CONTROSCENA

E Dante incontra Dalla


«Per me il compito più importante era quello di ridurre tutto a un livello umano e semplice. Durante le prove abbiamo consapevolmente e deliberatamente cercato questa umanità e questa semplicità». E ancora: «Credo che la cosa principale che Dante vuole comunicarci sia la richiesta di leggere, apprendere e capire il testo, cercando di coglierne il significato senza essere pigri e dimenticando ciò che si è letto al riguardo».   Tanto, fra l'altro, mi disse Eimuntas Nekrosius a proposito del suo allestimento basato sulla «Divina Commedia» e i cui capitoli dedicati all'Inferno e al Purgatorio hanno debuttato in «prima» mondiale, al Verdi di Brindisi, nell'ambito della rassegna «Puglia Showcase» organizzata dal Teatro Pubblico Pugliese. E quelle parole mi riportano in mente un'acutissima osservazione di Auerbach: «Nell'imponente edificio del mondo esistente che attraversa, Dante è l'unico a cui esso non è ancora chiarito sia in sé, sia in quanto lo riguarda; le commozioni che ogni tappa della via da percorrere provoca, toccano lui stesso, perché ognuna è una parte della sua possibile sorte finale».   Nekrosius, insomma, punta più sul Dante «viator» che sul Dante «auctor». E con ciò realizza un ideale abbraccio del poeta fiorentino con lo Shakespeare e i classici russi che aveva frequentato in precedenza: giacché, per l'appunto, i vari Amleto, Macbeth e Anna Karénina sono legati alla stessa condizione umana («alle situazioni psicologiche di tutti i giorni», precisa il regista lituano) verso cui risulta indirizzata questa rilettura scenica della «Commedia».   Basterebbe considerare, in proposito, la sequenza del primo incontro fra Dante e Beatrice: lei, in quanto pura idea (è il tramite fra l'infinità di Dio e la finitezza del poeta), lo lascia in una folla di sagome della propria testa, ma soprattutto, in quanto donna, coi suoi graziosi piedini gli passeggia sul cuore, a significare il proverbiale dispotismo femminile in amore.   Con questo dico pure dell'ironia demitizzante sparsa a piene mani da Nekrosius: vedi, poniamo, la scena in cui l'ammirazione di Dante per Virgilio lo spinge addirittura a raccogliere e a depositare sul proprio bavero la polvere che il poeta latino aveva spazzato via dal suo; senza contare l'irruzione del «caro amico, ti scrivo» di Dalla fra i commenti didascalici alla «Commedia» e del «Let it be» dei Beatles fra le pieghe del racconto di papa Adriano V, con l'aggiunta, sempre a titolo d'esempio, dei litigi fra Dante e la moglie e di quel Paolo e di quella Francesca ridotti a due ragazzotti dispettosi impegnati con quaderni e righello.   Ci sono anche sprazzi di toccante invenzione poetica, come quando i rami spezzati degli alberi in cui si celano i suicidi diventano lettere spedite ai vivi perché non li dimentichino. Ma, nel complesso, l'impressione è che ci si trovi di fronte a una sorta di laboratorio, a un'esercitazione scolastica priva della potenza visionaria che costituisce la caratteristica pregnante e preziosa del lavoro di Nekrosius.   Non più che impegnata e precisa, dunque, risulta in tale contesto l'esecuzione della partitura verbale (ampie citazioni dalle due Cantiche in questione) e gestuale (multiformi azioni sospese fra la danza, il musical e il cabaret) ad opera della Meno Fortas, la celebre compagnia del regista di Vilnius: fra gl'interpreti principali Rolandas Kazlas (Dante), Vaidas Vilius (Virgilio), Ieva Triskauskaite (Beatrice), Beata Tiskevic (Francesca) e Remigijus Vilkaitis (il papa).   Il capitolo conclusivo dell'allestimento, quello relativo al Paradiso, andrà in scena a settembre - nell'ambito del 65° ciclo di spettacoli classici - al Teatro Olimpico di Vicenza, di cui Nekrosius è direttore artistico.                                             Enrico Fiore(«Il Mattino», 2 giugno 2012)