CONTROSCENA

Un'illusione d'amore uccisa dai ricordi


A far da fondale, un intrico di case del ventre di Napoli: perché lei, Anastasia Finizio, è proprio come una pietra di quelle case, sta lì immobile e indifferente, senza attendersi altro futuro e altro cambiamento che la lenta consunzione. E se pure la coglie un colpo di vento (il ritorno del giovane Antonio Laurano, al quale aveva pensato, e l'illusione momentanea che possa esserci anche per lei, brutta e ormai quarantenne, un amore purchessia), subito ripiomba nell'asfissiante grigiore di una quotidianità in cui s'accampa solo il destino di dare sostegno a una parentela impastata di vecchiaia, rancori e sangue malaticcio.   Anastasia Finizio è la protagonista di «Interno familiare», il secondo racconto de «Il mare non bagna Napoli» di Anna Maria Ortese. E adesso diventa il personaggio centrale dello spettacolo omonimo che, tratto da quel racconto, Iaia Forte presenta nella Sala Assoli del Nuovo.  Colpisce immediatamente la gabbia per uccelli collocata su un lato, forse un richiamo a «Il cardillo addolorato»: ma è una gabbia vuota, perché questo spettacolo vive di sottrazione. Se avesse recitato, Iaia, avrebbe dato luogo a un'azione, avrebbe messo in campo il corpo; mentre così, attestata dietro il leggìo come a marcare una distanza dai fatti narrati, mette in campo soltanto immagini. E non si sarebbe potuto tradurre meglio quanto, a mo' di chiave per comprendere a fondo «Il mare non bagna Napoli», la Ortese scrisse in margine all'edizione 1994 del suo celebre libro.   Quel libro, scrisse la Ortese, «fu visione dell'intollerabile, non fu una vera misura delle cose». Ciò che, peraltro, rimanda alla natura stessa del teatro, ch'è sempre il luogo del simbolo e mai quello del realismo. E un autentico colpo d'ala Iaia Forte ci regala in proposito.   A fronte della sottrazione programmatica, il suo spettacolo si concede una sola dilatazione: laddove nel testo della Ortese la canzone «Core 'ngrato» appare ridotta alla breve citazione «Tutto è passato», Iaia canticchia trasognata anche i versi precedenti, e cioè per l'appunto il passato. E torna in mente l'accorato rimpianto di Cardarelli: «I ricordi, queste ombre troppo lunghe / del nostro breve corpo, / questo strascico di morte / che noi lasciamo vivendo»…   Già, sono stati i ricordi a uccidere l'illusione di Anastasia. E perciò va visto, lo spettacolo di Iaia Forte. Grida la vita, che conosce solo il presente.                                        Enrico Fiore(«Il Mattino», 21 aprile 2012)