«Perché non vedervi ciò che definiremo puri "effetti Pirandello", cioè l'equivalente di quegli autoritratti che i pittori classici inserivano all'interno dei loro quadri per firmarli?». Jean-Michel Gardair, che lesse Pirandello in chiave psicanalitica, non avrebbe potuto focalizzare meglio il problema costituito da «Trovarsi». Appare, in assoluto, come uno dei più brutti fra i testi del Nostro: datato, dimostrativo, prolisso, confuso tra naturalismo e simbolismo, è inoltre gravato, per l'appunto, da plateali implicazioni autobiografiche. Non a caso, lo sappiamo, fu scritto per Marta Abba; e una dichiarata «proiezione» dello stesso Pirandello risulta, in tutta evidenza, il personaggio di Elj fuggevolmente amato dalla protagonista. Quest'ultima - Donata Genzi, di professione attrice - ha poi, per suo conto, un problema nel problema: che consiste nella necessità di spiegare a se stessa (e ai nobili sfaccendati e alle ragazzine perverse che si aggirano nella villa in riviera dove lei è ospite di un'amica di collegio) come sia possibile, contemporaneamente, dare in scena una vita reale a personaggi di fantasia e non averne, nella realtà, una propria, vale a dire una vita vera del proprio corpo e della propria anima veri. Ebbene, Enzo Vetrano e Stefano Randisi - registi dell'allestimento di «Trovarsi» che il Teatro di Messina presenta al Mercadante - un simile rovello lo prendono molto sul serio. E di conseguenza si danno (giusto anima e corpo) a sottolineare e moltiplicare quello che già nel testo è oltremodo evidente e invadente: il teatro nel teatro da un lato e l'autobiografismo dall'altro. Di qui, tanto per fare qualche esempio, i personaggi reiteratamente inquadrati sullo sfondo dei palchi, le battute spesso rivolte direttamente agli spettatori, la discesa in platea della mattatrice e alla fine, addirittura, l'immagine dei ruderi del Teatro Garibaldi di Palermo che la costumista e scenografa, Mela Dell'Erba, nel '96 restituì all'attività insieme con l'allora suo marito Matteo Bavera. Altro che l'intelligenza lucida e beffarda con cui, nel '93, rilessero «Trovarsi» Peppino Patroni Griffi e, sotto la sua guida, una Valeria Moriconi che inverava perfettamente il bellissimo inciso ancora da Gardair riservato a Donata: «… sorprendendosi un giorno in flagrante delitto di teatralità». Mascia Musy, pur impegnatissima e tecnicamente inappuntabile, è piuttosto lontana dalle sue prove migliori. Nella circostanza, in breve, sostituisce alla passione il mestiere. Enrico Fiore(«Il Mattino», 24 marzo 2012)
Pirandello nello specchio di un'attrice
«Perché non vedervi ciò che definiremo puri "effetti Pirandello", cioè l'equivalente di quegli autoritratti che i pittori classici inserivano all'interno dei loro quadri per firmarli?». Jean-Michel Gardair, che lesse Pirandello in chiave psicanalitica, non avrebbe potuto focalizzare meglio il problema costituito da «Trovarsi». Appare, in assoluto, come uno dei più brutti fra i testi del Nostro: datato, dimostrativo, prolisso, confuso tra naturalismo e simbolismo, è inoltre gravato, per l'appunto, da plateali implicazioni autobiografiche. Non a caso, lo sappiamo, fu scritto per Marta Abba; e una dichiarata «proiezione» dello stesso Pirandello risulta, in tutta evidenza, il personaggio di Elj fuggevolmente amato dalla protagonista. Quest'ultima - Donata Genzi, di professione attrice - ha poi, per suo conto, un problema nel problema: che consiste nella necessità di spiegare a se stessa (e ai nobili sfaccendati e alle ragazzine perverse che si aggirano nella villa in riviera dove lei è ospite di un'amica di collegio) come sia possibile, contemporaneamente, dare in scena una vita reale a personaggi di fantasia e non averne, nella realtà, una propria, vale a dire una vita vera del proprio corpo e della propria anima veri. Ebbene, Enzo Vetrano e Stefano Randisi - registi dell'allestimento di «Trovarsi» che il Teatro di Messina presenta al Mercadante - un simile rovello lo prendono molto sul serio. E di conseguenza si danno (giusto anima e corpo) a sottolineare e moltiplicare quello che già nel testo è oltremodo evidente e invadente: il teatro nel teatro da un lato e l'autobiografismo dall'altro. Di qui, tanto per fare qualche esempio, i personaggi reiteratamente inquadrati sullo sfondo dei palchi, le battute spesso rivolte direttamente agli spettatori, la discesa in platea della mattatrice e alla fine, addirittura, l'immagine dei ruderi del Teatro Garibaldi di Palermo che la costumista e scenografa, Mela Dell'Erba, nel '96 restituì all'attività insieme con l'allora suo marito Matteo Bavera. Altro che l'intelligenza lucida e beffarda con cui, nel '93, rilessero «Trovarsi» Peppino Patroni Griffi e, sotto la sua guida, una Valeria Moriconi che inverava perfettamente il bellissimo inciso ancora da Gardair riservato a Donata: «… sorprendendosi un giorno in flagrante delitto di teatralità». Mascia Musy, pur impegnatissima e tecnicamente inappuntabile, è piuttosto lontana dalle sue prove migliori. Nella circostanza, in breve, sostituisce alla passione il mestiere. Enrico Fiore(«Il Mattino», 24 marzo 2012)