CONTROSCENA

Un "turco" fra Scarpetta e Totò


Come sappiamo, «'Nu turco napulitano» si fonda sugli equivoci a ripetizione scatenati dal fatto che a Pasquale Catone, ricco commerciante sorrentino di frutta secca gelosissimo della giovane moglie, si dà a bere che Felice Sciosciammocca, per suo conto piuttosto propenso a correre la cavallina, è un eunuco venuto da un harem di Costantinopoli: di modo che, una volta assunto in qualità di commesso, rappresenterebbe il miglior «guardiano» dell'onor coniugale che si possa immaginare.   Ma più che la trama, conta qui - come sempre in Scarpetta, e a maggior ragione se consideriamo che «'Nu turco napulitano» è del 1888, lo stesso anno del capolavoro emblematico «Miseria e nobiltà» - la struttura del testo. Infatti, la commedia consiste nella riduzione di «Un Parisien» di Edmond Gondinet: e davvero non a caso Scarpetta medesimo avvertì nel libro autobiografico «Cinquant'anni di palcoscenico» che, mentre nell'originale francese la falsa «capponaggine» di Felice «si scopre solo all'ultimo atto del lavoro», nella sua riscrittura «tutto si sa già fin dal primo atto».   Insomma, con Scarpetta l'attenzione degli spettatori viene interamente convogliata sullo schema della farsa e sul meccanismo giocoso dallo stesso avviato. Ma «Un turco napoletano» - lo spettacolo del Teatro Totò che ha aperto la stagione dell'Augusteo - guarda, più che alla commedia di Scarpetta, al film che nel 1953 ne ricavò Mario Mattoli: e tanto nel dichiarato intento di rendere omaggio all'incommensurabile Totò. Di qui le proiezioni di «esterni» sul fondale, nel tentativo di riprodurre i salti di spazio e di tempo propri del cinema.   Naturalmente, nella circostanza il fantasma del Principe De Curtis si materializza appena nell'imitazione andante della sua camminata marionettistica e nell'esecuzione volonterosa di «Miss, mia cara miss» da parte del regista e protagonista Giacomo Rizzo. Per il resto si dà luogo al solito repertorio di locuzioni scatologiche e di doppi sensi e gesti riferiti al sesso. Oppure si approda a «nonsense» del calibro: «Eunuco? Io conosco solo la nuca - La nuca è la moglie del nuco».   Intorno a Rizzo, che ovviamente presta a Felice Sciosciammocca il sostegno del mestiere, fra i componenti della sua ruspante compagnia mi pare di poter citare - a parte l'esperto Aldo De Martino, venuto a sostituire nel ruolo di Pasquale Catone un Sergio Solli annunciato e poi, chissà perché, scomparso - Antonio Romano (Ignazio), Stefania Benincaso (Lisetta) e Yuliya Mayarchuk, che, altrettanto ovviamente, presta a Colette il sostegno delle gambe.                                                          Enrico Fiore(«Il Mattino», 28 ottobre 2012)