CONTROSCENA

Un travet fra l'evaso e Pippo Baudo


È tornato fra noi quell'artigiano del teatro, e tanto appartato quanto provetto, che risponde al nome e cognome di Benedetto Casillo. È tornato fra noi nel senso che, chiudendo - almeno per il momento - le orecchie ai richiami delle sirene che pretendono di fargli fare tutto (Beckett, con ottimi risultati) e il contrario di tutto (Ruccello, con risultati pessimi), è tornato a fare quello che sa fare meglio e che, del resto, fa da una vita: la buona vecchia farsa napoletana.   Così, ha aperto la stagione del Sannazaro con «Il settimo si riposò», una commedia di Samy Fayad tenuta a battesimo, nel 1969, nientemeno che da Nino Taranto e che applica uno schema abituale di quell'autore: se, poniamo, all'avvocato Russolillo, il tranquillo protagonista de «Il papocchio» appassionato della vita dei santi, capita nello studio uno spiritato grande invalido a caccia dell'amante della moglie, ad Antonio Orefice, innocuo travet di null'altro desideroso che di trascorrere in pace (anch'essa santa) la domenica, capita in casa tal Capurro, un altrettanto esagitato evaso dal carcere di San Vittore.   Ora, in quanto adattatore del testo originale, Casillo si preoccupa di rinverdirlo con invenzioni gustose, come quella di Antonio che, da poco nata la televisione, pronostica che in un paio di settimane di Pippo Baudo non si sentirà più parlare; e, in quanto regista, si preoccupa con efficacia di conferire allo svolgimento della trama il ritmo veloce che per la resa di prodotti drammaturgici del genere è obbligato.   Infine - in quanto interprete nei panni, naturalmente, del malcapitato Antonio Orefice - Benedetto Casillo mette in campo tutta l'impagabile comicità sorniona che lo distingue. E fra gli ottimi suoi comprimari, vanno citati almeno Patrizia Capuano (Gemma), Gennaro Morrone (Capurro), Manila Aiello (Teresa) e Marco Lanzuise (Pinchi Pinchi). Da vedere, il divertimento è assicurato.                                                  Enrico Fiore(«Il Mattino», 1 novembre 2012)