CONTROSCENA

Riecco Zorro, nello stile dei Pooh


Ormai ci abbiamo fatto il callo alle litanie dei teatranti che pretendono di spacciare per attualissimo tutto quello che portano in scena: dal dramma satiresco alle prediche di Giovacchino Forzano passando per i misteri medievali. Ma a proposito di «W Zorro» - il musical che si dà all'Augusteo (testi di Stefano D'Orazio, ex batterista dei Pooh, e note di Roby Facchinetti, tastierista dei Pooh ancora in servizio) - mi sembra che il D'Orazio medesimo abbia esagerato un po' troppo. Ha dichiarato convinto: «A questa Italia malandata il mio eroe mascherato sarebbe molto, ma molto, utile».   Che facciamo, mettiamo Zorro al posto di Monti? E come ci arriverebbe nella nostra landa desolata, per caso a nuoto? È certo solo che, in attesa che ci allevi le pene dello spread e rimpolpi le scheletriche pensioni ai peones della Sanità, dal palcoscenico c'informano: «È tornato il guastasonni / delle notti dei tiranni, / state attenti tutti quanti, Zorro è qua»; e ci spiegano: «Siamo Zorro tutti quanti / tanti piccoli giganti / trascinati dalla forza di un'idea / mille gocce fanno un mare».   Non credo che i plutocrati del Belpaese si sentano turbati più di tanto da proclami rivoluzionari siffatti, e che, peraltro, appaiono mimetizzati fra la rosa offerta da Zorro all'amata Cecilia e il flamenco (come dire? volonteroso) che imperversa dall'inizio alla fine. Insomma, le sorprese davvero non si sprecano. Le musiche di Facchinetti somigliano alle musiche dei Pooh, lo Zorro di Michel Altieri somiglia al Renzo Tramaglino e al Dorian Gray interpretati da Altieri per la regia di Tato Russo, le coreografie di Fabrizio Angelini (che firma pure la regia) somigliano alle coreografie realizzate da Angelini per il musical «Aladin», sempre su testi di D'Orazio e presentato sempre all'Augusteo nel marzo dell'anno scorso.   Fra i comprimari Alberta Izzo (Cecilia) e Jacqueline Ferry (Consuelo). Completano il quadro le nuvole di fumo che a quanto pare son diventate imprescindibili in questo genere di spettacolo e, a ribadire l'importanza di «questo» Zorro, la sua reiterata moltiplicazione per dodici nelle scene corali in maschera.                                            Enrico Fiore(«Il Mattino», 11 novembre 2012)