CONTROSCENA

"Grease" e rock'n'roll stagionati


A volte (anzi, ormai piuttosto spesso) ritornano. Senonché - e purtroppo per loro e per noi - scarseggiano le materie prime (leggi gl'interpreti e i soldi) necessarie per procedere ai lifting del caso. La riprova ce la fornisce, all'Augusteo, l'ennesima nuova edizione del musical «Grease», sempre prodotta dalla Compagnia della Rancia e sempre diretta da Saverio Marconi.   Rispetto all'edizione originale, che debuttò al Teatro Nuovo di Milano il 4 marzo dell'anno di grazia 1997, adesso non c'è più Lorella Cuccarini, non c'è più Giampiero Ingrassia, non c'è più Amadeus, non c'è più Renata Fusco, non c'è più l'orchestra dal vivo. Che facciamo, ci accontentiamo della storiella d'amore fra Danny Zuko e Sandy Alston, i due studenti della Rydell High School resi noti, soprattutto, dall'interpretazione che ne diedero John Travolta e Olivia Newton-John nel film diretto da Randall Kleiser?   Certo, restano le canzoni, sostenute dalle trascinanti coreografie di Franco Miseria: un'autentica orgia di «terzine» e degl'irresistibili ritmi binari che il vecchio boogie prestò al neonato rock'n'roll nel clima disteso, appunto, degl'«imbrillantinati» anni Cinquanta. Ma è altrettanto certo che pesa come il proverbiale macigno l'assenza di Mal, chiamato nella citata edizione originale a rievocare, nientemeno, il Frankie Avalon che nel film eseguiva incomparabilmente «Beauty School Dropout».   Intendiamoci, non ho alcuna difficoltà ad aggiungere che, comunque, anche l'allestimento odierno del celeberrimo hit di Jim Jacobs e Warren Casey è accurato e gradevole, grazie alla solita perizia tecnico-formale garantita, giusto, dalla Compagnia della Rancia e dal suo regista stabile Marconi; e non disprezzabili, almeno sotto il profilo dell'impegno, risultano i protagonisti Riccardo Simone Berdini (Danny) e Serena Carradori (Sandy). Parliamo, però, di un prodotto commerciale di routine, e per giunta datatissimo sul piano dello stile.   Ci si poteva augurare che la Compagnia della Rancia, avendo deciso di varare questa nona edizione di «Grease», puntasse su un cast di giovanissimi, i quali - oltre ad assicurare entusiasmo ed energia maggiori e più genuini - sarebbero stati in sintonia (se non altro sul versante figurativo) con l'epoca di cui si racconta. Avremmo, così, assistito a un'operazione, non a un semplice e stanco ricalco.   Invece, ci tocca scorgere fra quei liceali addirittura qualcuno che si avvicina ai fatidici «anta». E come esempio di ripetente cronico è davvero da Guinness.                                               Enrico Fiore