CONTROSCENA

La moglie, il marito e l'amnesia


Eric-Emmanuel Schmitt, uno dei più prolifici e premiati autori francesi d'oggi, conferma anche in «Piccoli crimini coniugali» - l'atto unico che lo Stabile di Verona presenta al Bellini - quelli che sono il suo pregio e il suo limite: la capacità di far reagire temi ponderosi con lo spirito boulevardier e l'incapacità di evitare le cadute nel patetico e nella sentenziosità.   Qui - in ossequio all'andamento da thriller che spesso assumono i testi di Schmitt - scopriamo a poco a poco che Gilles Sobiri, il quale asserisce di aver perso la memoria a causa di un incidente domestico, in realtà ha soltanto «recitato» l'amnesia, allo scopo - dichiara - di capire perché la moglie Lisa l'abbia odiato fino al punto di tentare di ucciderlo. Ma non sarà l'ennesima bugia, fra le mille su cui si regge il fragile equilibrio di questa coppia? Lisa, infatti, sostiene che è stato Gilles a tentare di uccidere lei…   Ora, il regista Alessandro Maggi ha fatto bene a dare a Gilles Sobiri il nome e il cognome dell'autore, sottolineando, così, per l'appunto la costanza «ontologica» dei contenuti e delle forme che imperversa nella sua produzione. Il problema, però, è che si tratta dell'unica invenzione: per il resto assistiamo a una recita scolastica e innocua, che - sorvolando accuratamente sulle metafore e le allusioni di Schmitt - si trascina sul piano di un realismo minuto spinto sino allo strappo nella fodera della poltrona che, come dice Lisa, va cambiata.   Per dovere di cronaca, annoto che ad interpretare Lisa e Gilles sono Elena Giusti e Paolo Valerio. E la «colonna sonora» dello spettacolo si riduce a un assolo di tromba che torna ad intervalli più o meno regolari e che somiglia molto al «Silenzio»: quello che, come sappiamo, durante il servizio militare era il segnale che bisognava andare a dormire.                                      Enrico Fiore(«Il Mattino», 23 marzo 2012)