CONTROSCENA

Alice nel paese del porno


Il sipario di plastica trasparente, dietro cui si muovono personaggi dei quali non sentiamo le parole. Come si sa, costituisce un autentico leitmotiv negli spettacoli del regista scozzese Matthew Lenton. Ma dipende dall'uso che si fa di quel sipario se l'insistervi diventa un'affermazione di poetica o traduce soltanto un'epifania di manierismo.   In «Interiors» - lo splendido spettacolo che Lenton presentò al Sannazaro nell'ambito della seconda edizione del Napoli Teatro Festival Italia - il sipario in questione richiamava il concetto della Soglia, il luogo/non luogo centrale del nostro essere nel mondo; e, in particolare, si riferiva al passo decisivo de «I turbamenti del giovane Törless» di Musil: «[...] tra la vita che si vive e la vita che si sente, che s'intuisce, che si vede di lontano, è una frontiera invisibile; la porta stretta in cui le immagini degli avvenimenti debbono infilarsi, per passare nell'uomo».   In «Wonderland» - lo spettacolo che Lenton presenta, sempre al Sannazaro, nell'ambito della quinta edizione del Festival - il sipario in questione si limita a richiamare lo scarto fra la realtà fisica e quella virtuale. Infatti, qui la storia dell'Alice di Carroll s'intreccia con le vicissitudini di una ragazza europea, Felicity, che finisce a lavorare nell'industria del porno statunitense. Ma questo significa l'ovvio, mentre sarebbe stato assai più interessante lavorare su quanto in proposito sta a monte.   Già lo scrissi in sede di commento alla dimostrazione pubblica finale che, in merito a «Wonderland», il regista scozzese presentò nel 2010, ancora al Sannazaro, nell'ambito del corso da lui tenuto per la Nouvelle École des Maîtres. Anche nel caso di Carroll ci troviamo di fronte a una Soglia, giusto il suo secondo libro sulle avventure di Alice, «Attraverso lo specchio». Senonché, nel titolo originale l'autore chiama lo specchio non con il termine comune «mirror», bensì con la locuzione «looking-glass», letteralmente «vetro per guardare». Insomma, era proprio Carroll il primo voyeur. E il suo personale Specchio furono la scrittura e, per l'appunto, i libri su Alice.   Qui, invece, Lenton si riduce a svolgere un ordinario compitino farcito di qualche nudo, qualche accenno alla masturbazione e qualche fallo di gomma. E non c'è nemmeno l'ombra dei momenti estremi (?) da lui annunciati: i gemiti di piacere relativi a un amplesso che non si sarebbe visto e il video hard relativo a un amplesso che, al contrario, si sarebbe visto in tutti i particolari. La cosa più estrema (o, in ossequio alla varietà delle opinioni e dei gusti, più repellente) è il ricorso al «pissing» di un attore nei confronti di un'attrice.   Completano il quadro le reiterate sessioni di live cam erotiche, con tanto di donne che spalancano oscene la bocca e roteano lingue chilometriche. E non soccorre neanche un minimo soffio d'ironia, poiché Lenton sembra, in tutta evidenza, assolutamente convinto di aver messo in scena un travolgente sfracello rivoluzionario e catartico. Direi, però, che ad essere travolti sono solo gli attori, a cominciare dalla Jenny Hulse che veste (e più spesso sveste) i panni di Alice/Felicity.                                            Enrico Fiore(«Il Mattino», 24 giugno 2012)