Ma poi, a riprova di questa sapiente oscillazione fra l'«alto» e il «basso», arrivavano - con l'appoggio del musicista Jennà Romano e dell'attrice Antonella Raimondo - «Vincenzina e la fabbrica» di Jannacci, «Alla mia nazione» di Pasolini e «Il vino» di Piero Ciampi tradotto in napoletano. Il Sancarluccio tornava all'epoca d'oro dei vari Benigni, Troisi, Ruccello, Moscato e Servillo.                                        Enrico Fiore(«Il Mattino», 13 marzo 2012)