CONTROSCENA

Se Hitler diventa presentatore televisivo


«I nulli tentano, ma solo i megli ci riescono». E ancora: «Parole in libertà, mai libertà di parola». Sono due degli slogan che risuonano durante lo show televisivo intitolato «M.K. Mortal Kabaret» e che è al centro dell'omonimo allestimento (testo di Roberto Russo, regia di Fabrizio Bancale) presentato dall'Arteteca nell'ambito della rassegna «Benevento Città Spettacolo». E si capisce fin troppo bene, allora, quali sono l'argomento che ci viene proposto e il modo in cui viene trattato.   Siamo di fronte all'ennesima variazione sul tema costituito, per l'appunto, dalla televisione, incubatrice dell'ignoranza, e dai suoi programmi tipici, catalizzatori di ogni obnubilazione della coscienza e di ogni addormentamento del cervello. Non a caso il piatto forte dello show in questione consiste nella gara che vede impegnati gli aspiranti allo status di «più megli». E per il resto non mancano, s'intende, il talk-show sui sentimenti, il dolore della tragedia umana di turno, l'approfondimento sulle tendenze della moda giovanile, lo spazio della promozione, la parentesi musicale e, naturalmente, il reality.   Il tutto viene ammannito in uno studio televisivo debitamente attrezzato con maxischermi in alta definizione per i collegamenti in diretta e in cui maramaldeggia il classico presentatore mellifluo e cinico, nella circostanza spalleggiato da una sorta di «drag queen» dal nome, Bestialität, che davvero - la battuta è obbligata - vale da solo un intero programma. Ma, come si sarà intuito, il testo di Russo si limita, sostanzialmente, alle freddure piuttosto facili e scontate delle quali ho fornito qualche esempio.   Latita, voglio dire, lo scavo in profondità che faccia lievitare la satira e l'iperbole verso la pregnanza di un'analisi fondata sui meccanismi ideologici e strutturali del linguaggio televisivo. Né la regia di Bancale va molto oltre una diligente impaginazione, mentre, fra gl'interpreti, si distinguono solo Riccardo Polizzy Carbonelli (il presentatore) e Daniele Russo (Bestialität).   L'unica novità è che, poi, la televisione viene considerata come un'applicazione delle teorie naziste circa il controllo delle menti, con citazioni da «Mein Kampf» e il presentatore che alla fine indossa il famigerato cappottone di pelle nera di Hitler. Francamente mi pare un po' esagerato. Senza contare che tale accostamento avrebbe imposto una corretta adozione del termine «Kabaret»: in tedesco si scrive con due «t» finali.                                          Enrico Fiore(«Il Mattino», 11 settembre 2012)